EXCALIBUR 109 - settembre 2019
in questo numero

"Italia sovrana?" di Nazzareno Mollicone

Breve storia geopolitica sul ruolo internazionale dell'Italia dall'800 ai giorni nostri

di Angelo Abis
Frontespizio del libro di Nazzareno Mollicone
Nazzareno Mollicone, dirigente del sindacato Ugl, giornalista e scrittore nonché studioso di storia contemporanea, si colloca culturalmente nel filone nazional-popolare, approfondendo le influenze che esso ha avuto nella vita del movimento Sociale Italiano.
Si è pure dedicato alla valorizzazione di quella particolare corrente sindacale che dai primi del '900 sino ai giorni nostri ha caratterizzato il mondo sindacale col nome di "Sindacalismo Nazionale".
Di recente ha dato alle stampe il volume "Italia sovrana? - Breve storia geopolitica del ruolo internazionale dell'Italia".
Il testo, come del resta afferma lo stesso autore, non è un trattato scientifico, ma assume, nel momento attuale il compito di «essere anche d'ausilio a quelle forze politiche che stanno riscoprendo il valore della "sovranità nazionale" ponendolo alla base della loro azione, e che sono avversate proprio per questo».
Il che ricorda, in senso lato, quei dossier che il ministero degli esteri predispone quando si devono affrontare spinose questioni di politica internazionale.
Celebre il dossier che il ministero fece predisporre dal grande storico dei trattati internazionali, Mario Toscano, in relazione al problema dell'Alto Adige.
Detto questo, Mollicone affronta il problema del ruolo che l'Italia intende svolgere, a partire dalla sua unità conseguita nel 1870. Punto prioritario è quello di essere considerata alla pari di Francia, Inghilterra e Germania.
Su questo punto l'Italia non ha mai fatto sconti a nessuno anche in tempi recenti. Nel 1993 si aprì una grande discussione sulla riforma del consiglio di sicurezza dell'Onu, composto da 5 membri permanenti (Usa, Cina, Inghilterra, Francia e Russia).
Si raggiunse un accordo per cui il consiglio sarebbe stato allargato a 4 altri membri (Giappone, India, Germania e Brasile). La qual cosa mandò su tutte le furie il governo italiano, il quale avrebbe preferito che il seggio fosse affidato alla Comunità Europea.
Per farla breve, sia i governi di centro destra che quelli di centro sinistra, con un finissimo lavoro diplomatico, fecero fallire le aspirazioni tedesche. Noi questo lo abbiamo dimenticato, la Germania penso di no.
Il secondo aspetto esaminato da Mollicone riguarda le nostre aspirazioni nel Mar Mediterraneo e sul continente africano e tutti i tentativi posti in essere da Francia e Inghilterra per vanificare la ricerca di un nostro spazio vitale: si va dall'occupazione della Tunisia da parte francese nel 1881, Stato praticamente già colonizzato dalla comunità italiana, sino alla eliminazione di Gheddafi e allo smembramento dello Stato libico reo di aver stipulato con l'Italia il trattato di amicizia nell'agosto del 2008: quel trattato che non rivestiva solo una valenza economica, ma contemplava aspetti politici e anche militari, proiettava per la prima volta in questo dopoguerra, l'Italia come soggetto attivo e autonomo nella politica internazionale.
Ciò che più irritò Francia e Inghilterra, oltre al fatto che la Libia diventava di fatto un protettorato dell'Italia che veniva chiamata a gestirne in maniera pressoché totale l'intera economia, segnatamente quella petrolifera, fu la rottura del tacito accordo fra ex stati europei di non rinnegare il proprio passato coloniale.
Gheddafi pretese dall'Italia questa abiura per la semplice ragione che non poteva intraprendere una politica di leadership nel continente africano essendo alleato di una ex potenza coloniale europea.
Dal canto suo Berlusconi accollò il costo dell'operazione all'Eni, il quale andò a beneficiare di un contratto trentennale per la fornitura di 30 milioni di tonnellate di petrolio all'anno a prezzo, ovviamente, segreto. Per inciso il trattato di amicizia italo-libico è tuttora in vigore e funziona: non è un caso se in Libia siamo gli unici presenti ufficialmente con un proprio contingente militare, che l'Eni gestisce ancora gran parte delle risorse petrolifere libiche e che le loro motovedette riportino indietro gran parte dei clandestini che vogliono raggiungere l'Italia.
Su una tesi di Mollicone non sono totalmente d'accordo: che le classi dirigenti italiane, dopo la caduta del fascismo, salvo poche e lodevoli eccezioni, si siano mostrate subalterne e servili nei confronti delle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale.
Premesso che, dando una scala di valori da 1 a 100 al concetto di sovranità nazionale, non esiste nessuno stato, per quanto potente esso sia, che possa sbandierare un 100% di sovranità, come non esiste nessuno stato, per quanto debole e sottomesso, che non palesi un minimo di sovranità. Persino il tanto bistrattato Regno del Sud disobbedì al governo militare alleato e violò le clausole dell'armistizio, facendosi riconoscere direttamente dall'Unione Sovietica e riconoscendo a sua volta, nel 1944, un governo militare argentino dichiaratamente filonazista, suscitando le ire degli Americani che chiesero la destituzione dell'ambasciatore del Regno del Sud a Buenos Aires.
Che dire poi del fatto che nel 1946, governo ciellenista imperante, fu richiesta da Francia, Urss, Grecia, Albania, Iugoslavia ed Etiopia la consegna di quasi 3 mila Italiani (quasi tutti fascisti) in quanto criminali di guerra. Non ne fu consegnato neanche uno: eppure eravamo ancora un paese occupato.
E che dire poi della promulgazione, il 22 giugno del 1946, ad appena 20 giorni dalla proclamazione della Repubblica, che si vuole nata dalla resistenza, del decreto n. 4, ovvero della cosiddetta "amnistia Togliatti", che a detta del leader missino Pino Romuldi, fece uscire immediatamente dal carcere 3 mila fascisti e ne salvò dalla fucilazione alcune centinaia?
Il decreto fu varato violando le clausole internazionali e sottraendoci agli obblighi che avevamo verso il governo militare alleato. Inutili furono le rimostranze degli Alleati nei confronti di De Gasperi.
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