EXCALIBUR 137 - febbraio 2022
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I profondi legami fra fascismo e sardismo

Uno dei primi numeri della rivista 'Sud Est'
Uno dei primi numeri della rivista "Sud Est"
Il lavoro di Abis e Serra costituisce quindi un contributo fondamentale alla conoscenza di idee, progetti, interessi culturali, aspirazioni artistiche e persino sentimenti che caratterizzarono un periodo durato poco meno di dieci anni e vedendo coinvolti soprattutto dei giovani che avevano in prevalenza un'età compresa tra i venti e i trent'anni, figli del pensiero del Novecento, un secolo inquieto, denso di pulsioni e aspettative, ma segnato anche da gravi errori.
Sono giovani che, dopo aver maturato la propria formazione politica e culturale nel Guf cagliaritano, nel dopoguerra diventeranno "classe dirigente" (ancorché, talvolta, di opposizione). Al riguardo la premessa al libro ricorda Renzo Laconi, Sebastiano Dessanay, Umberto Cardia e il già menzionato Luigi Pirastu, che andranno a formare l'ossatura del Pci sardo. Si tratta di politici strutturati, rigorosi, con idee chiare e programmi definiti. Soprattutto si tratta di personalità in grado di agitare la questione sarda nell'ambito delle grandi questioni nazionali e nell'orizzonte mediterraneo, secondo orientamenti di pensiero già emersi nella rivista "Sud Est".
Qui dovrebbe innervarsi un lungo e complesso discorso su quel movimento politico e culturale, definito "sardo-fascismo", che ha costituito oggetto di approfonditi studi: al riguardo va ricordata l'infaticabile opera di Salvatore Cubeddu, che, con la "Fondazione Sardinia", organizzò nel 1993 un apposito convegno di studi i cui atti sono poi stati pubblicati dalla medesima Fondazione.
Il termine "sardo-fascismo" - secondo l'accezione storiografica più recente - sta a indicare la particolare connotazione che assume il fascismo sardo allorché si verifica, nel 1923, la cosiddetta "fusione", cioè la confluenza di gran parte dei quadri sardisti nel partito fascista. Tale termine implica anche un ribaltamento pressoché totale delle interpretazioni storiche sul fascismo in Sardegna, quasi tutte costruite sul dogma del fascismo come "fenomeno d'importazione" del tutto estraneo alla cultura sarda. In realtà, così non è.
La peculiarità del fascismo "sardo" la ritroviamo riflessa anche nel Guf cagliaritano e nella sua rivista proprio grazie alla componente umana, vale a dire a quel travaso di uomini e di idee che si verificò, in particolare nel 1923-24, dal movimento sardista al fascismo e che poi darà un carattere peculiare al fascismo sardo dal punto di vista ideologico e culturale. Questa specificità si trascinerà per tutto il ventennio, sino alla caduta del fascismo.
A fianco della confluenza tra fascismo e sardismo, che si verifica in termini più generali e riguarda l'azione politica nel suo complesso, si assiste anche a un'adesione pressoché totale degli studenti universitari al fascismo: sono loro ad auspicare un cambio di direzione più radicale, una rivoluzione anti-borghese, anti-capitalista e anti-conservatrice. Questo spirito libertario, l'abitudine al dialogo e alla dialettica, porterà molti di quei giovani, nell'immediato dopoguerra, a schierarsi con le forze progressiste, in particolare di matrice comunista ma anche cattolica (di un cattolicesimo intransigente, limpido, lontano dai calcoli di bottega).
Diversi sono stati i fattori che hanno favorito questa direzione di marcia: sicuramente l'autonomia della rivista "Sud Est" e il suo orientamento sardista. Al riguardo, gli autori evidenziano il fatto che, a partire dal 1934, vale a dire proprio quando nasce "Sud Est", l'incarico di segretario provinciale del Pnf era ricoperto dall'avvocato Enrico Endrich, che, «oltre a provenire dal Psdaz, è un uomo colto e di grande apertura mentale». Il suo vice era Paolo Loy, che, per ben dodici anni, non solo sarà segretario del Guf cagliaritano, ma seguirà direttamente le vicende redazionali di "Sud Est".
È dall'intreccio di questi fattori che si sprigiona la forza creativa di "Sud Est": un unicum nel vastissimo campo della pubblicistica cui diedero vita i Guf a livello nazionale. Un unicum che - come evidenziano gli autori - deve essere scandagliato «non solo per capire il passato, ma anche per indagare, senza atteggiamenti pregiudiziali e aprioristici, lo sviluppo artistico e culturale della Sardegna nella seconda metà del novecento»
Infatti la rivista dedica una particolare attenzione alle arti figurative, alla musica e al cinema.
Dunque sono i giovani universitari a tenere ben salda la barra del timone del cambiamento e, con i giovani, il fascismo crea il mito della "giovinezza", che non è solo uno slogan ma una vera e propria weltanschauung. E non è un caso che l'inno ufficiale del partito si intitoli proprio "Giovinezza". Quella volontà di cambiamento, quelle nuove concezioni di vita, affondano le proprie radici nell'esperienza della trincea, nel combattentismo rivoluzionario che si organizza nell'immediato dopoguerra: movimento questo che, del resto, accomuna sardismo e fascismo.
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