EXCALIBUR 47 - novembre 2007
in questo numero

La dubbia gestione del servizio idrico

Poca lungimiranza nelle politiche regionali sull'acqua

di Beppe Caredda
I bacini idrici della Sardegna sono finalmente colmi grazie anche alla maggiore capacità d'invaso consentita dall'attuazione del progetto-obiettivo "collaudo dighe". Così ci fa sapere la Regione. Abbiamo quindi acqua a sufficienza e il pericolo delle ricorrenti siccità, imprudentemente, non ci preoccupa. Le attuali scorte ci rasserenano anche per l'immediato futuro.
Questo basta e tranquillizza la memoria corta, mentre l'attenzione, più sensibile alle cose immediate, è concentrata oggi sull'organizzazione e la gestione del cosiddetto Servizio Idrico Integrato (S.I.I.), come istituito dalla Regione in applicazione di una fondamentale legge nazionale. La riforma è stata lunga e complessa, poiché si trattava di superare la frammentazione delle passate gestioni e il conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, improntate ai princìpi di efficienza, efficacia ed economicità dell'attività svolta.
L'Ambito Territoriale Ottimale (A.T.O.) è la nuova dimensione territoriale sovraccomunale, coincidente con l'intera superficie dell'Isola, entro la quale è ripensata l'organizzazione dei servizi pubblici di captazione, adduzione, distribuzione e depurazione dell'acqua a uso civile, di fognatura e di depurazione delle acque reflue. L'Autorità d'Ambito (consorzio obbligatorio dei Comuni e delle Province), è il nuovo Ente dotato di personalità giuridica pubblica e di autonomia organizzativa e patrimoniale a cui sono state trasferite tutte le funzioni amministrative, prima esercitate dai numerosi Enti in materia di risorse idriche. L'Autorità d'Ambito provvede, in particolare, alle funzioni di programmazione, organizzazione e controllo sulla attività di gestione del S.I.I. con esclusione di ogni attività di gestione del servizio stesso.
Anche ai fini degli adempimenti comunitari in ordine al cofinanziamento degli interventi necessari all'ammodernamento del sistema, la stessa Autorità ha predisposto il cosiddetto Piano Operativo, in pratica il programma e il costo degli interventi necessari per la razionalizzazione e ottimale gestione delle infrastrutture. L'Autorità d'Ambito ha quindi provveduto ad affidare, pur con qualche strascico polemico, la gestione operativa del S.I.I., adottando, fra quelli consentiti dalla legge, il modello gestionale della società per azioni a capitale interamente pubblico locale; si è evitato in tal modo il (temuto/auspicato) ricorso alla procedura di affidamento mediante gara internazionale. È nata quindi Abbanoa s.p.a. quale esito finale (al momento) del complesso processo di aggregazione e fusione dei vari Enti preesistenti (S.I.D.R.I.S., Uniacque Sardegna, E.S.A.F., Govossai, S.I.M., S.I.I.N.O.S.). I soci di Abbanoa sono i Comuni e transitoriamente la Regione per il tramite dell'E.S.A.F., posto in liquidazione.
Abbanoa opera ed ha gia provveduto a emettere bollette, definite pazze non senza ragione. Ma l'osservanza del principio di economicità, stabilito per legge, comporta tuttavia l'obbligo di garantire che i costi sopportati per l'erogazione del servizio debbano necessariamente essere coperti dalla tariffa, la cui determinazione e la verifica della sua corretta applicazione spettano all'Autorità d'Ambito. Eppure Abbanoa è carica di debiti, certo per le tante e complesse incombenze d'ordine tecnico (gestione delle reti e degli impianti) oltre che di amministrazione del personale in essa confluito, ma anche per le difficoltà a operare serenamente a fronte dei continui attacchi e feroci contestazioni d'ordine politico-sindacale da parte di chi ancora non accetta la stessa riforma o il modello di gestione adottato, per tacere su quanti dichiarano che l'acqua deve essere distribuita gratis.
C'era da aspettarselo. Ma ci vuol tempo perché il processo di ammodernamento e razionale gestione della risorsa idrica trovi compimento. Non sarà un'operazione facile e indolore, le tariffe saliranno e si renderà necessario tutelare le fasce più deboli della popolazione, ma l'alternativa non può essere il ritorno al passato con tutte le sue contraddizioni e gli assurdi sprechi di risorsa anche economica. Se questa esperienza dovesse rivelarsi fallimentare, sarebbe inevitabile il ricorso alla gara internazionale per l'affidamento del servizio a una impresa privata, con la conseguenza di dover subire in forma più pesante, ma non è detto, le rigide leggi del mercato e tutto quanto ne deriverebbe in termini di tariffa e, non subordinatamente, di gestione del personale. Niente di stravolgente, sia chiaro, come insegna l'esperienza di diverse nazioni in cui è stato adottato questo sistema.
Solo che, indipendentemente da ogni giudizio e valutazione in merito, siamo in forte ritardo e stiamo trascurando perfino di occuparci della prossima siccità e dell'avanzamento della desertificazione, delle immancabili alluvioni, frane e dissesti vari che, oltre ai danni, limitano l'uso del nostro territorio, semmai non bastasse il piano paesaggistico. La disponibilità della risorsa idrica, non solo per uso potabile, da perseguire anche con un'avveduta ed efficiente gestione, è una condizione imprescindibile non solo per soddisfare le esigenze primarie della popolazione ma anche per consentirne lo sviluppo sociale ed economico, rendendo attrattiva la nostra terra. Senza acqua chi volete che si avventuri a investire in impresa? Il contributo dei dissalatori va discusso e portato all'attenzione della gente.
L'energia è l'altro capitolo ancora da scrivere. Il vento e il sole non sono le soluzioni a breve e neanche a medio termine, ma non vanno tuttavia scoraggiate le iniziative in tal senso, a patto che non sottraggano risorse economiche o distolgano l'attenzione dalla necessità, al momento, di riconsiderare l'opportunità offerta dall'uso pulito ed efficiente del carbone e del nucleare. La questione ci interessa perché il carbone ce l'abbiamo, non ottimo ma in abbondanza, e, senza che nessuno si scandalizzi, nella nostra terra la questione dello stoccaggio delle scorie radioattive non sarebbe tecnicamente un gran problema.
Mancano le infrastrutture per la viabilità e la mobilità; gli spostamenti della gente e delle merci sono fortemente penalizzati. Manca un pensiero innovatore capace di liberare lo spazio fisico dai troppi vincoli ideologici che ne impediscono l'uso e mortificano le aspettative di sviluppo della popolazione che di ambiente e di sviluppo sostenibile vuole cibarsi ma non fino a crepare per indigestione.
Acqua, energia, infrastrutture: siamo in ritardo, c'è da predisporre un programma politico per le prossime elezioni regionali!
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