EXCALIBUR 74 - luglio 2013
in questo numero

Margareth Tatcher, la donna che cambiò il mondo

La scomparsa di una carismatica figura politica, simbolo di una vera rivoluzione

di Angelo Marongiu
Sopra: Margareth Hilda Roberts Tatcher (Grantham 1925 - Londra 2013)
Sotto: il laburista Tony Blair, accusato di continuare la politica conservatrice della Tatcher
Provate a chiedere a Berlusconi o Letta o Napolitano (in stretto ordine alfabetico) quanto costa un litro di latte: scommetto che difficilmente sapranno rispondervi. Margareth Tatcher, da Primo Ministro residente a Downing Street 10, lo avrebbe saputo benissimo. È tutta qui la differente statura politica tra una liberale rivoluzionaria e i nostri rivoluzionari a parole, ma borghesi e conservatori nei fatti.
Margareth Hilda Roberts, vedova Tatcher, è morta per un ictus a 87 anni, lo scorso mese di aprile. Per oltre 11 anni, dal 1979 al 1990, ha governato la Gran Bretagna, demolendone quel socialismo inteso come pervasiva pianificazione pubblica durato oltre un secolo.
Dopo un lunghissimo declino, ha risollevato le sorti della gloriosa nazione con una ricetta molto semplice: privatizzare tutte quelle cose che costavano allo Stato più di quanto rendevano. Una vera rivoluzione per quegli anni, e come tutti i rivoluzionari contro corrente la Tatcher fu amata (da pochi) e odiata (da tanti).
È stata sbeffeggiata e derisa, respinta dalle grandi università, calunniata dagli economisti: d'altronde era figlia di un droghiere e continuava a portare la borsetta sotto il braccio, indossando tailleur di foggia antiquata e un ancora più anacronistico filo di perle. Figuriamoci se un'apparenza fisica così piccolo borghese, unita a un comportamento politico così esplosivo e schietto, poteva andar bene alla solita sinistra europea così fru-fru e antropologicamente superiore.
In una Gran Bretagna molliccia, specchio di un'Europa pavida e sempre pronta al compromesso, la sua determinazione e la sua fermezza erano decisamente scomode.
Fu inflessibile con gli irredentisti dell'Irlanda (Bobby Sands morì in carcere durante il suo premierato) e scampò per miracolo a un attentato a Brighton, durante il congresso annuale dei conservatori, nel quale furono feriti due suoi stretti collaboratori e morirono cinque persone.
Non esitò a inviare la gloriosa marina britannica fino alla fine del mondo per difendere le isole Falkland che i generali argentini avevano invaso e che vide poi addirittura l'affondamento dell'incrociatore General Belgrano, in perfetto stile marinaresco fine ottocento.
Con la stessa determinazione affrontò il drammatico sciopero dei minatori, contrari alla chiusura delle miniere improduttive, sconfiggendone la resistenza e piegandone il leader Arthur Scargill. Con quello scontro ebbe termine di fatto l'epopea della lotta di classe nella sua forma ottocentesca e novecentesca. Da noi resiste e prospera ancora.
Fu chiamata la "lady di ferro", lei figlia di un droghiere.
La rivoluzionaria Tatcher trasformò decisamente il modo di pensare economico della Gran Bretagna. Era la malata d'Europa, ancora più malata al confronto della grande nazione che era stata. Un paese nel quale le imprese private erano controllate di fatto dal settore pubblico e le imprese pubbliche agivano senza il controllo di alcuno. Un paese nel quale la parola "pianificazione" era il motore di qualunque discussione o decisione pubblica.
Il ciclone Tatcher mise in circolazione parole nuove, impensabili nell'epoca: privatizzazione, deregolamentazione, concorrenza. Cambiò il ruolo dello Stato e il senso della sua presenza nel mercato.
Ha cambiato soprattutto il modo di pensare degli Inglesi.
Nel 1980 lo Stato divorava il 49% del Pil e lei lo ridusse al 39%. L'aliquota marginale dell'imposta sul reddito fu abbattuta dall'80 al 40% e quella minima dal 33 al 25%. La sua filosofia politica produsse un'espansione economica senza uguali.
Il suo credo politico era allora rivoluzionario e lo è ancora per noi Italiani. Pensate se una frase del genere fosse stata detta in Italia: «La via della ripresa passa attraverso il profitto. Buoni profitti oggi portano a maggiori investimenti domani, a lavori pagati meglio e standard di vita migliori».
In Italia sarebbe stata spernacchiata. Renzi ha incontrato a Firenze Briatore (un democratico che incontra un investitore) e il fatto ha suscitato immediatamente le ire dei duri e puri, quelli che pensano che i posti di lavoro nascano solo per decreto-legge.
Immaginate ancora un nostro politico che candidamente affermi: «La società? Non esiste. Ci sono individui, uomini e donne, ci sono famiglie e nessun governo può fare nulla se non attraverso le persone, e le persone, prima di tutto, pensano a sé stesse [...]. La gente ha avuto troppo in mente i propri diritti acquisiti, senza pensare ai propri doveri, ma non esistono diritti acquisiti senza prima aver assolto i propri doveri».
Ecco, è questa la rivoluzione vera, non quella che nasce nei salotti. Una rivoluzione che trae origine dal parlar chiaro, segno di pulizia di idee, e dal lottare duramente, anche a costo dell'impopolarità per affermarle e realizzarle.
La Tatcher sosteneva che lo Stato doveva essere un servitore, non un padrone. E che doveva rifuggire dalle tentazioni paternalistiche: il paternalismo è nemico della libertà e della responsabilità.
Donna forte, amata e odiata, applaudita e derisa. Era quindi ovvio che - per la franchezza con la quale sosteneva le sue idee - fosse subissata dalle critiche: anticomunista e conservatrice, e perciò rivoluzionaria. Contraria a ogni forma di garantismo e di assistenzialismo non poteva che essere antistatalista, antisindacalista e antifemminista. Lo Stato doveva essere il più possibile assente dalle scelte economiche degli individui (tracciare solo la cornice entro la quale questi potevano liberamente muoversi); i sindacati dovevano tutelare esclusivamente il benessere dei lavoratori o non interferire con le decisioni economiche dell'impresa; le donne dovevano avere come unica tutela quella della loro intelligenza (altro che "pari opportunità").
Nella pratica: ridimensionamento dello Stato, privatizzazione dell'industria pubblica, lotta contro il sindacato di Scargill contrario alla chiusura delle industrie improduttive, forte riduzione del potere sindacale delle Trade Unions capaci di condizionare tutta la vita pubblica nazionale.
Il perfetto leader del quale l'Italia avrebbe oggi bisogno, capace con la sua fermezza di far risorgere il paese, conducendolo dalla depressione e dal declino verso lo sviluppo economico e l'orgoglio di nazione libera.
La "figlia del droghiere" sarà ricordata nei libri di storia e di politica economica: il termine "tatcherismo" è di uso comune anche se per taluno intriso di disprezzo e disapprovazione, ma è il destino dei grandi visto dalle piccole persone.
Uno sguardo all'operato politico della Tatcher non può che generare sconforto per noi Italiani: nella trattativa per l'assegnazione dell'incarico per la formazione del governo, il Presidente della Repubblica incontra ancora - tra decine di altri incontri - le nostre forze sindacali, la sacra Trimurti, in un'ottica di "concertazione" che continua a non tramontare. Per che cosa poi? Uno stanco rituale al quale nessuno ha il coraggio di rinunciare.
La Tatcher, nel novembre del 1990, lasciò volontariamente Downing Street: si era nella piena crisi del Golfo e i contrasti sorti nel partito conservatore a causa della sua politica fiscale e del suo euroscetticismo le fecero capire che non poteva sacrificare la sua visione per scendere a compromessi.
Una celebre copertina dell'Economist ritrasse Tony Blair - che copiò le sue scelte economiche e che fu pertanto abbandonato dalla nostra sinistra, che alla sua elezione si era genuflessa davanti a lui - con i capelli cotonati e con la collana di perle. La borsetta non si vedeva.
Sarebbe proprio bello vedere il nostro Letta e magari anche Alfano (che di capelli ne hanno pochi) con una traccia di rossetto sulle labbra, i capelli cotonati e un sottile filo di perle. Forse la nostra Italia andrebbe un po' meglio e verrebbero spazzati via i bizantinismi e le perdite di tempo dietro stupidi problemi.
L'economia affonda, le persone preferiscono farla finita con la vita perché davanti non hanno speranze e noi ci balocchiamo sui matrimoni gay e sulla ineleggibilità di Berlusconi.
Certo, questo ricordo degli anni della Tatcher mette un po' di tristezza. Perché quegli anni erano ancora anni di ideali, sfumati poi nel trionfo dell'economia sulla passione politica. Fino ad arrivare al cinismo disperato che oggi pervade la nostra società e al disprezzo delle classi dominanti (politiche, economiche, sindacali) per qualunque forma di convivenza civile.
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