EXCALIBUR 89 - dicembre 2015
in questo numero

La Destra Italiana: breve appunto per la memoria

Evoluzione di un partito che merita altro destino

di Gianfranco Anedda
Sopra: il vecchio Msi si è sfaldato in una miriade di gruppetti
Sotto: Giorgio Almirante (Salsomaggiore Terme 1914 - Roma 1988)
Fu un avvenimento politico di rilevanza storica. Legato ormai, venti anni dopo, alla storia politica d'Italia.
Le cronache dei giornali e la memoria dei partecipanti ricordano quando, a Fiuggi, Gianfranco Fini realizzò il pensiero di Giorgio Almirante di far accettare il Msi, trasferito in An, al tavolo della democrazia.
Disse al Congresso: «lasciamo la casa del padre». Ammonì «nessuno pensi di poter costituire una corrente del Msi all'interno di An». La corrente non venne costituita.
Non per obbedienza bensì per convinzione: allontanare l'etichetta di neofascismo e costituire a destra una forza politica di governo.
Almirante non ci era riuscito perché aveva anticipato tempi non ancora maturi. La Democrazia Cristiana corse subito ai ripari contro Almirante e mise in opera ogni mezzo e ogni suggestione; già nel 1977 aveva caldeggiato e favorito la scissione del Msi e la creazione di un nuovo partito. Scissione che quasi miracolosamente naufragò; altrettanto miracolosamente il Msi sopravvisse.
Gianfranco Fini, con la collaborazione di Berlusconi, ci riuscì. A Fiuggi quella prospettiva che era ben più di un programma si realizzò. I tempi erano maturi, tanto che, in pochi giorni, le adesioni alla nuova formazione politica, An appunto, furono numerose, qualificate e qualificanti.
Furono gli anni dell'accordo con Forza Italia e dell'intesa con la Lega. Furono gli anni che consentirono di superare differenze d'identità, di culture, di storie politiche e proposero all'Italia una coalizione di destra unita e responsabile. E fu Governo.
Ma la coalizione sottovalutò la reazione, in apparenza poco appariscente ma in realtà molto più violenta della precedente. Superata la sorpresa iniziale e lo sgomento, la formazione politica di sinistra (ex Dc, ex Pci) realizzò una convergenza dei "poteri forti": la magistratura contro Berlusconi, il moltiplicarsi dei procedimenti penali; i partiti tradizionali e delusi, provocarono il distacco della Lega dalla coalizione di centrodestra che aveva vinto le elezioni; le cariche istituzionali, con disinvoltura acrobatica, prima accantonarono il responso elettorale poi rifiutarono di indire, come sarebbe stato corretto in termini di democrazia, nuove elezioni. Ciò che accadde successivamente è cronaca a tutti nota.
La vicenda politica della destra si è conclusa, ancora una volta, con uno strappo. Quello di Gianfranco Fini, all'epoca Presidente della Camera dei Deputati. Sul quale il tempo strapperà il velo delle cause, dell'opportunismo e, se vi sono state (il tempo lo dirà), delle lusinghe e delle minacce. An ha subito una mini scissione (minima nei numeri, forte negli effetti) e Fi un più consistente esodo.
È nato Ncd (Nuovo Centro Destra) con la direzione politica di Angelino Alfano, prima Ministro della Giustizia oggi Ministro dell'Interno.
Il vecchio Msi-An si è sfaldato, è scomparso, si è liquefatto in una miriade di gruppetti incapaci di promuovere una convincente forza politica. Il contrasto di opinioni maschera velleitarie ambizioni personali alle quali pare nessuno voglia rinunciare. Resiste Marcello Veneziani, che sostiene e meritoriamente proclama «la Destra può esistere».
Frattanto Fi continua a perseguire l'emarginazione dei personaggi provenienti dal Msi-Dn. I pochi sopravvissuti annaspano. Quanto viviamo oggi consegue alla inesistenza della corrente Msi-An all'interno della compagine di Fi che, a sua volta frazionata, non ha saputo o voluto valutare la lealtà, l'esperienza e le capacità politiche di coloro che provenivano dal Msi-An. Avrebbero rappresentato un forte punto di riferimento.
Non mi riferisco a una possibile forza elettorale, anche se i risultati elettorali rappresentano un ineludibile riferimento. Bensì a un forza di opinione che trasmetterebbe convinzioni, modi di comportamento, valori oggi in apparenza scomparsi. Avrebbe rafforzato il centrodestra con l'esperienza politica e avrebbe risparmiato molti errori.
Evocare il Msi-An non è, non vuole essere, una forma di nostalgia o, peggio, la formazione di un gruppo di reduci invecchiati.
Oggi non vi è spazio per la nostalgia del fascismo, ancora meno può esservi spazio per la nostalgia del Msi. Si tratta invece di ripristinare un idem sentire che abbandoni ambizioni personali, incuta, proprio per l'unità di intenti, nuova fiducia ai simpatizzanti delusi e scoraggiati, crollati nel torpore, quasi narcotizzati da quanto accaduto in questi ultimi anni.
Un comune sentimento e una comune volontà di reazione e di azione a iniziare dal sostegno al gruppo di promotori ed editori di Excalibur che si muovono con grande merito e coraggio.
Gruppo che deve avere la capacità di modernizzarsi. Ripeto, Non penso a competizioni elettorali (manca, spiace constatarlo, un leader carismatico), bensì a trasmettere l'entusiasmo, seme e padre di un attivo e disinteressato impegno politico.
Ciò che è accaduto appena un mese fa in occasione dell'assemblea della Fondazione An rivela e dimostra l'esattezza della diagnosi. L'ennesimo frazionamento di una Destra che da molti anni non trova né pace, né accordo.
È pur vero che il tesoretto della fondazione ha suscitato appetiti e ingordigie, ma la diaspora ha altre cause; i personaggi che si sono autonominati dirigenti non trovano accordo per le contrastanti ambizioni. Non si convincono che divisi non andranno da nessuna parte perché non offrono né ispirano fiducia. Perché, sia pure con differenti responsabilità, alcune gravissime, hanno contribuito al dissolvimento della vecchia formazione politica.
È compito dei giovani ricomporre l'unità.
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