EXCALIBUR 127 - aprile 2021
in questo numero

Il mondo di "ombre" attorno a Emilio Lussu

Intrecci di vita vissuta fra le riunioni sardiste

di Carlo Rossetti*
<b>Emilio Lussu</b>
Emilio Lussu
All'inizio del 1945, Emilio Lussu venne a trovare mio nonno, l'Avvocato Giuseppe Musio. Allora stava nell'appartamento in Viale Merello, 26 a Cagliari. La sua casa era in rovina, distrutta dai bombardamenti. Le esplosioni fecero girare su sé stessa la Madonna di Piazza del Carmine. Abitavano l'appartamento il Professor Mario Gozzano con la moglie, una brava stilista di Norimberga. Comprammo quindi i mobili che restarono a noi. Strano segno della storia.
Con Lussu, arrivavano altri che non ricordo. Le riunioni duravano fino a notte tarda. Disturbavano il mio sonno. Dormivo nella stanza accanto. Prima degli incontri, Lussu si intratteneva con me, con poche parole, esprimendo profezie sul mio futuro, come mi diceva mia madre. Avevo allora 3 anni, allora.
Nel 1943, nonno fu nominato dal Cnl direttore de "L'Unione Sarda", il giornale tolto al controllo di Sorcinelli, tirannico proprietario di miniere, noto avversario del generale Gandolfo e animatore delle squadre d'azione. Il nonno tornava da Viale Regina Elena, dalla sede dell'Unione, ove si stampava il giornale con i piedi nell'acqua, mio padre lo accompagnava dal Terrapieno verso casa nella notte, senza luci, percorrendo Viale San Vincenzo armato di una piccola Beretta, passando nella discesa di Piazza d'Armi, accanto alla civettuola villetta di Marcello Serra, autore di "Sardegna quasi un continente", ove si tenevano le riunioni segrete del nascente Msi. A volte una Jeep americana accompagnava il nonno e mio padre e scendeva velocissima dalla cima del Colle fino a Viale Merello. Il nonno non ha mai avuto un'auto e il viaggio in Jeep con uno scavezzacollo nero fu un'esperienza nuova.
Nel 1944, Lussu portò al nonno la prima edizione del suo libro "La catena", con la prefazione di Aldo Garosci, pubblicata dalle Edizioni U di Roma. La seconda edizione, corredata con le illustrazioni, è più nota perché donata a Benedetto Croce. Sulla prima pagina, Lussu scrisse una dedica che resta nell'opera, che ora io custodisco: «Che la libertà sia conquistata in Italia senza sacrifici è sogno di ingenui».
Nel 1945, Lussu aveva già preso un atteggiamento culturale e politico diverso da "Giustizia e Libertà", ove fu sempre, a suo modo, un eretico per la sua inclinazione verso il giacobinismo e il "social-bolscevismo", incompatibili con le tesi di Rosselli e di Spinelli.
Non cambiò idea neanche dopo il patto tra Hitler e Stalin per la spartizione della Polonia. La dedica si riferisce, forse, al programma politico che egli vagheggiava dopo il 1943. Diversamente da Rosselli e Spinelli e gli altri di Giustizia e Libertà, allontanandosi dalla loro visione della nuova Europa, che mai comprese, Lussu si mosse verso il fronte social-comunista con un nuovo partito, nell'area dove l'influenza del Pci era allora predominante.
Forse egli sperava di condurre una nuova rivoluzione in Italia. Questa volta dalla parte di Stalin, illudendosi che le sue idee autonomistiche potessero trovare albergo nella dottrina sovietica della molteplicità delle nazioni entro l'Unione sovietica, che fu sempre mera finzione. I massacri in Polonia e in Ucraina non possono essere dimenticati. Con quella scelta politica distrusse anche il Partito Sardo d'Azione. L'idea di Lussu, creare una squadra segreta di eletti per il combattimento e la rivoluzione, non piacque a Togliatti. Non dimenticava che l'eretico sardo si era legato a Giustizia e Libertà, ostile al Pci, specie dopo i massacri degli anarchici in Spagna, descritti anche da Orwell.
La visita di Lussu nel 1944 è singolare. Il nonno, quando era corrispondente del "Giornale d'Italia", descrisse la celebre riunione di Via Roma, nel vecchio cinema Olimpia. Il P.S.d'Az. doveva decidere se fondersi con il Partito Nazionale Fascista. Lussu non osteggiò il piano.
L'articolo del nonno è l'unico documento diretto che possediamo. Per i suoi programmi politici, Lussu aveva bisogno di chi non avesse seguito il regime. Il nonno apparteneva alla piccolissima schiera dei sei professionisti che mai sollecitarono la tessera del Pnf per ricavarne vantaggi e privilegi e arricchirsi. Lo fecero altri notabili, pur disponendo già di un buon reddito.
L'Avvocato Muntoni, l'Avvocato Mulas e pochi altri, amici e colleghi di lavoro, appartenevano a questo piccolissimo circolo di oppositori che il regime ha rispettato. Certo, non furono attivi come don Zedda di Oristano, che parlava benissimo l'Americano e nascondeva una radiotrasmittente nel tabernacolo dell'altare. Ma la polizia politica li seguiva e leggeva tutta la corrispondenza. Un giorno, nonno fu chiamato a spiegare perché avesse scritto, in una lettera a Lussu, che mia madre aveva la "difterite". Il termine fu intese come un codice.
Forse Lussu non sapeva che in Viale Merello, 26 si recava a far visita al cugino, il celebre Alimonda, comandante delle Brigate Nere, appena liberato dall'amnistia di Togliatti. Incontrai Alimonda spesso nelle grandi scale che conducevano al secondo piano.
Rividi Lussu, dopo il 1945, una volta. Fu quando Aldo Capitini, amico di Bobbio e Buonaiuti, celebre filosofo della pace, interprete del pensiero ghandiano, organizzò, nel 1966, un seminario a Cagliari, con un gruppo di studenti del "Movimento per la pace", nella casa di Via Cugia, appena oltre il Liceo Dettori.
Passando per l'andito scorsi, di profilo, stagliato nella penombra della sera, una lunga figura alta, sottile e scura, seduta alla scrivania, immobile, col pizzetto che risaltava nella luce tremula della finestra, come una figura diabolica. Allora incontrai Gianniccu, il figlio, oggi noto artista, che ospitò quella riunione.
Era molto attivo nel Movimento per la Pace, con Pietro Clemente, che divenne leader di Potere Operaio a Cagliari. Allora il Movimento per la Pace era guidato da un certo Cerlienko. Non si sapeva se fosse Russo o Jugoslavo.
Gianniccu era sempre molto aspro con me. Passeggiavamo per Cagliari. Scendeva da Piazza Costituzione. Da un angolo incastrato nelle vecchie mura, che gli ricordava l'assalto di Porrà e Cao al padre. Non so perché mi cercasse. Forse perché scrissi un articolo giovanile per Dessanay e Sardegna Oggi contro la manipolazione di parte della pace per mano dell'Unione Sovietica, lamentando l'assenza di visione politica e l'accento sul "fare", "agire" di quei giovani. Era anche l'idea di Guevara e di Rudi Dutsche: prima l'azione e poi la teoria. Fanon fu uno dei loro maestri.
Né Gianniccu né Clemente mi perdonarono. Clemente era già un politico smaliziato. Si scrive che abbia incontrato Giangiacomo Feltrinelli, teorico della "filosofia pratica" del terrorismo ripresa anche da Meinhoff, capo della Raf, nella sua "filosofia della prassi" anti-capitalistica. L'ombra di Feltrinelli e della sua teoria dell'azione rivoluzionaria si rifletteva direttamente e minacciosamente su Cagliari. E corrispondeva alla dottrina rivoluzionaria di Lussu. Non rividi più Gianniccu, con il suo maglione nero col collo alto, gli occhiali tondi e il sorriso sarcastico, alto e sottile come il padre. Partì per Roma. Clemente si interessava di Fanon e della rivoluzione algerina, che allora, intorno al 1966, era con Cuba uno dei temi principali del gruppo Subvervive Aktion di Dutschke a Berlino.
Nel 2017, incontrai per caso il regista Giovanni Columbu, un dirigente del P.S.d'Az., in un caffè sotto i portici di Via Roma, davanti all'Olimpia d'un tempo. Dissi che possedevo una foto originale di Lussu in divisa, presa nel 1917, con Tommasi, l'autore di Brigata Sassari. Non la conosceva, mi disse. Me ne chiese copia. La spedii a Cagliari. È un documento unico.
Riapparve in pubblico come frontespizio del Premio Lussu, vinto da un modesto scrittore di Parma, nell'estate del 2018. Destino inglorioso e beffardo come Lussu. Conobbi anche Joyce Salvadori, moglie dell'eretico sardo. Bellissima, colta e misteriosa. Aveva frequentato un corso speciale «con i sergenti inglesi», come lei ricordava, «l'unica donna». Aveva resistito ed era stata promossa dai sergenti inglesi.
Era quindi anche un agente segreto inglese in Europa negli anni della guerra. Drammatico fu l'incontro col fratello Max, che era nell'esercito inglese. Lei aveva trovato rifugio in una casa di campagna. Bussarono alla porta. Pensò che fosse giunta la sua fine. La porta si aprì ed entrò Max in uniforme dell'esercito inglese.
Fu una coppia difficile, dunque. Mi sono chiesto spesso se tenesse d'occhio il marito per l'Intelligence Service e seguisse i comunisti. Anche Joyce, forse, giunse con Lussu alle riunioni del 1944 e del 1945 in Viale Merello. Aveva studiato alla Sorbona e conosceva e amava Benedetto Croce, sebbene ne fosse critica. La vidi l'ultima volta a Cagliari in un lontano 25 aprile. Mariano Delogu, che poi divenne sindaco di Cagliari e dirigente di Alleanza nazionale, era allora schierato con gli amici di sinistra e "moderava" il dibattito su "Roma città aperta" di Rossellini. Joyce sedeva in prima fila, a lato nell'ultima poltrona, senza dire una parola. Ricordo il suo sguardo quando citai Thomas Mann per ricordare che la guerra sarebbe tornata. Nei suoi occhi si leggeva il dolore della violenza.
Col tempo, ogni cosa si è trasformata in un mondo di ombre.

* Professore all'Università di Parma e nel comitato di redazione delle riviste "Il Mulino"
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