EXCALIBUR 128 - maggio 2021
in questo numero

"Il sentimento della nazione" di Antonello Angioni

Una dettagliata storia delle cosiddette classi subalterne

di Angelo Abis
<b>Antonello Angioni</b>, 'Il sentimento della nazione. Riflessione sull'autonomismo sardo' (Gia Editrice Carbonia, aprile 2021, 22 euro)
Sopra: Antonello Angioni, "Il sentimento della nazione.
Riflessione sull'autonomismo sardo" (Gia Editrice
Carbonia, aprile 2021, 22 euro)
Sotto: una classica rappresentazione dei "Shardana"
una classica rappresentazione dei 'Shardana'
Fresco di stampa un corposo volume di Antonello Angioni dal titolo: "Il sentimento della nazione. Riflessioni sull'autonomismo sardo", edito dalla Gia Editrice del valente Dott. Giorgio Ariu.
Penso sia inutile qui ricordare chi è Antonello Angioni, visto che da quasi un anno è un prolifico e puntuale collaboratore di Excalibur.
Voglio solo aggiungere che Antonello, culturalmente parlando, ipotizza una presa di coscienza della diversità e della specificità dell'etnia sarda da parte dei gruppi dirigenti locali, benché subalterni alla potenza straniera dominante di turno, già a partire dal declino del Giudicato di Arborea e all'instaurarsi della potenza prima aragonese e poi spagnola.
Tesi, a mio avviso, solo parzialmente valida, perché quei piccoli gruppi ancorché ben intenzionati, non godevano, se non in misura molto limitata, dell'appoggio della popolazione sarda, il cui orizzonte etnico e politico fino agli anni 20 del secolo scorso, non andava oltre il proprio villaggio, tanto è che l'abitante di un paese distante anche solo pochi chilometri dal proprio veniva definito in lingua sarda "istrangiu" (straniero).
Il Sardo va oltre la dimensione del proprio villaggio quando nelle trincee del Carso scopre che il proprio vicino parla la sua stessa lingua, ha la sua stessa forma mentis, condivide la stessa cultura popolare. È solo da allora che, a mio avviso, possiamo parlare di una acquisita coscienza da parte della popolazione della dimensione regionale della propria sardità e di converso del desiderio di autonomia della neonata classe dirigente, per la prima volta nella storia dell'Isola completamente autoctona.
Il che ovviamente nulla toglie alla ricerca di Antonello, che individua nella storia dei Sardi una costante autonomista, intesa come volontà di far valere le proprie ragioni e tutelare i propri interessi nei confronti della potenza dominante.
Volontà che necessariamente non va vista come una contrapposizione radicale al dominatore di turno, ma che si esplica in una dialettica che oggi definiremo "costituzionale", fatta di estenuanti interlocuzioni, di compromessi e talvolta anche di rinunce, ma coronata anche di successi, in ogni caso ben più proficua di una contrapposizione frontale con dei poteri esterni, la cui forza era incommensurabile rispetto a quella dei maggiorenti sardi.
E, dato ancora più eclatante, le ragioni e gli interessi dell'Isola trovano tutela anche da parte di esponenti delle cosiddette classi dominanti, che, evidentemente, col passare del tempo si sono in qualche misura "sardizzate".
Qui sta l'originalità della risultanza della ricerca di Antonello, molto più articolata e complessa di quanto lo sia la corrente di pensiero tutt'ora prevalente che vede la storia della Sardegna come una lotta tra potenze straniere sfruttatrici e il popolo sardo sfruttato e colonizzato. Ma il volume "Il sentimento della nazione" non ha solo una valenza storica, bensì una anche strumentale e pedagogica.
Per intenderci sa molto di "libro bianco", cioè di quelle pubblicazioni che le cancellerie commissionano agli studiosi in appoggio alle proprie tesi in ordine a un contenzioso internazionale. Celebre fu, negli anni '60, il libro bianco predisposto dal grande storico della politica e dei trattati internazionali, Prof. Mario Toscano, in supporto al governo italiano nel contenzioso con l'Austria per il problema dell'Alto Adige.
In sostanza Antonello prospetta all'attuale classe dirigente sarda, non solo politica ma anche intellettuale, artistica ed economica, una visione diversa dell'autonomia, non concepita più come strumento "difensivo", cioè di salvaguardia del patrimonio etnico, culturale, storico e linguistico del popolo sardo, bensì come strumento dinamico e direi offensivo, che accetta la sfida del confronto e della contaminazione con gli altri popoli.
Non più dunque "autarchia" e chiusura in sé stessi, bensì esportazione in tutto il mondo dei propri beni materiali e soprattutto immateriali: letteratura, arte, storia, visione del mondo e della vita.
Progetto moderno e avveniristico, certamente!
Eppure alcune migliaia di anni fa il favoloso popolo dei Shardana non se ne stette certo chiuso in casa, ma con le proprie navicelle contaminò e si fece contaminare da tutte le grandi civiltà che allora si affacciavano sul Mediterraneo.
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