EXCALIBUR 71 - dicembre 2012
in questo numero

Monti: breve storia di un premier nominato e non eletto

Come la realpolitik ha inventato un premier

di Angelo Abis
Mario Monti, il premier inventato dalla realpolitik
Siamo seri: basta col piagnisteo del Monti "tecnico", tecnocrate impostoci dall'alta finanza e dalle potenze straniere.
Di un presidente del consiglio non eletto bensì nominato da un Napolitano in barba alla Costituzione.
E se Napolitano si è mosso come si è mosso imponendo Monti a tutto e a tutti, lo ha potuto fare solo perché le forze politiche che contano hanno rinunciato a quello che è non solo un dovere, ma anche un diritto, e cioè quello di costituire un governo espressione di quel popolo che dette forze dicono di rappresentare.
Sappiamo tutti come sono andate le cose.
Estate 2011: il tasso d'interesse sui nostri Bot, di punto in bianco, salì velocemente. Si parlò di speculazione finanziaria, di un venir meno della fiducia da parte dei mercati, della poca credibilità e serietà del governo di Berlusconi presso le cancellerie europee e americana.
Sta di fatto, però, che la prima ad aprire le danze contro l'Italia fu la Deutsche Bank, che, con molta discrezione, mise in vendita Bot italiani per un valore di sette miliardi di euro. Dopo qualche mese lo spread dei titoli italiani si portò oltre 500 rispetto a quelli tedeschi. Situazione certamente difficile ma non disperata: l'Italia, nella sua centocinquantennale storia, ha affrontato ben altre crisi finanziarie.
È mai possibile, si sono domandati in molti, che la settima potenza industriale del mondo, che vanta una ricchezza nazionale che è quattro volte tanto il suo debito pubblico, debba andare in tilt per manovre speculative dell'ordine di alcune decine di miliardi di euro?
In altri tempi, per evitare che i nostri Bot si deprezzassero o rimanessero invenduti, sarebbe intervenuta in automatico la Banca d'Italia con consistenti acquisti, troncando così sul nascere ogni speculazione. La nostra disgrazia è che da quando abbiamo aderito all'euro-zona ciò non è più fattibile, perché i poteri di intervento in ordine alla moneta e alla conseguente gestione dei debiti, crediti e tassi bancari, sono stati demandati alla Banca Centrale Europea.
E, poiché la Banca Europea non è una entità super partes, ma riflette il peso delle singole potenze europee, oggi chi detta legge è la Germania e, molto in subordine, la Francia. Le quali nazioni, in questa fase storica, per ragioni di geopolitica, ovvero di leadership in Europa e in Africa, non hanno gradito affatto che l'Italia, un tempo succube e rassegnato partner dell'asse franco-tedesco, si sia trasformata con Berlusconi (ad onor del vero anche con i governi di centrosinistra) in una potenza che autonomamente ha spostato l'asse della propria politica estera, privilegiando i rapporti con la Russia, la Turchia e la Libia, pur mantenendosi, anche se in forma meno accondiscendente, nell'orbita della leadership statunitense.
Ma adesso ritorniamo a Monti. Apparve subito chiaro a tutti che un braccio di ferro con i diktat della Bce e della Merkel non potesse essere fatto dal governo Berlusconi o da qualunque altro governo, per il semplice motivo che nessun partito era in grado di imporre al proprio elettorato una politica basata sul rigore e su sacrifici per tutti.
In qualunque altro paese, in una situazione del genere, le principali forze politiche si sarebbero sedute intorno a un tavolo e avrebbero varato un governo di emergenza o di unità nazionale, perché quando un nemico bussa alle porte, non c'è divisione politica che tenga. Troppo semplice e banale per la patria del Machiavelli.
Ma come si fa a conciliare una politica anti-popolare con il mantenimento del potere? O come giustificare l'alleanza con l'odiatissimo nemico di ieri?
Semplice: si sceglie o si accetta un signore che piace a Berlusconi, del resto l'ha inventato lui, a Bersani, perché chiunque è sempre meglio di Berlusconi, a Casini perché così ritorna al potere. Detto signore costruì un governo rigorosamente tecnico, nel senso che nessun politico dovette assumersi delle responsabilità.
Governo garantito sino alle elezioni del 2013, poi la palla ritornerà in mano loro. Loro, ufficialmente in ordine sparso, garantiscono la maggioranza, ma non nel senso che concordano con la politica del governo, ma, se i provvedimenti non sono graditi, la colpa è del governo, se invece piacciono, il merito è delle forze politiche.
Più governo politico di unità nazionale di così, si muore!
Ma non bisogna dirlo!
Perché in Italia unità nazionale è sinonimo di inciucio e politico è colui che ruba, malversa e sgoverna. L'operazione Monti, nella sua ingegnosità, è quasi perfetta, ma ha solo una grande incognita: chi dopo le elezioni politiche avrà la forza, l'intelligenza e la capacità politica di porre in essere una strategia atta a spostare, almeno in parte, l'equilibrio europeo a nostro favore, ovvero di poter modificare i diktat della Merkel?
Monti, in questo campo, qualche cosa ha realizzato. Certo all'orizzonte non si vedono molte aquile, né le idee sono molto chiare, ed è per questo che si parla molto di un Monti bis.
Perché, alle elezioni politiche del 2013, se non si riuscirà a creare uno schieramento largamente maggioritario, sarà non solo inevitabile, ma persino auspicabile che Monti ritorni in ballo.
Dopotutto è il primo presidente del consiglio della Repubblica Italiana che ha avuto contemporaneamente l'appoggio della destra, del centro e della sinistra.
Ma noi non disperiamo, anzi siamo convinti che qualcosa di nuovo e di positivo verrà fuori.
In questo ci soccorre la definizione di un diplomatico inglese: «Gli Italiani sono bravissimi a tirarsi fuori dalle situazioni più disperate, in cui neanche loro sanno bene come si sono cacciati».
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