EXCALIBUR 69 - maggio 2012
in questo numero

Da Hobbes a Locke: andata e ritorno

Il neo-assolutismo ci toglie anche la vita

di Angelo Marongiu
Sopra: il libro di Thomas Hobbes, "Leviatano"
Sotto: John Locke (1632-1704), autore dei due "Trattati sul governo"
«:Homo homini lupus»: è da questa massima di Plauto che trae origine la filosofia politica di Thomas Hobbes (1588-1679).
Nella guerra di tutti contro tutti, secondo Hobbes, si impone una riflessione: tutti gli uomini hanno il comune interesse ad arrestare la guerra per garantirsi un'esistenza che altrimenti sarebbe spesa solo per difendere i beni di cui altrimenti non potrebbe godere. Sono gli anni del regno di Elisabetta I, dei contrasti tra Parlamento e Corona, della "dittatura parlamentare" di Cromwell.
La paura e l'incertezza sono gli elementi che caratterizzano questo periodo.
Ed è in quest'atmosfera di lotta perenne (life in nasty, bruthis and short - la vita è spiacevole, grezza e breve) che Hobbes teorizza la costituzione di una società efficiente, che garantisca la sicurezza agli individui, condizione essenziale perché essi possano perseguire i propri fini.
Poiché lo stato di natura è uno stato di eterno conflitto, occorre che l'uomo superi questo stato e si affidi alla ragione e, tramite essa, superi la situazione di pericolo. La soluzione è creare "un uomo artificiale" con il quale l'uomo comune stipula un "patto" secondo il quale egli rinuncia ai propri diritti originali (lavoro, proprietà, beni) e li cede a un terzo verso il quale giura obbedienza. È la nascita dello Stato - il "Leviatano", corpo immenso e membra formate dai cittadini che stipulano il patto - verso il quale egli giura obbedienza e verso cui è totalmente subordinato.
«Io autorizzo e cedo il mio diritto di governare me stesso a quest'uomo o a questa assemblea di uomini»: sono concetti espressi nella sua opera più importante, "Il Leviatano", scritta nel 1651. In quest'opera, Hobbes teorizza che lo Stato e la sua autorità sono legittimi laddove la maggioranza ha rinunciato a una parte della propria libertà accordandosi in una specie di "contratto sociale": in base a esso la sovranità non appartiene più al popolo, ma al Leviatano (uomo artificiale) che la esercita irrevocabilmente.
La filosofia politica di Hobbes rappresenta una punto di svolta nel panorama politico-filosofico, prefigurando la nascita del contrattualismo politico moderno.
Questa visione assolutistica dello Stato è fortemente criticata da John Locke (1632-1704).
Nel suo "Il trattato del governo", afferma che «è dunque evidente che la monarchia assoluta, che da alcuni è considerata l'unico governo al mondo [...] non può essere affatto considerata un governo civile». Il richiamo ad Hobbes e al suo "Leviatano" è evidente.
Se Hobbes è un pilastro della concezione politica dell'esaltazione del potere assoluto (del monarca o di chiunque mi garantisca la vita), Locke è un acceso sostenitore del parlamentarismo e della limitazione del potere politico dello Stato.
La società civile per Locke si caratterizza in un rapporto triangolare: popolo e i due poteri dello Stato, quello legislativo e quello esecutivo.
Nei suoi scritti si ha la teorizzazione completa e organica dei poteri dello Stato, la fine del potere assoluto e la nascita della costituzionalizzazione dello Stato, modello a cui si ispireranno le nuove democrazie occidentali, in primis la nascente nazione americana.
È evidente il cambio epocale dalla concezione dello stato di Hobbes. Hobbes cede al potere tutti i diritti del cittadino, tranne uno solo: il diritto alla vita. Per Locke, invece, il cittadino conserva tutti i diritti e rinuncia solo a quello di farsi giustizia da sé.
La libertà dell'uomo è l'elemento dominante della sua filosofia.
Perché queste riflessioni?
Questi mesi, per la nostra Italia, sono stati mesi intensi e particolari. Spread, Pil, debito pubblico, inflazione, imposizioni fiscali, crescita, occupazione, lavoro, sono stati il leit-motif della nostra vita.
L'economia - nuovo monarca assoluto - governa le nostre vite e alle sue leggi ormai si ispira ogni azione politica.
Se la filosofia di Locke - quella della libertà innanzi tutto, anche nei confronti dello Stato - era stata l'evoluzione positiva di quella dell'obbedienza cieca e assoluta verso lo Stato garante teorizzata da Hobbes, noi abbiamo fatto un passo indietro e siamo tornati da Locke ad Hobbes.
Abbiamo rinunciato alla nostra libertà e abbiamo chinato supinamente il capo davanti allo Stato, moderno Leviatano, rinunciando al nostro diritto di scelta e di governo, accettando di farci guidare da persone non elette da noi, nella speranza che il Leviatano ci garantisse i nostri beni (proprietà, lavoro e vita).
Ma ci siamo illusi.
Le nostre proprietà sono al limite della confisca, il lavoro non esiste e la vita - per i tanti suicidi per disperazione - neppure.
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