EXCALIBUR 127 - aprile 2021
in questo numero

Vittorio Tredici: il fascista giusto

Biografia di uno dei massimi esponenti del sardismo e del sardofascismo

di Claudio Usai
<b>Vittorio Tredici</b> (Iglesias 1892-1967)
il volume di <b>Michele Citarella</b> su <b>Vittorio Tredici</b>
Sopra: Vittorio Tredici (Iglesias 1892-1967) e il volume di
Michele Citarella su Vittorio Tredici
Sotto: il Giardino dei Giusti nella collina di Yad Va Shem
il Giardino dei Giusti nella collina di Yad Va Shem
"Il sardista", "il fascista", "il tecnico", "il cattolico"; così si presenta la vita di Vittorio Tredici.
Tuttavia il primo podestà è stato molto di più: un eroe decorato che fonda il P.s.d'az. nel 1921; il sardista che aderisce al fascismo, diventando Commissario prefettizio (1924-26) e "podestà" di Cagliari (1927-28): «Due fari mi guidavano: il vicario di Cristo e il Duce».
Il "tecnico" che incentiva l'economia della Sardegna; il "sindacalista" che lotta per i minatori sardi. Il "giusto" ricordato dallo Yad Va Shem per aver salvato una famiglia di origine ebraica.
Così tante vite in una sola da raccontare.

Il Combattente e il Sardista.
Durante la Grande Guerra, Tredici combatté dal 1916 fino alla fine del conflitto: fu trasferito sul Monte Sabotino e insignito della Medaglia di Bronzo al valore: «Dimostrò in varie circostanze serenità e sprezzo del pericolo».
Eroe anche a Caporetto, dove fu promosso capitano sino all'avanzata di Vittorio Veneto. Tornato dal fronte nel 1919, aderì all'Associazione Nazionale Combattenti.
Dopo la crisi dell'Associazione, sostenne la tesi per la nascita del P.s.d'Az., guidando la sezione di Cagliari con Emilio Lussu: «Abbiamo ottenuto la vittoria: dobbiamo valorizzarla moralmente, praticamente, politicamente [...] e migliorare le condizioni generali della vita in Sardegna».
Il disprezzo per la classe dirigente isolana era evidente: «La politica [...] non era (e non è) principalmente confronto di idee ma scontro di persone» (Rigano, 2015).
Nel febbraio 1920 Tredici pubblicò "L'emigrazione in Sardegna", elencando «le qualità del carattere sardo: alto, altissimo senso di dignità umana», e auspicando che «La Sardegna fornirà la materia prima per la ricostruzione di una civiltà migliore a tutta l'Italia» (cit. Paolo Orano).
Dopo la nascita del partito fra le due fazioni, quella riformista di Bellieni e quella sindacalista rivoluzionaria di Lussu, scelse quella "nazional-tecnocratica" di Paolo Pili, incarnandone l'anima cattolica.
Di fronte alle violenze socialiste e dei fasci di Ferruccio Sorcinelli, Tredici fu per la "pacificazione nazionale", proponendo "una nuova politica" opposta alle clientele liberali. Dopo l'affermazione del P.s.d'Az. Tredici si occupò nel 1922 del problema delle cooperative di consumo e di lavoro e di difesa contro il potentato.
La Marcia su Roma lo trovò contrario, ma aderì alle trattative con Benito Mussolini. Poiché il fascismo sardo più irragionevole non cedeva, Mussolini nel gennaio 1922 inviò il generale Gandolfo, cambiando la dirigenza del P.n.f. e avviando la "fusione".
Dopo il "voltafaccia" di Lussu del febbraio 1923, i rappresentanti sardisti aderirono lo stesso alle proposte di Gandolfo.
Pochi giorni dopo si scioglievano il P.s.d'Az. e l'ala del P.n.f. contraria. Tredici divenne il vicesegretario del P.n.f. provinciale.
Per Paolo Pili, Tredici era convinto «che il sardismo poteva trovare un giusto piano di azione [...] nel fascismo».
Sulla "fusione" Tredici affermò che il fascismo era la possibilità per rinnovare in toto la classe politica sarda.

Il Fascista e il Podestà.
Dopo la visita di Mussolini in Sardegna i "coccortiani" lasciarono il potere.
Dopo la grande manifestazione fascista a Cagliari contro «l'odiata vecchia camorra», Gandolfo affidò l'incarico di Commissario Prefettizio a Tredici, già capo dell'Intendenza di Finanza.
Il P.n.f. guidato da Paolo Pili, con Tredici e vari tecnici, presentò al governo il progetto di spesa di "un miliardo" diviso in 10 annualità; Mussolini acconsentì. La cifra arrivò nel 1924 con il Dipartimento alle opere pubbliche per la Sardegna.
Il primo problema era "l'emergenza abitativa": Cagliari nel 1923 dietro lo stile "liberty" celava tutto il suo degrado sociale. Come si legge in "Due anni di amministrazione fascista della città di Cagliari" del 1925, il Comune acquistò 20 padiglioni docker (mezzo milione di lire) per 192 famiglie.
Tredici avviò anche un vasto programma di incentivi per ovviare agli alti prezzi degli alloggi. Inoltre fu creato il Credito Edilizio, che ampliò l'offerta di case a basso costo. Attraverso gli accordi con cooperative locali i dipendenti comunali diventarono soci delle stesse. I risultati stupiscono ancora oggi: 80 nuovi appartamenti già nel 1925 e altri 20 nel 1926.
Sul problema igienico Tredici decise di impedire ai bambini affetti da tracoma di frequentare la scuola, istituendo 9 classi separate. Già nel 1923 i nuovi ospedali di Villanova e Sant'Avendrace curarono a titolo gratuito i più poveri e nuove farmacie comunali garantirono le medicine. L'Ufficio sanitario municipale avviò la campagna di monitoraggio per la tubercolosi, che tra il 1912 e il 1922 aveva causato 1.300 morti nella sola città.
Nel 1926, per le case popolari Tredici stanziò 3 milioni di lire, seguiti da un prestito di 5 milioni. In Via Sonnino si demolirono i sottani, completando la scuola di Villanova e realizzando 91 aule entro il 1928.
Tredici condusse e vinse "la guerra della scabbia".
All'acquedotto non ancora completato, adibì 5 grandi cisterne per l'acqua gratuita. Altro intervento fu il progetto per un nuovo cimitero. Ai Cagliaritani, che lasciavano i rifiuti per strada (non solo allora), si ampliò il sistema della nettezza urbana, capendo come le famiglie dei sottani avessero bisogno di case più decorose. Altro obiettivo fu la costruzione di un nuovo mattatoio lontano dal centro, spostato alle ferrovie. Il podestà avviò il progetto di un nuovo mercato, mettendo ordine nel caos commerciale. Nonostante il malcontento, il Nuovo Regolamento dei civici mercati ridurrà col tempo il caro viveri.
Tredici riorganizzò anche la polizia urbana corrotta e inefficiente. Con un'azione "sardista" sciolse il corpo di polizia e mutuò la Milizia Volontaria, potenziandola fino a 100 unità, con annessi pompieri. Il problema della polvere verrà risolto anni dopo, ma Tredici ampliò il sistema dei tram fino al Campidano e fu allora che il Poetto divenne "la spiaggia dei Cagliaritani". L'area fu urbanizzata e ampliata da una strada, collegata al sistema idrico, dei rifiuti e dei servizi igienici. Infine vennero costruiti due stabilimenti balneari: nasceva "la città estiva".
Dopo 50 anni di rinvii si bonificò la spiaggia di Bonaria e grazie a Paolo Pili il porto tornò "internazionale", scalo intermedio tra l'America e l'Italia; nonostante il consenso di Mussolini, il progetto non si completò per la "fine" politica di Pili.
Nell'ottobre del 1925, Tredici rappresentò il Comune al Congresso. Per lo sviluppo economico del Mezzogiorno, presentò "Ferrovie sarde", testo sul problema delle comunicazioni e delle tratte marittime fra Cagliari, Civitavecchia, Napoli, Palermo, ecc., sui tratti ferroviari interni, la telefonia e la telegrafia, il trasporto di merci e persone.
Da cattolico prestò molta attenzione alle strutture religiose della città, fra cui prevedette il rifacimento della Cattedrale di Cagliari. La Chiesa di Sant'Agostino venne resa alle autorità ecclesiastiche e tutte le chiese della città vennero ristrutturate.
In ambito culturale promosse il manifesto "Per Sebastiano Satta poeta dei Sardi" e collaborò con l'Ente di cultura ed educazione di Putzolu.
Ultimo intervento fu il concorso bandito dal Comune per il nuovo piano regolatore. Nell'autunno del 1926, Tredici assunse la carica di presidente del Cagliari Calcio scosso da una grave crisi finanziaria (Mario Fadda, 2016).
Il 21 luglio 1928, a Tredici subentrò Enrico Endrich, che disse: «fece molto, moltissimo per lo sviluppo di Cagliari».

Il Tecnico, il Sindacalista, l'Onorevole.
Dopo le dimissioni di Pili nel 1927, finì anche l'esperienza del sardofascismo.
Tredici nel 1928 divenne segretario politico del fascio di Cagliari e nel 1929 deputato nella XXVIII legislatura. Tra i suoi interventi ricordiamo quello in favore dei coloni delle bonifiche di Terralba, ma il suo impegno maggiore sarà in favore delle miniere.
Da podestà aveva già sostenuto l'attività del sindacato di Iglesias e nel 1924 si era arrivati a un aumento salariale del 12%. In un suo articolo sul "Giornale di Sardegna", Tredici delineò la sua politica mineraria: «dare un impulso [...] alla produzione se non quando l'industria mineraria sarda possa trasformare [...] sul posto [...] i minerali grezzi in metalli», sviluppando il credito minerario come garanzia per la metallurgia.
Nel 1931 fu nominato segretario dell'Unione provinciale dei sindacati fascisti dell'Industria di Cagliari e da deputato propose di rilanciare la ricerca di materie prime per individuare nuovi giacimenti; attraverso la creazione di un nuovo ente specifico. Bisognava aumentare gli organici degli uffici minerari e creare un Istituto di Credito minerario, formando infine un "grande sindacato delle miniere". Dopo la crisi del '29 che colpì la Sardegna nel '31, solo un imponente intervento dello Stato poteva salvare l'industria estrattiva. Nel 1932 il governo intervenne con il blocco dei licenziamenti, che non bastò a ridurre i danni. Per questo il 28 ottobre Tredici diventò segretario dell'Unione provinciale dei sindacati dell'Industria, affermando come la crisi avesse decretato la fine del "sistema democratico capitalistico". La sua attività fu sempre improntata verso la collaborazione e l'attenzione nei confronti del settore assistenziale per i lavoratori.
Dopo la sua morte, un lettore dell'"Unione Sarda" scriverà che Tredici devolveva il suo assegno per l'incarico da sindacalista alle famiglie degli operai bisognosi e disoccupati. Per risolvere la situazione della miniera di Montevecchio in stato di fallimento, tornò sulla sua proposta per il Credito minerario. Tredici criticava il "Sistema Bedaux": cronometrare ogni fase di lavoro, eliminare i tempi morti e incentivare al massimo la produzione; per lui era una pratica che «fa retrocedere l'umanità nell'ordine civile».
L'altro settore legato a quello minerario era quello dei lavori pubblici; per Tredici «una delle fonti di maggiore attrazione per l'impiego della mano d'opera disoccupata». Su questo ebbe il coraggio di denunziare la corsa al ribasso nelle gare d'appalto, accusando i privati di violare i rapporti contrattuali.
Altro settore che occupò l'attività di Tredici, come segretario del Consorzio obbligatorio, fu quello della pesca isolana, definita "medievale" perché praticata con metodi dolosi (dinamite e avvelenamento delle acque); per Tredici bisognava modernizzare «tutta intera l'attrezzatura dell'industria».
Riguardo il tema della disoccupazione, Tredici propose la riduzione della settimana lavorativa a 40 ore, turni di lavoro anche per la mano d'opera specializzata, regolamentazione del lavoro delle donne e lotta al lavoro minorile, riduzione del lavoro straordinario e l'utilizzo delle macchine. Dopo l'aggravarsi della crisi della miniera di Bacu Abis nel 1933, Tredici fu nominato amministratore all'esercizio provvisorio della miniera, senza stipendio. In buona sostanza salvò il lavoro degli operai e la miniera, rilevata poi dalla Società carbonifera sarda. L'azienda agraria annessa fu rilevata dall'Ente di Bonifica e i minatori vennero tutti reimpiegati. Quando la questione dei disoccupati fu risolta, Tredici si era già dimesso dall'ente «per uniformarsi al divieto di cumulo delle cariche».
Nel 1934 Tredici fu confermato deputato, entrando nel sistema delle corporazioni, le nuove strutture di conciliazione fra capitale e lavoro. Tredici fece parte della Corporazione delle industrie estrattive, rappresentante dei lavoratori dell'industria dei metalli. In definitiva il suo fascismo fu per la collaborazione fra le classi e di alleanza fra cattolici e fascisti.
Nella seconda metà degli anni '30 Tredici diventò una personalità di livello nazionale: la sua attività entrò nel grande progetto delle attività produttive autarchiche. Nel 1935 fu nel consiglio di amministratore dell'Azienda Carboni Italiani. Nel 1936 diventò presidente dell'Azienda Minerali Metallici, incontrando il Duce il 24 aprile per consegnare i progetti e ricevere istruzioni; per questo motivo si trasferì a Roma. L'ente aveva il compito di seguire il "programma economico di utilità pubblica". Esso si prefiggeva di passare dalla ricerca di minerali alla produzione, cercando di colmare il fabbisogno nazionale.
I risultati della ricerca di minerali furono considerati "notevoli e insperati". In breve l'Ente aveva rilevato una serie di società delle quali Tredici assunse il controllo: manganese, stagno, miniere e fonderie, altri di nichel e metalli nobili, ecc.
Nel luglio del 1938 venne nominato presidente dell'Ufficio metalli nazionali, per il piombo e lo zinco. Fu anche nominato vicepresidente della Corporazione delle industrie estrattive nella XXX Legislatura e nel Consiglio Superiore delle miniere presso il Ministero delle Corporazioni.

Il Cattolico e il Giusto.
Scaduto il mandato di presidente dell'Ufficio metalli nazionali, nel 1939 si aprì una nuova fase storica. L'Italia si avviava a entrare in guerra al fianco della Germania.
Tredici rimase parlamentare fino al 1943. Pur essendo convintamente e coerentemente fascista fino alla fine dei suoi giorni, come moltissimi fascisti fu contrario alle leggi razziali del '38 contro gli Ebrei. Da cattolico praticante e iscritto all'Azione Cattolica frequentò la chiesa di Santa Lucia a Roma, guidata dal suo amico parroco, Ettore Cunial, aiutando molti perseguitati durante l'occupazione tedesca.
Il 16 ottobre, al rastrellamento nazista di via Sabotino sfuggì la famiglia dei Funaro: prontamente avvertita riuscì a salvarsi dalla cattura.
Il portiere li nascose tutti, avvertendo poi Tredici, che infine li ospitò in casa sua. Con l'aiuto dell'ex podestà e grazie ai suoi contatti con varie parrocchie portò la moglie e il figlio in un istituto di suore. Rodolfo, il padre Vittorio e la madre Ester Gay furono trasferiti in altra parte.
Tredici collaborò e salverà molti altri ricercati.
Dopo la fine della guerra fu soggetto a un processo di epurazione: dopo l'arresto i Funaro si sdebitarono, andando a testimoniare in suo favore.
Tredici morì a Roma nel 1967.
La storia del podestà fascista e "giusto" è conclusa.
Bibliografia.
- Citarella Michele, "Vittorio Tredici - il fascista perfetto che salvò gli Ebrei", Tra le righe Libri;
- Endrich Enrico, "Cinquant'anni dopo", Valdes - Cagliari, 1985;
- Fadda Mario, "La Vera Storia della maglia del Cagliari", CreateSpace Independent Publishing Platform - 2016;
- Gentile Emilio, "Combattentismo e fascismo nell'Italia del dopoguerra", in "Il Sardo-Fascismo, fra politica, cultura, economia", Convegno studi - Cagliari, Atti, Ed. Fondazione Sardinia, 26-27 novembre 1993;
- Ortu Leopoldo, "Il sardofascismo nelle carte di Paolo Pili. Contributo per una storia della questione sarda", Archivio Storico Sardo, vol. XXXVI - 1989;
- Pili Paolo, "Grande Cronaca, minima storia", Società Industriale italiana - 1946;
- Rigano Gabriele, "Il Podestà 'Giusto d'Israele' - Vittorio Tredici, il fascista che salvò gli Ebrei", Guerini Studio;
- Sechi Salvatore, "Dopoguerra e fascismo in Sardegna: il movimento autonomistico nella crisi liberale (1918-1926)", Einaudi - Torino, 1969;
- Tredici Vittorio, "L'emigrazione in Sardegna" - Cagliari, 1920.
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