EXCALIBUR 135 - dicembre 2021
in questo numero

Il mito controverso dell'ex ministro Mario Scelba

La parabola della sinistra italiana: Scelba, da prototipo dell'assassino dei comunisti a faro guida dell'antifascismo

di Angelo Abis
l'On. <b>Mario Scelba</b> nel suo studio
manifesto del Pci contro di lui del 1950
Sopra: l'On. Mario Scelba nel suo studio e
manifesto del Pci contro di lui del 1950
Sotto: reparto mobile della P.S.
reparto mobile della P.S.
Mario Scelba da qualche anno è molto in voga nella sinistra antifascista per via della legge che porta il suo nome e punisce l'apologia di fascismo. Paradossi della storia. Mai e poi mai il Ministro degli Interni più duro nella repressione anti-operaia che ci sia mai stato avrebbe immaginato di vedersi esaltato da quelli ai quali abitualmente faceva sparare addosso senza pensarci su due volte. Per Scelba il pericolo era quello rosso.
Segretario di don Sturzo, amico di De Gasperi, che lo nominò Ministro degli Interni nel 1947, Scelba restò in carica fino al 1955, con un breve intermezzo tra il luglio 1953 e il febbraio 1954. Anche quando si ritrovò per pochi mesi Presidente del Consiglio mantenne l'interim del Viminale.
La figura di Scelba è soprattutto legata alla funzione che, secondo lui, la polizia avrebbe dovuto avere non solo e non tanto in difesa delle istituzioni democratiche, quanto nel prevenire e nel reprimere il moto rivoluzionario del Pci, che egli considerava possibilissimo soprattutto dopo lo scoppio della cosiddetta "guerra fredda" tra l'Unione Sovietica e gli Usa.
La polizia italiana si trovava nel dopoguerra in una situazione disastrosa.
Già il governo resistenziale presieduto da Ferruccio Parri, nell'autunno del '45, aveva provveduto a epurare quel poco che era rimasto dell'efficientissima polizia fascista: su 30 mila dipendenti indagati furono deferiti alla commissione per l'epurazione circa 700 tra impiegati e funzionari e 9 mila ufficiali e sottufficiali. In compenso furono immessi in servizio senza alcuna formalità circa 20 mila ex partigiani, per lo più comunisti delle ex brigate "Garibaldi".
La situazione non cambiò di molto con i successivi governi del Cln guidati da De Gasperi, con Ministro degli Interni prima lo stesso De Gasperi e poi il socialista Romita, il quale tentò in qualche modo di regolarizzare la posizione degli ex partigiani, istituì i cosiddetti reparti mobili della celere, addetti esclusivamente all'ordine pubblico, ma mantenne sempre un atteggiamento di diffidenza e di ostilità nei confronti dell'Arma dei Carabinieri, ritenuta poco fedele ai governi del Cln.
Quando nel febbraio del '47 Scelba si installò al Viminale, la situazione dell'ordine pubblico era assai grave: pesavano situazioni quali il movimento armato siciliano guidato dal bandito Giuliano, la diffusa occupazione delle terre un po' in tutta Italia a opera dei braccianti agricoli guidati dalla Cgil, le difficoltà a recuperare il gran numero di armi ed esplosivi occultati soprattutto nel centro-nord a opera di ex partigiani comunisti, il persistere di continue aggressioni e omicidi nei confronti di ex fascisti, soprattutto nel Nord, nel famigerato triangolo della morte.
A fronteggiare questa situazione forze dell'ordine ridotte all'osso, male armate, male equipaggiate e sottopagate. E, per quel che riguardava la polizia, inquinata da migliaia di ex partigiani con nessuna capacità professionale, restii a prendere ordini e per giunta in combutta con quelle forze che avrebbero dovuto combattere.
Tant'è che Scelba ebbe a scrivere a un amico che, se fosse stato comunista, non avrebbe avuto remore a fare subito la rivoluzione. Malgrado ciò, nella prima fase del suo operato non trovò difficoltà nel trattare con i comunisti e i socialisti. Ma le cose incominciarono a cambiare quando, nel giugno del '47, De Gasperi fece un nuovo governo estromettendo dallo stesso i comunisti e i socialisti senza che questi, peraltro, dessero eccessivo peso al fatto. Ci fu però, nel mese di settembre, una dura presa di posizione del neo costituito Kominform (l'internazionale comunista), che rimproverò il Pci di non aver reagito alla sua cacciata dal governo.
A partire dalla fine del mese di ottobre la situazione incominciò a peggiorare, soprattutto in Lombardia, con bande di militanti di sinistra, fra cui la famigerata "volante rossa", che si macchiarono di azioni violente, sequestri di persona e omicidi. Il tutto culminò, nel mese di novembre, con l'occupazione della Pprefettura di Milano da parte di gruppi partigiani guidati dal leader del Pci Giancarlo Pajetta.
Scelba corse subito ai ripari: istituì una commissione per il riordino delle forze di polizia, di cui chiamò a far parte Guido Leto, Gesualdo Barletta, Saverio Polito, Ciro Verdiani. Tutti, caso strano, ex funzionari dell'Ovra. Di seguito richiamò in servizio, con cartolina di precetto, tutti gli epurati dell'ex milizia fascista e della polizia di Salò.
Iniziò una vasta opera di epurazione di tutti gli elementi ex partigiani e di sinistra. Seguirono poi altri provvedimenti del governo, rimasti in vigore sin oltre gli anni Sessanta, quali il licenziamento degli operai comunisti da tutti gli arsenali e gli stabilimenti militari, il non accesso alle forze dell'ordine e alle forze armate di tutti coloro che non solo erano di sinistra, ma avevano anche parentele strette con elementi della stessa.
Nel breve periodo che va dal luglio del '47 al gennaio del '48 le forze di polizia passarono da 40 mila unità a 70 mila, che, unite alle 79.500 unità dei carabinieri e ai 45 mila finanzieri, fanno un totale di 194.500 uomini: 70 mila in più che nel periodo fascista!
Fu anche notevolmente migliorato l'equipaggiamento e l'armamento. Le cosiddette unità mobili (la famigerata celere) moltiplicate di numero, furono interamente motorizzate e fornite di mezzi blindati.
Il tutto comportò un aumento del bilancio del Ministero degli Interni del 50%.
Con questo efficientissimo apparato Scelba affrontò situazioni di ordine pubblico al limite dello stato preinsurrezionale, quali furono le elezioni politiche del 18 aprile del '48 e soprattutto la rivolta a seguito dell'attentato al segretario del Pci Palmiro Togliatti.
Ma Scelba usò il pugno di ferro anche per situazioni non certamente pericolose.
Per dirne una, proibì che a Milano la celebrazione del 25 aprile del '48, con la partecipazione dei massimi esponenti della resistenza quali Ferruccio Parri e Luigi Longo, avvenisse all'aperto, ma la confinò all'interno del Castello Sforzesco.
Alla fine della manifestazione i partigiani abbozzarono un corteo pacifico, ma furono duramente caricati dalla polizia, tanto che ci scappò pure il morto.
Nel 1955, la segreteria del Pci pubblicò un riepilogo della repressione messa in atto da Scelba per il periodo 1948-1954: «148.269 arrestati o fermati per motivi politici, di cui l'80% comunisti, 61.243 condannati per complessivi 20.426 anni di carcere (con 18 ergastoli), di questi il 90% è comunista. Nello stesso periodo in 38 provincie del Nord vengono arrestati 1.697 partigiani di cui 484 condannati a 5.806 anni di carcere. Negli scontri di piazza tra polizia e manifestanti si registrano 5.104 feriti di cui 350 da armi da fuoco e 145 morti«. Dati esagerati, pura propaganda? Non proprio.
Lo stesso Ministero degli Interni certifica, per il solo periodo 1 gennaio 1948 - 30 giugno 1950, 34 morti (28 comunisti), 695 feriti (572 comunisti), 13.609 arrestati (10.728 comunisti).
Per venire alle cose di casa nostra, Scelba non trascurò neppure la Sardegna, che pure era considerata una regione relativamente tranquilla ma che aveva due zone rosse molto turbolente; il Sulcis con epicentro Carbonia e l'Iglesiente con epicentro Guspini. A Carbonia la violenza comunista raggiunge il suo culmine il 29 gennaio 1947, quando una folla di lavoratori cinge d'assedio Villa Sulcis, sede della direzione della Carbonsarda, disarma i carabinieri che la presidiavano e, dopo aver invaso gli uffici, obbliga il direttore Rostanda a raggiungere il Comune dove, alla presenza del sindaco Renato Mistroni, del segretario della Camera del lavoro, Antonio Selliti, e del Comitato di agitazione, viene costretto a sottoscrivere un documento dove dichiara di approvare le richieste del Comitato, di fronte alle forze dell'ordine attonite e impotenti. La stessa notte del 29 gennaio, Carbonia fu circondata da ingenti contingenti di polizia e carabinieri e, pare, anche dell'esercito. Si procedette a decine di perquisizioni, furono arrestate 21 persone, imputate di istigazione a delinquere, molte altre si resero latitanti.
Poi, ci fu il fatidico 14 luglio 1948, quando lo studente siciliano Antonio Pallante ferì con tre colpi di pistola il segretario del Pci Palmiro Togliatti. A Carbonia, ci fu un comizio in cui parlarono il sindaco Mistroni, il segretario del Psd'Az. locale, Silvio Lecca, e il segretario della Camera del lavoro Sellitti. Non pronunciarono parole dolci, visto che in seguito furono incriminati e condannati per istigazione a delinquere. Dopo il comizio, un corteo di 4-5 mila persone si diresse in Corso Iglesias presso la sede del Msi con intenti non certo pacifici. Dalla sede uscì Sebastiano Pomata, un ex combattente della Rsi, pistola in pugno, che sparando alcuni colpi in aria causò un fuggi fuggi generale. Prima che i comunisti si riprendessero, Pomata fu caricato su una camionetta dei carabinieri e portato in salvo.
I comunisti si rifecero su un presunto missino, un certo Cresci, bastonandolo a sangue. Ma la cosa non finì li. Gruppi di facinorosi devastarono e incendiarono le sedi delle Acli, dell'Azione cattolica, del Partito Socialdemocratico. La risposta delle autorità non fu, come nel 1947, immediata. Si fece attendere e non colpì nel mucchio. Il 27 e il 28 agosto furono arrestati 12 dirigenti della Cgil e del Pci, fra cui il sindaco Mistroni e il segretario della Camera del lavoro Selliti, che, resisi latitanti, furono fatti espatriare in Cecoslovacchia. Il 2 settembre venne arrestato il segretario (lussiano) del Psd'Az. Lecca. Nel dicembre 1949 la Corte di Assise di Cagliari riterrà responsabili di quei fatti 44 persone, condannandole a un totale di 108 anni di carcere.
In seguito a questi fatti incresciosi, Scelba inviò a Carbonia un forte reparto celere con a capo il commissario Giovanni Pirrone, ex questore di Sondrio, comandante di una Brigata nera durante la Rsi, condannato a trent'anni per collaborazionismo poi amnistiato e riammesso in servizio. Pirrone passò alla storia per il trattamento rude che esercitò sui compagni, non risparmiando neppure esponenti di spicco come il senatore Velio Spano e il consigliere regionale Dessanay. A Guspini, un grosso centro minerario sotto completo controllo del Pci, le violenze erano all'ordine del giorno e culminarono nell'agosto del '47 con l'uccisione, nella piazza centrale del paese, del Dott. Antonello Murgia, direttore del laboratorio di igiene e profilassi della Provincia di Cagliari e noto ex esponente fascista. Per sistemare le cose nella zona, Scelba nominò commissario della P.S. del circondario di Iglesias il Dott. Michele Savastano, ex commissario dell'Ovra di Cagliari, noto per i suoi metodi non proprio ortodossi con i quali procedeva agli interrogatori. Tali metodi utilizzò anche a Guspini per scovare l'assassino del Dott. Murgia e i suoi mandanti. Per farla breve finirono in carcere tutto lo staff del Pci del paese con in testa il sindaco Saba.
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