EXCALIBUR 112 - marzo 2020
in questo numero

L'ordine dei predicatori di democrazia: dalla predica alla pratica

Un'analisi sulla Costituzione e qualche principio dimenticato

di Stefano Stochino
concetto espresso con forza nella nostra Costituzione
Sopra: concetto espresso con forza nella nostra Costituzione
Sotto: nubi oscure sulla nostra democrazia
nubi oscure sulla nostra democrazia
Nell'approcciarci a una pur superficiale analisi di un qualsiasi atto che il Governo "giallorosso" compia, non dobbiamo dimenticare su quale piattaforma tali sequenze si snodino, ovvero quale collante sostenga il meccanismo che genera le iniziative della compagine che rappresenta l'Esecutivo, in questa fase storica, in Italia.
Il problema è politico, nella sua ovvietà lucente, ma implica riflessioni giuridiche ed etiche.
La coscienza individuale dell'osservatore avverte delle impurità presenti nella trasposizione semantica e concettuale del termine "democrazia", nella dimensione pratica. Tale percezione, computata nella sfera individuale del cittadino, assume connotati di insieme, divenendo oggetto di condivisione collettiva e si sviluppa in tema tra soggetti politici, esaltandosi nel compiersi della sua evoluzione, nella materia del dibattito politico di un determinato momento.
Da qui il consolidarsi delle opposte posizioni: taluni ritengono di governare legittimati dalla forma repubblicana della democrazia parlamentare, di affermazione statutaria, tal'altri, non meno confortati dalla lettera costituzionale, sostengono che l'attuale Esecutivo difetti di consacrazione popolare, dunque violi il principio di sovranità, che appunto la Carta assicura al Popolo.
Occorre intenderci su quale dei due livelli argomentativi sia maggiormente coerente col concetto di "democrazia" espresso dalla Costituzione. Quella che viviamo è una fase politica di non democrazia. Questo è l'attuale scenario politico in Italia.
Cerchiamo dunque di far luce su diversi aspetti che connotano il caso di un governo che si compone di una maggioranza raffazzonata in parlamento, di fronte a una evidente espressione popolare che manifesta tendenze, esigenze e indirizzo programmatico e progettuale nettamente opposti a quelli rappresentati e sostenuti dall'attuale compagine di governo.
Concentrando la nostra attenzione sul termine e il concetto di "democrazia", non possiamo non volgere lo sguardo al primo dettame della Carta costituzionale, laddove è stabilito che l'Italia è una Repubblica democratica, ovvero che la sovranità appartiene al popolo. La proposizione è di amplissimo respiro, tant'è vero che compare tra i "princìpi fondamentali" del Documento, che pure precisa che le modalità di esercizio di tale potere sono regolate dalla legge costituzionale che pure ne sancisce i limiti.
Dunque la "sovranità popolare" è principio fondamentale della costituzione repubblicana; occorre precisare che per "limiti" nell'esercizio della sovranità, si intende il rimando a quel sistema di norme che governa le modalità e le procedure con cui il cittadino indica l'indirizzo politico che intende demandare all'attività di governo, presente nella sedona parte dello Statuto, dedicata all'"Ordinamento della Repubblica".
I princìpi fondamentali della Carta in quanto tali, dunque in quanto base della struttura statutaria, precedono la suddivisione della norma fondamentale in Parti, Titoli e Sezioni.
Le norme che disciplinano la formazione del governo si trovano nella Parte Seconda - Ordinamento della Repubblica - Titolo III - Il Governo - Sezione I - Il Consiglio dei Ministri - sede nella quale troviamo regolata la forma di governo repubblicana dell'Italia: la democrazia parlamentare.
Certamente la maggioranza che si accinge a formare il governo, va ricercata nel parlamento, ma è pur vero che la Sezione II che descrive i crismi nello specifico, afferma che il Presidente del Consiglio dei Ministri «dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico e amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri» - art. 95 della Costituzione - delineando in modo chiaro quello che è l'intendimento del voto popolare rispetto a quanto deve essere svolto dagli eletti.
Ora, quanto si verifica nel panorama politico del nostro Paese si palesa come in esplicito contrasto con un orientamento netto, espresso dai cittadini in plurime occasioni elettorali, dunque non soltanto la tornata politica, ma anche la competizione su base regionale non ha smentito il chiaro volere degli Italiani.
Non è corretto sostenere, come si sente argomentare da Sinistra, che il voto regionale non può essere indicativo della volontà di popolare su scala nazionale, poiché in tale dimensione elettorale si esprimono le strutture di partito coi loro programmi, i quali non differiscono, e anzi sono espressione, di una medesima visione della politica, come questa si esprime nel più ampio contesto parlamentare; dico di più, anche nei contesti amministrativi di province e comuni l'organizzazione partitica è presente e indicativa di una sintesi programmatica che risente dello scenario nazionale.
Per trovare delle perplessità a tale parallelismo, dovremmo considerare i piccolissimi centri, al di sotto dei mille abitanti, i quali versano in condizioni di autogestione, quasi di "famiglia allargata", così da non poter essere considerati come paradigma di alcuna appartenenza diretta, rispetto al sentimento generale, mentre gli elettori delle città di una certa dimensione o importanza, chiamati a esprimere il nome del proprio Sindaco, debbono scegliere tra proposte che sono il portato delle dinamiche di movimenti e partiti su scala nazionale.
Ritenere dunque che l'attuale Governo sia espressione della volontà degli Italiani è spicciola demagogia. Se per i sostenitori di tale ultima tesi la democrazia parlamentare è pienamente rispettata dall'esecutivo "giallorosso", ci si domanda in quale girone infernale venga relegato il fondamentale principio della sovranità, che apparterrebbe al Popolo.
Il Presidente del Consiglio, abbiamo letto, deve garantire il mantenimento dell'unità di indirizzo politico del governo. Come può conciliarsi tale disposto costituzionale con il ridicolo teatrino cui assistiamo ogni giorno!?
Quale delle argomentazioni e degli atteggiamenti politici adottati dalle contrapposte fazioni si presenta maggiormente coerente con i princìpi fondamentali della Costituzione italiana?
Certamente, chi reclama il ritorno alle urne e invoca l'intervento del Popolo onora la lettera normativa e ne rispetta la profondità che dall'etimologia del termine - democrazia - all'attuale suo portato semantico, che non ammette altra prospettiva.
Non dimentichiamo che l'articolo 70 della Costituzione prevede lo scioglimento delle Camere da parte del Capo dello Stato; tale eventualità avrebbe trovato giusta applicazione laddove si fosse inteso leggere con attenzione l'umore popolare, nonché la prospettiva di ovvia instabilità che un governo posticcio avrebbe comportato. È quanto si snoda dinanzi ai nostri occhi.
La norma menzionata sopperisce a una situazione in cui l'instabilità governativa potrebbe generare ripercussioni nell'equilibrio sociale del Paese; non si è voluto ammettere che questo è l'attuale quadro politico, la drammatica sequenza di eventi che dalle vicende parlamentari si ripercuotono nell'assetto anche comunitario del nostro Paese, il suo consolidarsi in una dimensione di insieme, la reale perdita di credibilità che, al di là delle interpretazioni di parte, va sempre più scemando proprio in virtù della inconsistenza cromatica dell'esecutivo nazionale.
Tutto ciò avviene per mancanza di coraggio? Questo è legittimamente pensabile, ma due sono le innegabili constatazioni: la totale inerzia dell'Italia di fronte a un'emergenza sociale e una Europa matrigna che, comodamente seduta in platea, si gode lo spettacolo.
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