EXCALIBUR 97 - aprile 2017
in questo numero

La vittoria sarà del tripartito?

Alcune considerazioni dul centrodestra tra sociologia e politica

de L'Eretico
Sopra: saranno ancora i magnifici tre a dettare temi e tempi della politica italiana
Sotto: Berlusconi come l'Araba fenice che risorge sempre dalle sue ceneri
Sino a circa un anno fa a fronte di un Pd a guida Renzi lanciato al controllo pressoché totale della vita politica nazionale, quasi una riedizione della vecchia Dc anni '50, e a fronte di un movimento grillino monopolizzatore dell'opposizione antisistema, parlare, non dico del futuro, ma della stessa sopravvivenza del centrodestra, suscitava negli stessi aderenti di Fi, Fdi e Lega levate di occhi al cielo con sottinteso: «Signore, perdona loro perché non sanno quel che fanno!».
E ne avevano ben d'onde!
Tristi figuri che corrispondono ai nomi di Fini, Fiorito, Alfano, Verdini, ecc. avevano trasformato un centrodestra di governo che tra l'altro aveva, per la prima volta nel dopoguerra, tracciato con successo una politica estera dinamica e indipendente dai vari poteri stranieri, in un campo desolato di rovine dove i superstiti, tra l'altro, continuavano a beccarsi tra di loro come se niente fosse accaduto.
Eppure sotto quel cumulo di rovine qualcosa si agitava: non tutti nel centrodestra erano rassegnati a un ritiro onorevole nei giardinetti o, peggio, al passaggio disinvolto verso lidi politicamente ancora promettenti.
Ci fu una prima avvisaglia alle comunali del 2014. Vento in poppa per il Pd che vince dappertutto, ma, per la prima volta nel dopoguerra, deve sloggiare da Perugia per lasciare il posto al candidato di Forza Italia. Il segreto del successo: massima coesione delle forze del centrodestra e candidati presentabili.
Nel 2015 si vota in 7 regioni. Il Pd è sicuro di conquistarne 6, ma non dispera, avendo candidato la piacente parlamentare europea Moretti, di poter conquistare anche il Veneto. Avviene invece che il leghista Zaia annienta la candidata del Pd. Ma questo è il meno. Nella super rossa Liguria, certo complici le faide del centrosinistra, il centrodestra, contro ogni previsione, conquista il potere con la solita ricetta: coesione dei partiti, candidati seri e un leader apparentemente bonaccione ma grintoso che corrisponde al nome di Toti.
Certo un po' poco per poter sperare di contrastare il blocco renziano e quello grillino. Ma se questi monopolizzano praticamente tutto lo spazio della politica, nella società civile le cose si muovono in maniera diversa.
"Renzi uomo solo al comando" è un assioma comodo solo per la polemica politica. In realtà il leader fiorentino è caduto a pennello su quella parte di società italiana, che, tutto sommato, non ha subito grandi danni dalla crisi economica che ci attanaglia da oltre un lustro. Ceti sociali con un reddito medio alto, politicamente sempre in sintonia con chi sta al governo o, quantomeno, con una opposizione "moderata". Culturalmente sono figli acritici del proprio tempo: libero mercato, globalizzazione, comunità europea, euro, "diritti civili", integrazione, multiculturalismo sono per costoro lo spartiacque fra la società civile e la barbarie. Questi ceti hanno fatto sì che Renzi prima si impossessasse del Pd e poi governasse per 3 anni.
Ma dopo la sconfitta del referendum del 4 dicembre 2016, questi ceti non si sono proprio sbracati in difesa del proprio leader, ma sono in prudente attesa, fiutando chi potrebbe essere il prossimo vincitore.
C'è, poi, una fetta consistente di società, composta per lo più da cittadini che in passato hanno votato a sinistra, ma, vuoi per l'insufficienza della stessa, vuoi per il montare di un senso di rabbia e di avversione nei confronti della politica e della cosiddetta "casta", ha abbracciato l'ideologia del rigore giacobino e dell'alternativa contro tutti e contro tutto.
Chi è entrato in sintonia con questa fetta di società, cioè Grillo, ha acquistato grande peso politico e concrete possibilità di entrare nella stanza dei bottoni, cosa possibile ma difficile se si pretende di poter sconfiggere in contemporanea sia la destra che la sinistra.
C'è infine quella piccola e media borghesia composta da lavoratori autonomi, artigiani, piccoli imprenditori, pubblico impiego non parassitario, professionisti, agricoltori. Tutta gente che certamente ci tiene al proprio benessere economico, ma che considera il lavoro un valore e non una semplice merce di scambio.
E, accanto a esso, vuoi per istinto, vuoi per tradizione, vuoi per educazione, crede ancora in tanti valori considerati sorpassati se non dannosi quali famiglia, patria, religione, morale, con tutto quello che ne consegue.
La borghesia italiana ha due caratteristiche. La prima è che è capace di scendere in campo autonomamente, ribaltando, prima in termini culturali poi di fatto, i luoghi comuni del politicamente e socialmente corretto.
La seconda caratteristica è che la borghesia si muove e vince al nord, salvo poi imporsi al resto d'Italia. Non è un caso che proprio al nord si manifesta con maggior virulenza l'avversione all'immigrazione clandestina, all'islamismo, alla tolleranza dei fenomeni delinquenziali. Ed è proprio al nord, a partire da Oriana Fallaci per finire a Fusaro, che si è formata una cultura fortemente identitaria, antiglobalista, legata alla propria tradizione nazionale.
È su questo magma incandescente, non privo di contraddizioni, di spinte irrazionali e utopiche, ma proprio per questo non meno vitali e dirompenti, che deve lavorare il centrodestra, calandosi capillarmente in quelle realtà, non cavalcandole acriticamente, ma "lavorandole" per trasformarle in proposte politiche realistiche, in obiettivi realizzabili.
Per fare questo occorre non solo intelligenza, ma anche molta umiltà. Basta con l'antica fissa della destra di essere l'élite dei duri e puri immersi in una società fatta di omuncoli servi e opportunisti, di partiti corrotti e antinazionali, da combattere più col dileggio e l'invettiva che con il confronto-scontro, anche duro, fra idee e progetti diversi.
Ricordando sempre che le idee forti prima di vincere devono convincere, occorre creare quell'egemonia culturale che condizioni il modo di pensare della gente. Senza questa premessa, anche le più strabilianti vittorie politiche avranno i piedi d'argilla.
Il centrodestra ha uomini (e donne), idee e programmi per poter ampliare anche di molto la base dei partiti che la compongono, tanto da poter essere la vera sorpresa alle elezioni politiche del 2018.
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