EXCALIBUR 94 - ottobre 2016
in questo numero

Oriana Fallaci, storia di una donna

Uno dei personaggi più importanti e controversi della nostra storia letteraria

di Angelo Marongiu
Oriana Fallaci, scrittrice
Lo scorso settembre si è celebrato il decennale della morte di Oriana Fallaci. Era nata a Firenze il 29 giugno 1929 e a Firenze è morta il 15 settembre 2006.
La sua fu una vita ricca, piena, complessa. Giornalista, scrittrice, polemista, inviata speciale e anche staffetta partigiana. Sulla sua tomba ha voluto che, semplicemente, fosse scritto «Oriana Fallaci. Scrittrice».
È difficile - vista la ricchezza e la complessità della sua vita - definirne il personaggio senza cadere nella retorica. Le tre parole sulla sua lapide racchiudono a stento l'essenza di una donna protagonista - più che testimone - degli accadimenti più significativi del secolo scorso. Ha intervistato i potenti della terra, ha vissuto in prima linea eventi e guerre (Vietnam. Medio Oriente, America del Sud), senza risparmiarsi mai, tra successi e contraddizioni, rabbia e dolore.
Un tentativo di illustrare la sua vita lo ha fatto la Rai, producendo una fiction andata in onda nel 2015. Ecco, quella Oriana è quella falsa, piena di stereotipi e luoghi comuni che lei, per prima, avrebbe rifiutato. Un personaggio semplificato al massimo perché la gente comune potesse capirlo, e quindi banalizzato al massimo. Per rappresentare la sua sincerità spinta ai limiti massimi è stata tratteggiata come una persona isterica, in conflitto con tutti, tacendo quindi la complessità di un carattere spigoloso, ma mai incline ai compromessi. "Oriana Fallaci. Scrittrice": questa può essere la chiave di lettura della sua vita, poiché alla scrittura attiva e continuativa aveva deciso di dedicarsi, fin da ragazza.
Cominciò presto a lavorare per diversi giornali e settimanali (Europeo, Corriere della Sera), finché, nel 1967, con la guerra in Vietnam, diede vita alla figura di inviato speciale, allora sconosciuta nel panorama giornalistico italiano. In Vietnam la Fallaci va alla ricerca coraggiosa in un particolare punto di vista, nei posti più caldi, Saigon ed Hanoi, ma anche nelle boscaglie del fronte e racconta le atrocità e la morte, le menzogne ma anche gli uomini e l'umanità.
Raccontò - unica giornalista italiana presente al fronte - la vita quotidiana a Saigon, i bombardamenti. Gli interrogatori dei prigionieri, le rappresaglie e le esecuzioni.
«Io sono qui per capire, per sapere cosa pensa un uomo che ammazza un altro uomo che a sua volta lo ammazza senza conoscerlo [...] sono qui per spiegare quanto è ipocrita il modo che esulta per una scoperta contro il cancro [...] mentre migliaia di creature giovani e sane vanno a morire come animali, vacche al macello».
Della Fallaci sono famose le interviste con "i grandi della terra", incalzati sempre e tutti dalle sue domande imbarazzanti e scomode: Golda Meir, Yasser Arafat, Henry Kissinger, Muhammar Gheddafi e poi personaggi che nessuno riusciva ad avvicinare come Alì Bhutto in Pakistan e Haile Selassie in Etiopia.
Le sue non erano interviste, ma interrogatori meticolosamente preparati nei minimi dettagli. Domande lontane dal giornalismo classico e sempre filtrate dalle proprie convinzioni ideologiche.
«Per essere buona un'intervista deve infilarsi, deve affondare nel cuore dell'intervistato».
Tra le interviste più famose è quella con l'ayatollah Khomeini, in Iran: la Fallaci lo sfida clamorosamente con domande spietate e - mentre discutevano sulla condizione della donna - con un gesto oltraggioso per i canoni islamici si tolse il velo che le era stato imposto. Un gesto in difesa della dignità femminile, che la Fallaci aveva sempre difeso tutta la vita, da quando agli inizi della sua carriera fu invitata a costruire un reportage sulle condizioni delle donne nel mondo e a Karachi inseguì un corteo nuziale e riuscì ad avere un'intervista con una sposa bambina in lacrime perché ignorava perfino il volto del suo futuro sposo. E percorse i paesi dall'Oceano Atlantico all'Oceano Indiano e poi il regno sterminato dell'islam.
«C'è molto sole nei paesi dell'islam, un sole bianco, violento, che acceca. Ma le donne musulmane non lo vedono mai [...]. Dal buio del ventre materno esse passano al buio della casa paterna, da questa al buio della casa coniugale, da questa al buio della tomba».
Oltre alla produzione giornalistica la Fallaci, prendendo spunto dalle sue esperienze, anche strettamente personali, si racconta nei suoi libri, che sono circa una ventina. Per poter scrivere un libro sulla sua famiglia (che uscirà postumo) si ritira dal giornalismo e va a vivere a New York.
E lì, dalla sua finestra, assiste alla tragedia dell'11 settembre e al crollo delle Torri gemelle e allora esce dal suo silenzio con un grido feroce contro l'islamismo. Con un libro contro le dittature, il terrorismo, l'estremismo, il fanatismo religioso dell'islam. Ma anche contro il mondo occidentale (ed europeo in particolare) e la mediocrità dei suoi governanti e le ragioni della politica per colpa delle quali la nostra società non difende più, nei confronti dell'islam, i valori che la contraddistinguono e che l'hanno resa grande.
Un titolo, "La rabbia e l'orgoglio", che rappresenta per intero ciò che Oriana Fallaci è stata. Un libro che le è costato molto in termini di ostracismo, subissata dalle critiche e dalle polemiche, con corollario di denunce da parte di quella intellighenzia snob che si rifiuta di vedere la realtà: realtà che la Fallaci ribadisce ancora nel suo successivo "La forza della ragione".
Questa era Oriana Fallaci, giornalista e scrittrice, inviata di guerra e donna di passioni: una donna in gamba, difficile, scontrosa, cocciuta, egocentrica, insopportabile, ma vera.
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