EXCALIBUR 69 - maggio 2012
in questo numero

Cosa succede in Italia?

Ci vogliono comprare per due soldi - Il ritorno di Amato - Finiremo come la Grecia!?

di Ernesto Curreli
Sopra: Giuliano Amato sembrava messo in un cantuccio, ma è stato resuscitato dal governo Monti con un altro importante incarico
Sotto: Made in China, un marchio che ormai ha invaso tutti i mercati e tutti i tipi di prodotto
Per tutto il XX secolo, l'Italia è stata oggetto di tentativi di dominio straniero, particolarmente da parte inglese. La tradizionale politica italiana, da Giolitti passando per il Ventennio fino ai governi di centrosinistra, rappresentava un fattore di equilibrio nei rapporti Europa-Nord Africa e per molti era un problema. L'assassinio di Enrico Mattei, le Brigate Rosse, il terrorismo e le stragi sono avvenimenti in qualche modo legati a intromissioni straniere.
I tentativi anglo-francesi di mettere le mani sull'Italia e sul Nord Africa sono ben documentati e basta un giro in libreria per trovare inchieste fondate sui documenti di archivio stranieri finalmente accessibili. Oggi, contrariamente al passato, sembra in essere una nuova "conquista" con le armi della finanza. In fondo, appare inspiegabile che l'Italia e altri Paesi europei siano entrati in recessione, considerato che le economie "reali" non giustificavano il tracollo. Qualcosa non convince più e i dubbi trovano nuovo alimento con il ritorno alla ribalta di un personaggio come Giuliano Amato, il "dottor sottile". Tornando indietro di qualche decennio, troviamo questa persona inspiegabilmente in compagnia di altri soggetti che ci governano.
Dal 1983 e fino al 1987 Amato, esponente del Psi, fu componente "estraneo" del Consiglio di Gabinetto istituito per la prima volta da Bettino Craxi come una sorta di "ente controllante" all'interno del vero Consiglio dei Ministri. Il "Gabinetto" fu istituito dal premier il 5 agosto 1983, il giorno dopo la formazione del primo governo a guida socialista. Di Craxi ci sono rimaste le immagini negative legate a "Mani pulite", ma la storia di quel periodo fatica a emergere. A proposito di dissesti economici, c'è anche da ricordare che, finché poté, Craxi bloccò con una Direttiva governativa il tentativo di Romano Prodi di svendere la Sme di proprietà dell'Iri, consapevole che sarebbe stato il primo passo verso il tracollo industriale italiano.
Poi bisogna ricordare la politica craxiana di amicizia verso i Paesi arabi. Nel 1986 fu lui a salvare il leader libico Gheddafi, avvertendolo dell'imminente bombardamento di Tripoli da parte della VI Flotta Usa. Queste rivelazioni sono state fornite dopo tanto tempo dall'ambasciatore Antonio Bandini, all'epoca consigliere diplomatico di Craxi.
Ciò spiegherebbe perché l'Italia non reagì al lancio di missili libici su Lampedusa, del resto caduti in mare: sarebbe stato un gesto dimostrativo teso a "coprire" l'avvertimento italiano. Anche riguardo alla Tunisia, il governo Craxi compì un'azione di contrasto contro il neocolonialismo anglo-francese. Un successo che l'Italia del 2011 non ha saputo replicare con la Libia, a causa della forte opposizione interna delle sinistre, che, senza comprendere il gioco che c'era dietro, invocavano la rottura del patto privilegiato con la Libia e la fine della dittatura, fino a poco prima osannata dai suoi esponenti.
Quando, nel 1987, il malato presidente Bourghiba stava per essere sostituito, la Francia tentò di imporre un proprio candidato nell'ex colonia. Craxi fu più svelto e riconobbe a livello diplomatico il nuovo presidente Zine El-Abidine Ben Alì, che, con un colpo di stato incruento, aveva sostituito Bourghiba: l'appoggio internazionale italiano bloccò ogni protesta. Più di un decennio dopo, fu l'ammiraglio Fulvio Martini, allora capo del Sismi, a rivelare i dettagli della brillante operazione italiana. Ben Alì, da allora e fino alla sua caduta nel 2011, malgrado la sua "dittatura", ricevette decine di onorificenze e riconoscimenti "umanitari" dai Paesi europei, specie dalla Francia, interessati alla Tunisia piuttosto che al deficit di democrazia nel Paese. Leggete la sua biografia su Wikipedia per credere. Osannato fino a quando ha fatto comodo, come con Gheddafi.
Nel 1992, il neo presidente Scalfaro rifiutò di conferire l'incarico a Craxi perché stava per essere coinvolto nell'inchiesta di "Mani pulite". Scalfaro era l'uomo del famoso «non ci sto» televisivo, quando tentò maldestramente di respingere l'accusa di aver sottratto a piene mani i fondi del Ministero degli Interni per favorire il genero. Lo conferì invece a un elemento "adamantino", Giuliano Amato per l'appunto, a sua volta diventato famoso perché, per anni ombra del leader socialista, dichiarò che dei finanziamenti illeciti al Psi non sapeva nulla. Un po' come ha fatto durante una recente intervista di Lilli Gruber, che gli chiedeva se avrebbe rinunciato a qualche spicciolo della sua pensione mensile di 35 mila euro in favore dei poveri: «Non ho capito la domanda», rispose con la solita faccia di bronzo. Da Hammamet, Craxi definì Amato il "becchino" della nuova politica anti-consociativa Dc-Pci.
Fu Craxi, contro gli schemi dell'"arco costituzionale", a ricevere Giorgio Almirante per la prima volta in occasione delle consultazioni per la formazione del nuovo governo e fu sempre lui a favorire la nomina del missino Enzo Trantino a presidente della Giunta delle elezioni della Camera nella X legislatura, primo uomo della destra almirantiana ad assumere un incarico istituzionale. Passato il furore anticraxiano al quale aveva partecipato il Msi post Almirante, guidato con cecità strategica, Craxi non si dimenticò delle monetine missine. Invitò inutilmente Berlusconi a non accettare l'alleanza con An: «No, con i fascisti mai», sembra che gli dicesse ad Hammamet. Voleva dire con i "post missini", perché con quelli di "prima" si era comportato diversamente.
Perché questo excursus? Perché è ricomparso Amato e qualcosa vorrà dire. Nel 1992, appena al potere, Amato trasformò gli enti statali in società per azioni, dando impulso al crollo del sistema industriale italiano. Il nuovo Presidente del Consiglio, prima delle svendite (Buitoni, Ferrarelle, Galbani, La Perugina, Locatelli, Negroni, ecc.), consultò le tre grandi banche newyorkesi Merril Lynch, Goldman Sachs e Salomon Brothers. Fu svenduta anche l'Eni alle controllate della Banca Rothschild Italia Spa, la cui casa madre londinese Rothschild & Sons aveva nel frattempo iniziato le operazioni speculative contro la lira, il marco e la sterlina per indebolire le economie di quei Paesi. La lira, nel 1993, perse ben il 30% del suo valore. Insomma, vent'anni fa fu varato il saccheggio delle economie europee e molte importanti imprese italiane finirono in mani angloamericane. Anche Mario Draghi ne fu partecipe, in quanto all'epoca era Direttore generale del Ministero del Tesoro, che controllava quelle aziende. Nel tempo, furono privatizzate le Poste (Poste Italia Spa), le Ferrovie dello Stato (Trenitalia Spa) e Autostrade, tutte svendute. Anche la Sip fu privatizzata e diventò Telecom Italia Spa. Fu oggetto di una opa da parte di Chase Manhattan e Lehman Brothers: se la presero tramite l'Olivetti di Colaninno. Di Colaninno si fa per dire, perché la proprietà faceva capo alla Bell lussemburghese, a sua volta controllata da capitali stranieri tramite Grutti e Colaninno. Dopo successivi passaggi di mano, la Bell incassò una plusvalenza di un miliardo e 500 milioni di euro, mentre, nel frattempo, ventimila dipendenti Telecom venivano licenziati...
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