EXCALIBUR 53 - aprile 2009
in questo numero

A chi lo Stato etico? A noi!

La perdita dell'identità in nome dell'unità

di Angelo Abis
Sopra: caricatura e vignetta su Gianfranco Fini
Sotto: Gianfranco Fini e Giorgio Almirante nei bei tempi andati
Per chi nel mese di marzo avesse assistito ai congressi di A.N., convocati ufficialmente per deliberare lo scioglimento del partito e la successiva confluenza nel P.D.L., sarebbe stato testimone di una cerimonia in cui il rimpianto per il bel passato che fu si univa alla tristezza e a qualche lacrimuccia in onore del caro estinto, col proposito fermo di entrare a testa alta nella nuova formazione, fieri di essere i portatori (unici) di valori, idee e dottrine non ben definite, ma non per questo meno tenacemente vantate.
Tutto questo ha rappresentato in qualche modo l'ufficialità o il politicamente corretto di A.N.; il non detto, o il detto fra quattro mura o in circoli ristretti, era che lo scioglimento rappresentava una triste necessità, altrimenti si fa la fine di Storace.
È con questo spirito che la "gens" di A.N. ha partecipato alla sua massima assise il 20 di marzo in quel di Roma. E qui, i tanto bistrattati "colonnelli" hanno dato il meglio di sè nel tentativo di ridare un po' di "carica" a un mondo indubbiamente depresso, demotivato e non del tutto convinto non tanto dell'opportunità politica dell'operazione quanto del fatto che il proprio "idem sentire", le proprie memorie, le proprie bandiere, non sarebbero svanite nel nulla varcando la soglia del nuovo e grande contenitore inventato da Berlusconi.
A onor del vero i vari La Russa, Gasparri, Alemanno, Mattioli, erano quasi riusciti nell'ardua impresa, calibrando storia e memoria, culto dei martiri dell'idea, artisti, poeti, scrittori, affastellati invero un po' caoticamente e con molte e imbarazzanti dimenticanze.
Poi ha Parlato Fini, ed è stata l'ira di Dio: non erano stati sufficienti, in passato, l'anatema contro la casa del padre (Mussolini e il fascismo con tutto il contorno ideale e culturale), l'ostentazione acritica dell'antifascismo come punto più alto della libertà, l'orrido abbraccio dei "valori" della resistenza, per redimersi e diventare una destra perbene. Occorre, dice Fini, andare ben oltre nell'auto flagellazione e nella catarsi. Bisogna liberarsi anche della casa del padre (il M.S.I. di Almirante), di ciarpame dottrinario quale il corporativismo (per i non dotti: il corporativismo non è una invenzione del fascismo, ma la dottrina sociale della chiesa cattolica, tutt'ora vigente).
Infine al rogo lo stato etico, evviva lo stato laico. Per tradurlo in soldoni: no a Berlusconi che con un decreto tenta di salvare la vita di Eluana, si a Napolitano che tale decreto boccia, perché non c'è nessuna urgenza a salvare una "non vita".
E qui urge una spiegazione: contrariamente alle apparenze stato etico non è sinonimo di stato confessionale e non è neppure una creatura esclusiva del pensiero di Gentile o del fascismo che dir si voglia. Sentiamo cosa dice in proposito il filosofo marxista (poi approdato a Forza Italia) Lucio Colletti: «L'idea (dello stato etico, n.d.r.) è già presente nella destra storica della tradizione risorgimentale dove il concetto dello "stato etico" fu elaborato in particolare da Silvio Spaventa [...]. Si tratta di una peculiarità del liberalismo italiano, inconcepibile altrove (all'infuori della Germania) e che rimanda alla particolarità della nostra evoluzione storica [...]. Il nostro processo unitario si è compiuto al cospetto dell'opposizione della Chiesa. In simili condizioni l'idea liberale europea dello stato, ideologicamente neutro o agnostico, non poteva trovare spazio. Dovendo contrapporsi alla potenza della Chiesa [...] lo stato non poteva non rivendicare un proprio "credo", una propria tavola di valori intorno a cui condensare il consenso e l'adesione dei cittadini [...]. Chiarita questa esigenza [...] si capisce anche la necessità che esso si faccia "stato etico", cioè portatore di un'idea di cultura, di civiltà e, insomma, di una propria concezione del mondo [...]. Fin qui Croce e Gentile hanno proceduto appaiati» (cfr. Giovanni Gentile, "Miscellanea di scritti vari in onore del filosofo").
In sintesi Fini ha proposto non solo all'ex A.N. ma anche alla platea del Popolo delle libertà una destra laico-radicale tabernacolo di una futura Italia multietnica e multireligiosa. Fini con intelligenza considera questo suo credo minoritario rispetto alla deriva berlusconiana che è fatta di pulsioni populiste, integraliste, nazionalitarie, interclassiste e cattoliche alla Benedetto XVI.
Ma è l'unico credo che gli permette di smarcarsi da Berlusconi senza perderne l'appoggio e al contempo proporsi all'opposizione come leader moderno e moderato senza essere considerato un traditore.
E noi, poveri ex militanti di A.N., che fare? Ma sì! entriamo anche noi nel popolo delle libertà! Con tutti i nostri vizi storici, ideologici, culturali, col nostro Dio che è quello di Drieu La Rochelle (Dio che crea, che soffre della sua creazione, che muore e che rinasce... il Cristo delle cattedrali, il grande Dio bianco e virile, Re figlio di Re).
Altro che il Dio massonico di Fini! Non abbiate paura! Silvio è uomo di mondo! Se avete fornicato un tempo col "male assoluto", se siete intolleranti, integralisti, xenofobi, se ancora qualche compagno lo menereste volentieri per offesa ricevuta, troverete comprensione e perdono!
Silvio è come la legione straniera, per la buona causa ha arruolato tutti i relitti della storia e della politica: democristiani, socialisti, comunisti, liberali e persino i radicali. Si è preso pure Ciarrapico e la Mussolini e volete che non prenda noi!
E poi, statene certi, a commemorare il 25 aprile non ci va neppure morto!
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