EXCALIBUR 115 - giugno 2020
in questo numero

Is nenneris

Alle origini dell'identità della Sardegna

di Fausto Sardu
Un cesto di nenneris del Giovedì Santo
Un cesto di nenneris del Giovedì Santo
Chi si trovi in Sardegna di Giovedì Santo è bene che non manchi di visitare i sepolcri allestiti nelle chiese cattoliche. Meglio se nelle chiese antiche, magari in quelle annesse ai pochi monasteri ancora attivi. Una, tre, cinque o sette chiese, come da tradizione e secondo la religiosità o l'interesse di ognuno.
I sepolcri sardi hanno qualcosa di particolare che non è presente in nessun altra regione italiana e che si ritrova solo in Grecia e in medio oriente: "i nenneris". Sono vassoi pieni di un'erba fitta fitta, verde chiaro quasi giallognola, che nel giovedì santo vengono posti sull'altare del sepolcro e nello spazio antistante, quello dove si dice messa. Un'erba nata al buio e al buio cresciuta nelle case dei fedeli, o nei sotterranei dei monasteri o delle sacristie; germogli di semi di grano inumiditi con cura nei vassoi per giorni e giorni.
Forse era proprio l'eccezionalità di quei nenneris che mi spingeva sin da ragazzino a fare "il giro delle sette chiese", e a continuare a farlo per tanti anni, sinché sono rimasto in Sardegna, anche dopo che in seconda liceo, con lo studio della Riforma, avevo abbandonato la fede.
A volte, per un'innata tendenza alla razionalizzazione, ho pensato che quell'erba mi affascinava così tanto perché, nella Cagliari degli anni '50, erba se ne vedeva gran poca, o niente addirittura. I Cagliaritani, in quegli anni, più che creare prati avevano da ricostruire la loro città martoriata dai bombardamenti.
Ma credo che questo fascino fosse legato, oltre che alla bellezza intrinseca di quei vassoi di germogli, al sentirmi coinvolto dalla fede che si raccoglieva intorno ai nenneris, al fascino discreto delle preghiere biascicate sottovoce, in un latino approssimativo. Preghiere sommessamente recitate, a ringraziare di averla scampata bella, a cercare di rimarginare tante ferite rimaste aperte dopo la fine della guerra o anche a invocare un lavoro, una rinascita che per molti negli anni '50 tardava.
Forse era questa atmosfera, intensa e sommessa allo stesso tempo, insieme al fascino dei nenneris, che mi spingeva a continuare a fare il giro delle sette chiese anche dopo anni che avevo perduto la fede. E quando all'inizio degli anni '70 ero emigrato dalla Sardegna, quei ricordi mi spingevano ancora a cercare quelle atmosfere nelle chiese della Lombardia. Ma davanti a quei sepolcri, meno curati di quelli sardi, non avevo trovato i nenneris, come non avevo trovato la vibrazione particolare di quella fede sommessa degli anni del dopoguerra.
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