Excalibur rosso
SPECIALE
Sardi a Salò: Ugo Pasella
Allegato al
n. 61 di EXCALIBUR
settembre 2010
Sommario
La battaglia di Tarnova La fine della guerra e le vessazioni
a cura di
GIUSEPPE SERRA

Intervista al 103enne ufficiale della X Mas

Ugo Pompeo Antonio Pasella
La perdita della mano e l'8 settembre.
Ugo Pompeo Antonio Pasella è nato a Sassari il 7 maggio 1907 in via Lamarmora n. 34, e ha da poco compiuto 103 anni.
Suo padre Ignazio era un colonnello dell'esercito e comandò per un certo periodo il Distretto Militare di Sassari; suo zio Umberto, sindacalista rivoluzionario, partecipò alla fondazione dei fasci di combattimento con Benito Mussolini.
Pubblichiamo qui un'intervista registrata il 7 agosto 2009.


Quando iniziò la sua avventura militare?
Sono stato richiamato a Cagliari, a iniziare dal '36, nel Genio. Poi sono stato richiamato nel '38. Più ci si avvicinava al '40 e più i richiami si susseguivano: nel '39, nel '40, tutti gli anni un richiamo che si allungava sempre di più. Un mese, poi due mesi, finché, nel '40, ci fu quello definitivo.

Ma come mai si è arruolato nei guastatori?
Ero nel XV Genio, a Cagliari. Nel '41 arrivò una circolare al Comando di Compagnia che chiedeva volontari per andare nei guastatori e ho fatto domanda.
[Mario] Ferrari: allora era comandante del Genio a Banne. Il corso, però, lo avevamo iniziato a Ronchi dei Legionari [in provincia di Gorizia], dove c'era il XXX Battaglione Guastatori Alpini, che poi è andato in Russia. Da lì ci hanno trasferito a Banne, dove ho completato il corso e ho conosciuto Paolo Caccia Dominioni. In seguito hanno formato questa X Compagnia Guastatori, che doveva, secondo le indicazioni dello Stato Maggiore, partecipare allo sbarco a Malta.
Così ci trasferirono in Toscana per addestrarci allo sbarco, cosa che facevamo tutte le notti. Il 18 marzo 1943, durante una esercitazione, persi la mano destra. Potevo a questo punto ottenere il congedo illimitato, ma non me la sentii di abbandonare i compagni e rimasi.


Dov'era l'8 settembre?
In Toscana. Eravamo aggregati come compagnia indipendente al Quinto Corpo d'Armata che era in Toscana, comandata dal... non mi ricordo il nome del generale, comunque, dopo l'8 settembre, così abbiamo saputo, questo generale è andato a rifugiarsi in un convento. E noi siamo stati lì, aspettando ordini.
Dopo l'8 settembre ho saputo che a Pavia, il colonnello Mario Ferrari aveva chiamato tutti i guastatori che volevano continuare a combattere. Ferrari mi aveva consegnato il brevetto di guastatore e allora ho deciso di andare a Pavia con altri amici e colleghi.


Ma perché, dopo l'incidente della mano, e dopo l'8 settembre, è voluto rimanere in servizio?
Dopo la perdita della mano? L'amor di Patria. Ho rinunziato alla convalescenza, e sono ritornato al mio reparto, al comando del primo plotone della X Santa Barbara, che doveva andare a Malta.
È vero: potevo starmene tranquillo dopo l'8 settembre, invece me ne sono andato volontario nella Decima MAS.


Quindi vi siete riuniti a Pavia...
Ci siamo riuniti a Pavia, nella caserma Umberto I; piano piano sono arrivati dei ragazzi e abbiamo cercato di mettere su qualche cosa, una squadra.

E gli ufficiali dov'erano andati?
Chi se n'è andato da una parte, chi dall'altra; ognuno ha scelto secondo i propri interessi e i propri gusti, le proprie ideologie.
A me questo capovolgimento di fronte non era per niente gradito, no, perché io intendevo come una grande vigliaccheria questo fatto qui di scappare, lasciandoci senza ordini.
Allora abbiamo parlato col colonnello Ferrari, gli abbiamo detto che bisognava organizzare di più, chiamare, fare qualche bando perché venissero altri ufficiali superiori, e siccome sapevamo che il capitano [Manlio] Morelli era ricoverato a Bologna per una ferita che aveva avuto in Russia, facemmo un bando, quasi chiamandolo personalmente. E si presentò.
Si presentarono anche altri ufficiali che erano stati con Morelli, che aveva combattuto nel XXX Battaglione Alpino Guastatori, in Russia. Si presentarono anche reduci del XXXI e il XXXII Guastatori che avevano combattuto in Africa. Settentrionale.
A Pavia, comunque, abbiamo costituito un battaglione: c'erano il capitano Morelli, comandante, Palazzolo che era tenente e aveva combattuto in Russia, un sottotenente medico, un fiorentino, una testa matta di cui non ricordo il nome. Altri ufficiali... il sottotenente medico Turci, Vinicio Degliani.


C'erano anche dei Sardi?
Io e pochi altri; c'erano il maggiore Orrù del Battaglione Fulmine che è arrivato con Morelli, il capitano Satta. A Pavia si è costituito questa specie di battaglione. Arrivarono come volontari un sacco di ragazzi minorenni, e a tutti gli facevamo fare un po' di esercizio militare, ma armi non ne avevamo. Allora con Morelli e gli altri ufficiali siamo andati a Milano a fare una visita al generale [Gioacchino] Solinas, che era diventato comandante regionale della Lombardia, e abbiamo chiesto delle armi per organizzare il battaglione.
Solinas è stato l'unico generale che ha partecipato alla difesa di Roma, e poi, schifato, ha optato per la Repubblica Sociale Italiana; e lì, a Milano, ci ha detto che armi non poteva darcene; e siccome gli ho parlato in Sardo, m'ha chiesto se volevo rimanere con lui, ma io non ho accettato la proposta, ho preferito rimanere coi miei vecchi colleghi.
Ritornati a Pavia, il comandante Morelli ha incaricato il tenente Vignudelli di andare a la Spezia, da Borghese, come ambasciatore, per vedere se accettava il battaglione che avevamo costituito. Borghese rispose di sì e noi siamo partiti tutti per la X, a La Spezia.
Eravamo col cappello alpino perché Morelli, siccome era un alpino, ha proposto che tutti noi fossimo alpini. A ogni modo, abbiamo costituito questo battaglione, sono arrivati altri volontari, e dopo un mesetto ci hanno inviati a Iesolo, dove c'erano anche gli altri battaglioni della X, per completare gli organici e poi essere assegnati a qualche reparto combattente. Borghese voleva che noi mettessimo il casco dei marinai. Questo non andò a genio al comandante Morelli, che fece di tutto per farci lasciare il berretto alpino. E quindi abbiamo preso il nome di "Valanga", in onore alla IX Compagnia del capitano Morelli.


E dopo?
Dopo siamo stati in Piemonte, poi in Veneto e infine abbiamo continuato a combattere nella Carnia: i partigiani erano sempre attivi, con imboscate e altro. Hanno ammazzato diversi di noi. Per Natale eravamo in libera uscita, sono scesi da un viottolino, hanno iniziato a sparare alla cieca, ne hanno ammazzati diversi e sono scappati. Io ero lì. Ho sentito le pallottole fischiare. Per fortuna non mi hanno beccato.