EXCALIBUR 63 - gennaio 2011
in questo numero

Il progresso avanza ma la civiltà muore

Gli interessi economici guidano le nostre scelte

di Gianfredo Ruggiero*
Quando, nel 1922, si insediò il nuovo governo a guida fascista, il primo provvedimento in ambito sociale fu l'abolizione del lavoro minorile, seguito dalla settimana lavorativa di 40 ore, dalle ferie retribuite, dall'istituzione dell'Inps e dell'Inail, dalla Magistratura del Lavoro, dai contratti collettivi, dalla liquidazione (tfr), dalle case popolari, dalle colonie estive, dall'esenzioni tributarie per le famiglie numerose, dalla sanità pubblica e dalla scuola per tutti.
In poche parole fu fondato lo Stato Sociale, invidiato da tutto il mondo civile e poi malamente scimmiottato da Roosevelt con il New Deal americano (l'America si risollevò dalla grande depressione degli anni trenta solo con l'entrata in guerra, che diede slancio all'industria degli armamenti, ancora oggi pilastro dell'economia Usa).
Lo Stato sociale fu poi completato nel 1943 con la "Socializzazione delle Imprese", che introdusse nell'ordinamento italiano la partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili delle grandi aziende, immediatamente abolita nel 1945 come primo atto del nuovo governo di liberazione.
Di questa idea rivoluzionaria, che se mantenuta, avrebbe posto fine alla contrapposizione padroni-operai e superato in un sol colpo le ideologie marxista e capitalista, rimane solo una labile traccia nella nostra Costituzione (art.46). La Germania, invece, ne ha tratto spunto per introdurre la cogestione, motore della sua possente economia.
In quegli anni, grazie alla diffusa libertà d'impresa (si soppresse la libertà politica per esaltare le libertà civili, afferma lo storico Gioacchino Volpe), al sostegno del governo all'economia, al controllo sull'operato delle banche e alla successiva istituzione dell'Iri e dell'Imi, si affermarono tutte quelle grandi imprese, a partire dalla Fiat, che oggi conosciamo.
Molte di queste grandi aziende, che hanno fatto dell'Italia una potenza economica mondiale, sono oggi scomparse, trasferite all'estero o trasformate in semplici marchi commerciali.
La globalizzazione, imposta dalla finanza apolide e accettata da tutti i governi, ha sostituito il principio fascista dell'interesse nazionale con quello capitalista del libero mercato, che significa: produco dove mi pare e alle condizioni che voglio, e i risultati, in termini di delocalizzazioni industriali, invasione di prodotti cinesi, guerra tra poveri che contrappone immigrati sfruttati a disoccupati italiani e conseguente razzismo strisciante, sono sotto gli occhi di tutti.
Con la fine del fascismo iniziò il graduale smantellamento dello Stato sociale, paradossalmente difeso dalla sinistra (prima che diventasse forza di governo).
Negli ultimi decenni la scellerata politica delle privatizzazioni e della flessibilità del lavoro, voluta dalla destra e accettata dalla sinistra (non a caso il lavoro interinale è stato introdotto da Prodi e perfezionato da Berlusconi), ha cancellato ogni residua traccia dello Stato sociale voluto da Mussolini.
La pietra tombale è stata posta oggi dalla riforma Fiat-Marchionne che con i referendum-ricatto ha riportato l'Italia indietro di oltre 80 anni. Ai tempi dell'italietta giolittiana e dei "padroni dalle belle braghe bianche".
La politica? Tace e acconsente.

* Presidente Circolo Excalibur-Alternativa Verde di Varese
tutti i numeri di EXCALIBUR
VICO SAN LUCIFERO