EXCALIBUR 115 - giugno 2020
nello Speciale...

Necessità di una ridefinizione delle tutele e delle tipologie contrattuali

partecipazione dei lavoratori agli utili e alla gestione delle imprese
Partecipazione dei lavoratori agli utili e alla gestione
delle imprese
Il lavoro "parasubordinato", sviluppatosi in via di prassi sulla base di una previsione del codice di procedura civile (art. 409) e disciplinato dalla riforma Biagi tra il 2003 e il 2015 come lavoro a progetto, è presente ancora oggi con alcune forme di collaborazione coordinata e continuativa, che devono essere senza mezzi termini vietate e considerate per quello che sono, ovvero lavoro subordinato mascherato da lavoro autonomo a fini sostanzialmente elusivi della normativa giuslavoristica e previdenziale. Allo stesso modo la "somministrazione" di lavoro, nonché ogni forma di intermediazione e mediazione privata in materia di lavoro, devono essere vietate per legge. La stessa attività di mediazione attualmente svolta dai centri per l'impiego e dai servizi per il lavoro degli enti locali deve essere ricondotta sotto la competenza dello Stato, mediante la ricostituzione degli uffici di collocamento gestiti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. I contratti di lavoro "ripartito o intermittente" debbono parimenti essere cancellati dall'ordinamento giuslavoristico, meritando di essere ricordati negli anni a venire come bizzarrie di un periodo da dimenticare.
Il lavoro a tempo determinato, che negli ultimi anni ha subito un processo di progressiva liberalizzazione culminato con la riforma Fornero, deve essere utilizzato nei soli casi di stagionalità o temporaneità del lavoro, ovvero come modalità iniziale di inserimento del lavoratore nell'impresa nei casi in cui non ricorrano le esigenze formative proprie del contratto di apprendistato. In ogni caso, i contratti a qualsiasi titolo precari, ivi compreso il rapporto di lavoro a tempo determinato, devono essere disincentivati mediante una maggiore imposizione fiscale e contributiva a carico del datore di lavoro, rispetto a quella applicabile al contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, per la quale invece deve essere alleggerito il cosiddetto "cuneo fiscale e contributivo".
Deve infatti essere infine ridotto il carico fiscale del lavoro dipendente e ampliata la casistica di spese deducibili e detraibili in sede di dichiarazione dei redditi, anche al fine di combattere l'evasione fiscale e garantire un'effettiva equità contributiva.
Occorre rilanciare il contratto di apprendistato, che negli ultimi anni sta vivendo un momento positivo. Le tre fattispecie attualmente previste dalla normativa, ovvero quella per la qualifica e il diploma professionale (fascia 15-25 anni), quella professionalizzante (18-29 anni) e quella di alta formazione e ricerca (fascia 18-29 anni) possono essere ridotte a due unificando la seconda e la terza. È opportuno che i giovani acquisiscano una qualifica professionale prima del diciottesimo anno, piuttosto che perdere tempo in percorsi formativi privi di sbocchi. Occorre una rivoluzione culturale che restituisca prestigio, rispetto e soprattutto un adeguato riconoscimento giuridico al lavoro manuale in genere. Occorre rilanciare anche la formazione professionale, indispensabile alla pari dell'apprendistato alle piccole e medie imprese e alla salvaguardia degli antichi mestieri artigiani, e gli investimenti pubblici nella ricerca scientifica e tecnologica finalizzata alle imprese e creazione di occasioni di collaborazione tra imprese, università ed enti pubblici in questo ambito.
La partecipazione dei lavoratori agli utili e/o alla gestione delle imprese, prevista dall'art. 46 della Costituzione, può essere introdotta a patto che eventuali forme di cogestione non si risolvano in un ulteriore ostacolo al dispiegarsi delle energie imprenditoriali già così duramente provate dalla crisi e dalla concorrenza internazionale. La cogestione dovrà essere portata avanti dalle rappresentanze direttamente elette dai lavoratori impiegati nell'azienda più che da parte di eventuali apparati burocratici dei sindacati.
La sicurezza nei luoghi di lavoro deve essere incrementata soprattutto nei cantieri edilizi e nelle attività a grave rischio, ovviamente senza introdurre un regime troppo vincolistico che penalizzi le imprese e pregiudichi la loro capacità produttiva e concorrenziale. I costi della sicurezza, di cui dovrà essere riconosciuta la piena deducibilità o detraibilità fiscale, devono essere considerati non tanto una spesa a fondo perduto, quanto un investimento per risparmiare spese assicurative e risarcitorie a carico dell'impresa e del sistema previdenziale pubblico.
Rifiutando una concezione del lavoro come merce e della forza lavoro come fattore della produzione che, in dispregio a qualsiasi considerazione di tipo sociale e umanitario, può essere spostata tra paesi e continenti senza alcun rispetto della dignità umana, deve essere assicurata una collaborazione con i paesi del terzo mondo per la risoluzione in loco dei loro problemi sociali ed economici, stabilendo un fermo argine ai flussi migratori in ingresso, peraltro assolutamente inutili in un quadro di gravissima crisi economica e di elevata sottoutilizzazione della forza lavoro nazionale. Per le lavoratrici madri deve essere previsto un congedo parentale con indennità sostitutiva dello stipendio, a carico della gestione previdenziale di competenza, pari all'80% della retribuzione fino al terzo anno di vita del bambino. Detto beneficio dovrebbe spettare a tutte le donne che decidono di non lavorare per seguire i figli fino all'età di accesso alla scuola materna (3 anni). A esso si dovrebbe affiancare la possibilità di poter conciliare i tempi di lavoro con quelli da dedicare alla cura dei figli durante la minore età di questi ultimi.
Infine, anche per quanto riguarda il pubblico impiego devono essere ribaditi i princìpi costituzionali e in particolare quelli dell'art. 97, con particolare riguardo alla regola dell'accesso esclusivamente per concorso pubblico, troppo spesso elusa o aggirata per motivi politico-clientelari. Gli obiettivi dell'imparzialità e del buon andamento della Pubblica Amministrazione, nonché la tutela della dignità e del prestigio dei pubblici dipendenti che sono la precondizione per il raggiungimento dei suddetti obiettivi, nel quadro di una politica di valorizzazione delle risorse umane della Pubblica Amministrazione, potranno essere perseguiti con maggiore efficacia nel quadro di un ritorno alla disciplina del pubblico impiego vigente anteriormente alla contrattualizzazione del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti, integralmente attuata con il D.Lgs. 29/1993 e attualmente contenuta nel D.Lgs. 165/2001. Anche nel pubblico impiego deve essere ridimensionato e ricondotto entro i suoi legittimi e naturali limiti il ruolo del sindacato, troppo spesso diventato uno strumento clientelare e di pressione politica nei confronti del datore di lavoro pubblico, con esiti assolutamente inconciliabili con i princìpi di autorità e dignità dello Stato.
In ogni caso la materia del lavoro, come ogni altro aspetto della vita nazionale, potrà essere finalmente orientata al perseguimento degli interessi della collettività, delle famiglie, dei lavoratori e delle imprese allorché l'Italia, uscendo dall'Unione Europa e dall'Eurozona, recupererà la propria sovranità, potendo così finalmente realizzare i più ambiziosi obiettivi strategici in ogni campo dell'economia nazionale.
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