EXCALIBUR 107 - marzo 2019
in questo numero

Reddito di cittadinanza o lavoro di cittadinanza?

Alcune considerazioni su un controverso provvedimento

di Piero Congia
Sopra: reddito di cittadinanza, temacemente voluto dal M5S
Sotto: nel futuro occorrerà procedere a una ridefinizione del concetto di lavoro
Traggo spunto dall'articolo di Angelo Abis (gennaio 2019) dal titolo "Il nuovo stato sociale passa attraverso il reddito di cittadinanza" per fare qualche considerazione.
Una prima riflessione istintiva mi fa pensare che "per un nuovo stato sociale" non basti una legge, ma necessitino valori culturali, sociali e politici, propedeutici a una eventuale legge.
Un'altra considerazione, un po' più ragionata, mi suscita il dubbio che il provvedimento, seppur lodevole, voglia solo imbiancare la facciata di uno stato sociale senza progetto e con fondamenta in una palude che ancora non si è pensato di dover bonificare.
Le diverse visuali critiche elencate nell'articolo, come altre (favorevoli o contrarie) del dibattito politico, partono infatti da due convinzioni oramai diventate indiscutibili: (1) per dare lavoro all'uomo servono soldi; (2) il lavoro dell'uomo serve per fare soldi.
È la brillante idea venuta nell'Ottocento alle lobby capitalistiche, per coronare il sogno di utilizzare tutta l'umanità al proprio servizio e sopperire all'incipiente declino della schiavitù. Idea oggi diventata dottrina nelle scuole e nelle chiese.
Quei soldi, inventati col nobile scopo di remunerare il lavoro in modo non deperibile, sono così gradualmente diventati unico mezzo per permettere all'uomo di lavorare, di vivere nella società legale, di partecipare al promesso benessere sempre più universale. A guidare la danza, con postura neutrale e con piglio scientifico, due facce della stessa moneta: il mercato e la borsa.
Inutile prendere atto oggi che la realizzazione di quel sogno ha atrofizzato la dignità dell'uomo e del suo lavoro; oppure mettersi oggi a frugare per scoprire dove sia finito quel treno festante che viaggiava sui binari del benessere globale.
Inutile ricordare le encicliche della cultura cristiana sui pericoli sociali, esistenziali e spirituali dell'uomo ridotto a mero oggetto di mercato; oppure riesumare le battaglie del pensiero socialista, culminato con la sanguinosa rivoluzione comunista per poter garantire a ognuno il lavoro in uno stato blindato, chiuso al libero mercato e all'iniziativa privata.
Inutile ripulire dal fango l'intento del fascismo, col suo stato sociale che prende le distanze dal soffocante statalismo comunista e dal libertino sistema economico e finanziario; oppure quello nazista che, in due anni, risolleva la Germania dalla bancarotta e mette in atto la piena occupazione nel libero mercato (singolare esempio di stato sociale, ma anch'esso ricoperto col fango).
Il pensiero liberale, col suo sistema finanziario, ha vinto la sua battaglia nella seconda guerra mondiale; ha dilagato con l'implosione del comunismo Russo; non ha più ostacoli con la conversione di quello cinese. I personaggi che lo hanno ostacolato sono archiviati come mostri, visionari o pazzi, e anche le loro opere meritorie sono state infangate.
Tutte le università insegnano che una certa percentuale di disoccupati è un bene per il sistema economico; nessuna università si pone il dubbio per spiegare in che modo debba vivere, onestamente, il disoccupato. È ormai scontato che il lavoro e la vita dell'uomo si svolga in un recinto foraggiato dal sistema finanziario.
In questa realtà può avere speranza di attuazione un "reddito di cittadinanza" che si propone come ponte per arrivare al lavoro garantito?
Può sperare di sopravvivere una politica non sottomessa al sistema finanziario? Può pensare di farlo una legge senza prima creare una base culturale e politica?
Proprio la destra sociale, in questa materia, dovrebbe sentirsi con le carte in regola per invitare una società rassegnata ad alzare la testa, per guardare oltre il recinto e mettere in discussione suggestioni di propagande politiche e interessi economici che hanno addomesticato e devastato i cervelli.
Proprio i soldi (oggi conservati nei cassetti, casseforti e caveau delle banche) sono destinati a scomparire, sostituiti da un computer, installato magari in Alaska, per gestire le transazioni a qualche miliardo di cittadini che vivono in questo piccolo mondo.
Ma anche l'attuale lavoro dell'uomo è destinato a scomparire, sostituito da robot con sistemi esperti che un altro computer, installato magari nel Sahara, provvederà a pilotare.
Saremo ben presto obbligati a creare un nuovo stato sociale; sarà giocoforza ripartire dall'uomo, dalla famiglia in cui si nasce, dalla nazione o continente o mondo globale in cui si vivrà.
Sarà cioè necessario ricuperare quei valori buttati in discarica e ricoperti col fango.
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