EXCALIBUR 111 - gennaio 2020
in questo numero

Coesione nazionale e politica estera

Senza l'unità di tutte le forze politiche è arduo risolvere il problema libico

di Gianluca Cocco
Bisogna capire cosa fare del nostro contingente a Misurata
La politica estera di oggi, così come nei tempi passati, segue criteri, disposizioni e obiettivi che il governo nazionale pro tempore opta affinché venga attuata. O almeno così dovrebbe essere. Orbene la Farnesina svolge le proprie mansioni correttamente o con la complicità del ministro degli esteri attua strategie ostaggio della politica interna?
Una nazione in difficoltà come la nostra può permettersi condizionamenti in politica estera dettati da una goffa gestione, con palese pressapochismo e improvvisazioni senza precedenti?
Con lecita giustificazione, dubbi e preoccupazioni sono ampiamente diffuse nell'opinione pubblica.
Tutto quello che succede a poche miglia dalle nostre coste è un insulto a tutte le classi politiche istituzionali ed extraparlamentari che la nostra nazione esprime sul panorama politico e pare non si riesca a scorgere una risoluzione del problema con proposte studiate in Italia per scongiurare una guerra che potrebbe avere catastrofiche conseguenze per l'Europa e forse per il mondo intero.
La nostra bella quanto importante ex colonia libica è in balia di eventi di chiara matrice straniera, che mira a una cinica spartizione economica della nazione intesa come Libia, ma non escludo che ci possa essere un intento per una spartizione territoriale. Taluni "distratti" osservatori televisivi ripetono assiduamente nei telegiornali o nei programmi di approfondimento politico una situazione caotica, al contrario invece è ben pianificata.
La prima difficoltà delle classi politiche nostrane è affrontare la demenziale e controproducente retorica pacifista, prima arma di propaganda di certe sinistre, che impedisce letteralmente all'Italia di agire nello scacchiere internazionale come geopoliticamente dovrebbe fare per tutelare i suoi interessi.
Turchi, Francesi, Tedeschi e Russi ringraziano e dribblano inesorabilmente la nostra diplomazia azzoppata dall'inettitudine di un ministro degli esteri impelagato in questioni di partito che lo screditano sul piano interno, impedendogli di esprimere di conseguenza la possibilità di costruirsi una credibilità internazionale idonea a rappresentarci in nord Africa.
La prima causa dei nostri mali che alimenta il lento declino di questa repubblica, sono gli oltre 70 anni di estenuante campagna elettorale anti nazionale, in cui qualsiasi azione politica intrapresa dalla Farnesina in Africa o nei Balcani è strumentalmente additata da certa stampa pilotata come "neo coloniale", mentre invece bisognerebbe capire che il mondo, così come gli uomini, non cambiano e gli equilibri sono dei giochi di forza che se non ti vedono al vertice ti vedono succube.
Di fondamentale importanza quindi è imprimere una sterzata politica che dia un taglio netto con certi proclami e che la stessa possa creare, o meglio ricreare, una mentalità vincente che infonda sicurezza sia all'interno della nostra Nazione che all'estero.
Bisogna capire cosa dobbiamo fare con il nostro contingente militare presente a Misurata e valutare il rischio che corrono i nostri militari, ma anche la possibilità di farli rientrare, qualora i nostri interessi nazionali in Libia fossero irrimediabilmente compromessi.
Di assoluta fondamentale importanza sarà non solo il ruolo del nostro ambasciatore a Tripoli, ma anche la nostra diplomazia in Russia, dal momento che, a mio avviso, si può e si deve ostacolare un ritorno davanti alle nostre coste della Turchia dopo oltre 100 anni dalla vittoria della guerra italo-turca che determinò ufficialmente il fatto che fossimo una delle nazioni guida dell'Europa e del mondo.
Il nostro ruolo deve veramente limitarsi al controllo fine a sé stesso di pochi chilometri a Misurata, piuttosto che uno sterile pattugliamento costiero abbinato all'addestramento dei militari libici? Serve a qualcosa tutto questo per tutelare l'Eni e i nostri investimenti?
Lo stato deve far sentire la propria voce, ed è basilare che maggioranza e opposizione lavorino assieme per rientrare in partita proponendo una soluzione diplomatica. Se questa risultasse vana, si studi una maniera di inviare un contingente militare battendo anche i pugni sul tavolo.
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