EXCALIBUR 104 - ottobre 2018
in questo numero

Il ballo del qua-qua

Allegria e incoscienza caratterizzano le nostre scelte economiche (come sempre)

di Angelo Marongiu
Sopra: il debito pubblico italiano nel 2017-2018
Sotto: il Governatore della Bce Mario Draghi
Duemilatrecentoquarantadue miliardi di euro: è il nuovo record stabilito dal debito pubblico italiano. Oltre 10 miliardi in più rispetto al mese precedente. La diminuzione di circa 4 miliardi nel mese di giugno (da 2327,3 a 2323,2 miliardi) fu salutata - dal Movimento 5 stelle in testa - come una svolta epocale nell'economia italiana: commenti invece su questa impennata non ne sono pervenuti.
A questo indicatore se ne aggiungono altri: la produzione industriale cala dell'1,8%, le nostre esportazioni del 2,6%, i consumi ristagnano o diminuiscono, il rapporto Ocse sulla produttività segna 0% - unico dei paesi del G7 - analizzato su un periodo temporale ante e post-crisi: era zero tra il 2001 e il 2007 e fermo è rimasto tra il 2011 e il 2017. Ciò significa che nessuna innovazione tecnologica, nessuna modifica gestionale, nessun incentivo personale sono stati in grado di smuovere quell'indicatore essenziale per valutare la competitività del nostro comparto industriale. Le altre nazioni si muovono a velocità più o meno diverse, noi restiamo fermi, immobili.
Altri dati allarmanti sono quelli sull'occupazione, poiché, al di là della mera percentuale sulla disoccupazione - sussurrata se in crescita e urlata se in diminuzione (anche di uno zero virgola) - e che comunque è influenzata massicciamente dal numero delle persone che rinunciano alla ricerca di un lavoro, altri indicatori rappresentano forse meglio la nostra endemica crisi occupazionale. Il rapporto tra nuovi lavoratori part-time e il totale dei lavoratori era del 5% nel 2007, dato uguale e quello della Germania e della Francia. Nel 2017 la Francia è salita all'8% (con le politiche socialiste di Hollande e Macron), la Germania è scesa al 3% e l'Italia raddoppia arrivando all'11%.
Potremmo continuare con altre cifre, altrettanto impietose.
Ma ne aggiungiamo solo un'altra: nel 2017 lo Stato italiano ha incassato di sole tasse 497 miliardi di euro (10 miliardi più del 2016 e 20 più del 2015). Quest'anno si supereranno sicuramente i 500 miliardi di euro.
Di fronte alle decise e doverose considerazioni del presidente della Bce Mario Draghi, che tra l'altro sottolinea giustamente che in Italia si parla troppo e si agisce poco e ciò che viene detto e poi smentito e quindi precisato e poi ribadito non fa che peggiorare la situazione (qualcuno ha calcolato che le esternazioni di Di Maio ci sono costate qualche miliardo di euro per le sue conseguenze sullo spread e quindi sul costo degli interessi da pagare): bene, alle considerazioni di Draghi qualcuno ha risposto sostenendo che egli occupa spazi e prerogative non previste dal suo ruolo (Savona: se ne è accorto solo lui?) e altri che dovrebbe pensare di più a tutelare l'Italia (Salvini: e questa affermazione dimostra la pochezza delle sue idee sui ruoli istituzionali e sui compiti di Draghi).
È davvero una piccola Italia quella che affronta problemi che si ingigantiscono ogni anno di più.
Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte: la musica non cambia. Il debito sale sempre di più e questi non sanno far altro che far lievitare le spese (altro che ridurle) e finanziarle con un aumento subdolo dell'imposizione fiscale oppure aumentando il debito pubblico (cioè le finanziano con soldi che non hanno).
E i nostri valenti governanti che fanno?
Non si rendono conto che promettere la flat tax (Salvini: e Di Maio puntualizza che deve favorire solo la classe media) oppure il reddito di cittadinanza (Di Maio: e Salvini puntualizza che non deve far restare i beneficiari seduti sul divano) ha come unica conseguenza quella di far drizzare le antenne alla comunità politica, economica e finanziaria, che già sull'Italia - da tempo - ha posto una enorme lente di ingrandimento. Né si può pensare che questa comunità ordisca chissà quali complotti ai nostri danni: sono semplicemente quelli che - acquistando i nostri titoli e solo la Bce in questi anni ne ha acquistato per circa 400 miliardi di euro - permettono allo Stato italiano di pagare i propri dipendenti, di far funzionare le scuole e gli ospedali. Volenti o nolenti sono questi operatori che mantengono l'Italia in grado di funzionare.
Il fatto è che sia Salvini che Di Maio a ogni loro esternazione (e ne fanno, oh quante ne fanno) corrono subito a vedere di quanti punti sale o scende il gradimento presso i loro potenziali elettori. Parlano e agiscono per il benessere dell'Italia che sono stati "chiamati" a governare? No, parlano per il loro pollaio.
E se per Di Maio era ipotizzabile un simile comportamento (la sua esperienza politica è così risibile e irrilevante che non vale la pena parlarne), altrettanto non può dirsi per Salvini, abituato, almeno così si sperava, a ben altri orizzonti.
Ha barattato, novello Esaù, la mano libera che gli è stata concessa sul problema dei clandestini, o migranti se preferite (argomento questo di esclusivo impatto mediatico), con la concessione del palcoscenico economico ai 5 Stelle. Il voto favorevole della Lega al cosiddetto Decreto Dignità e la promessa di intaccare le famigerate "pensioni d'oro" sono un insulto al credo del suo elettorato di riferimento. Un orribile mercimonio.
E così ci avviciniamo al momento nel quale i nodi economici verranno al pettine: investimenti improduttivi, aumento del debito, tassazione a persone e imprese a livelli osceni, crescita del Pil irrilevante, rating sottoposto a un esame rischiosissimo, fine del Quantitative easing presuppongono - a politici intelligenti - di metter mano a una manovra economica ben diversa da quella di elemosine e di tassazioni demagogiche che questi signori invece hanno in mente di fare.
Il Titanic affondava e l'orchestra suonava raffinati e struggenti valzer: noi sentiamo invece solo "il ballo del qua qua".

Il Def è stato "varato": il rapporto deficit/Pil è stato fissato a circa il 2,4%.
La manovra di circa 40 miliardi di euro (le cifre non sono note) consta di circa 27 miliardi di nuovo deficit (per tre anni) e gli altri miliardi non si sa dove saranno reperiti.
Di Maio ha festeggiato da un balcone di Palazzo Chigi in stile "caudillo", Salvini non è pervenuto. Spero si vergogni dell'obbrobrio.
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