Excalibur verde

Deficit di bilancio, debito pubblico e sovranità nazionale

Riprendiamoci la nostra economia!

di Angelo Abis
Riappropriamoci della sovranità nazionale
Allucinante la discussione sulla legge di bilancio preparata dal governo.
La linea del Piave pare sia un fatidico 1,6-1,8 % di deficit che non può assolutamente essere superato, pena le "sanzioni" della comunità economica europea, l'ira dei mercati, l'equiparazione alla Grecia.
Per l'Europa puoi sforare il deficit solo per salvare le banche, soprattutto se francesi e tedesche, e per dare quattrini alla Turchia affinché blocchi il flusso degli emigranti verso la Germania.
A questo punto è anche ozioso stabilire chi ha torto o ragione tra i cosiddetti "rigoristi" che grosso modo si identificano con la Germania, e gli "spendaccioni" che si identificano con l'Italia.
Gli è che i paesi più ricchi dell'Europa, che in genere sono quelli di tradizione protestante, hanno quasi un terrore metafisico per termini quali deficit, inflazione, spesa facile, sinonimi di corruzione che essi fanno risalire alla deleteria influenza della chiesa cattolica sul costume civile e politico degli Europei.
La soluzione è fare di testa nostra. In sostanza riappropriamoci della nostra sovranità nazionale. Ai profeti di sventura nazionali e stranieri ricordiamo un episodio eclatante della storia economica dell'Italia.
Anno 1864, Italia unita si è appena fatta dopo un quindicennio di guerre non certo sanguinosissime, ma non per questo meno onerose. Le entrate fiscali coprono a malapena il 50% delle spese, tutto l'altro è deficit. Il debito pubblico è alle stelle.
A quei tempi i prestiti (in oro) si contrattavano nella piazza più ricca d'Europa: Parigi. A tal fine un nostro ministro si recò in quella città e si sentì fare da alti esponenti della finanza e della politica il seguente discorso: «le vostre finanze sono disastrate, siete pieni di debiti che correte il rischio di non poter onorare, l'unica scelta che avete per poter ridurre deficit e debito è quella di sottoporvi alla tutela e al controllo internazionale».
Il ministro capì l'antifona, torno in Italia. Il deficit non diminuì e neppure il debito pubblico e, ciliegina sulla torta, ci imbarcammo pure (1866) nella terza guerra dell'indipendenza. Il governo (liberale) di allora risolse i suoi problemi finanziari con un provvedimento tanto banale quanto eversivo e scandaloso sul piano internazionale: impose il corso forzoso della lira sganciandola dalla convertibilità in oro.
Il governo poté quindi stampare moneta secondo le proprie necessità. L'effetto collaterale negativo fu un'inflazione che si mantenne intorno al 3% annuo.