EXCALIBUR 138 - marzo 2022
nello Speciale...

Uno sguardo oltre

guerra in Ucraina, chi sale e chi scende
Sopra: guerra in Ucraina, chi sale e chi scende
Sotto: petrolio o guerra, è tutto un incendio
petrolio o guerra, è tutto un incendio
Oltre l'Ucraina, un'occhiata al mondo ci rende scettici.
Comunque andrà a finire, di questa guerra resteranno solo macerie.
Considerando che la tv non conta più se non per le immagini spietate che offre della guerra, con i suoi "esperti" che prima sapevano tutto sul Covid e ora sanno tutto sull'Ucraina, la lettura dei giornali nell'analisi delle organizzazioni sul campo e dei leader che si sono alternati sul palcoscenico, in qualche modo sembrerebbe indurre a un temperato ottimismo.
Come in tutte le contese ci saranno vinti e vincitori, anche se l'appartenenza a una categoria o a un'altra dipende sempre dal quadrante nel quale ci si posiziona.
Tra i vincitori ci sono indubbiamente Macron e Biden.
Emmanuel Macron si è mosso bene come presidente di turno del Consiglio Europeo, pacato e deciso: è tra i vincitori non tanto per i risultati raggiunti - pochi come tutti - ma perché i 5-6 punti di vantaggio su Marine Le Pen per le prossime elezioni presidenziali francesi sono diventati più di 15. Conferma presidenziale assicurata ad aprile e ottime prospettive per le legislative di giugno.
Joe Biden, al di là delle intemperanze verbali e gli insulti, non certo degni del presidente di una grande nazione, ha minacciato molto, sapendo comunque che oltre alla valanga di dollari che ha elargito poteva fare ben poco. Oltre alla risalita del suo indice di gradimento presso i cittadini americani (mai così basso), anche Biden forse si è assicurato un discreto vantaggio per le prossime elezioni di metà mandato. A meno che, da qui all'8 novembre, non si venga a scoprire che l'Ucraina era solo la prova di una scena futura.
Olaf Scholz, cancelliere tedesco, ha mostrato equilibrio e saldezza nei suoi interventi, ha sdoganato ingenti risorse per la difesa militare della Germania, portando dalla sua parte tutti i colori della sua variopinta coalizione. Un grande successo. È sicuramente uscito dalla grigia ombra nella quale sembrava destinato dopo il cancellierato di Angela Merkel.
Restano gli altri leader europei: Boris Johnson, anche lui determinato e deciso, anche per far dimenticare i suoi problemi interni e comunque sempre a rimorchio di Biden. Gli altri: Draghi, Sànchez e non so chi, non pervenuti. Assenti dalla scena.
La Nato ha fatto la sua parte: non è stato attaccato nessun paese aderente alla coalizione, quindi - osservando strettamente articoli, commi e codicilli del Trattato - oltre alle consuete dichiarazioni di rito e all'invio non troppo palese di un po' di armi, nessuna azione.
L'Europa se ne va in giro a petto in fuori aspettando almeno una medaglia: compattezza nelle decisioni, unità di intenti, una decisa svolta sulla futura difesa europea, i populisti tutti o quasi convertiti, l'unico sovranismo vincitore è quello europeo.
Poi si deve osservare che mentre i paesi europei offrono armi all'Ucraina, gli stessi paesi europei offrono soldi alla Russia attraverso il petrolio e il gas, in modo che la Russia possa continuare ad armarsi.
Un breve inciso sulla ipotizzata "difesa europea", al di là delle scelte future su che armi, quanti soldati e dove (oltre ai rapporti da stabilire con la Nato): le decisioni su un eventuale intervento saranno prese all'unanimità o a maggioranza? Semplice o qualificata? Si farà anche un referendum? È paradossale parlare di "difesa comune" (ora si ipotizzano 5 mila uomini a partire dal 2026) quando non si ha neanche una "politica estera" comune.
Abbandoniamo l'Occidente e spostiamoci a est.
Recep Tayyip Erdogan si è districato molto bene, considerando le contraddizioni apparenti: fornitore di formidabili droni Bayraktar all'Ucraina, chiusura del Bosforo e dei Dardanelli alle navi da guerra russe in ossequio alla vetusta Convenzione di Montreaux del 1936, ma allo stesso tempo legato strettamente a Putin e a Mosca, tanto da decidere di non applicare le sanzioni occidentali.
Ha ripetutamente ospitato e mediato tra le due fazioni, senza sbilanciarsi in atteggiamenti e giudizi avventati.
Idem per Naftali Bennet e il suo piccolo Israele, pieno di Ucraini e Russi (oltre 1 milione): pur condannando l'invasione dell'Ucraina, sa che la Russia è necessaria per tenere a freno la masnada (Siria, Iran, Hezbollah, Hamas) che continuamene preme sui suoi confini, pronta ad azzannare se qualcuno molla il guinzaglio.
E veniamo al grande impero lontano, ma sempre più vicino e presente: la Cina.
Xi Jinping ha osservato tutto l'accaduto con grande interesse, dispensando dolcissime banalità.
Ci si arrovella se sapesse o meno dell'invasione quando ha incontrato Putin, come se questo fosse un fatto importante. A meno che qualcuno non pensasse che - informato da Putin - avrebbe potuto pubblicare un post su Facebook.
Ha detto che «i confini non si toccano» (chissà se si riferiva all'Ucraina), ma ha sempre posto il veto sulle decisioni e risoluzioni dell'Onu e di altri consessi contrarie alla Russia.
Ha detto che non manderà armi a Putin, ma aiuti alimentari e logistica leggera. E - attraverso l'attuale gasdotto "Power of Siberia" e il futuro "Soyuz Vostok" - compra e comprerà il suo gas.
Ma credo abbia osservato attentamente le dinamiche in campo. La Russia si mangerà un pezzo di Ucraina vantando diritti più o meno reali e l'Europa, la Nato, gli Stati Uniti hanno ringhiato ma non sono intervenuti.
Sono solo le prove generali per l'annessione di Taiwan.
Quando questo avverrà, prima o poi, pensate che qualcuno - gli Stati Uniti - interverrà militarmente? Io penso di no. Ed eventuali sanzioni saranno punture di spillo sulla pelle di un mastodonte.
Dopo l'Afghanistan tutti hanno compreso che difficilmente gli Stati Uniti rischieranno di veder tornare i propri soldati dentro bare di zinco, ovunque nel mondo.
E veniamo a lui, Putin.
La sconfitta di Putin coinciderà con il ritiro delle sue truppe, ma si terrà la Crimea e tutto il Donbass, sulla carta ancora territorio dell'Ucraina o forse repubblica autonoma, ma di fatto sarà un pezzo di Russia incuneato in Europa.
È questa una sconfitta?
Sul fronte interno non credo cambierà niente. Ogni tanto noi occidentali scopriamo che il popolo russo appoggia Putin più di quanto i nostri media facciano capire e che essi hanno fame d'altro, non di democrazia, che per secoli è stata esclusivo retaggio occidentale.
Putin non ha avuto paura dell'adesione dell'Ucraina alla Nato e dei suoi missili: ha già quelli virtuali delle nazioni baltiche abbastanza vicini. È lui, Putin, che ha paura della democrazia e del suo contagio.
Solleviamo un attimo lo sguardo dagli attori di questo dramma e osserviamo il mappamondo.
La Russia che stiamo cercando di respingere da un piccolo pezzo della nostra Europa, di fatto esercita la sua egemonia su tutta l'Asia Centrale, ha ormai un saldo potere in Medio Oriente dal quale era scomparso, mentre ora è un protagonista insostituibile, diverse parti dell'Africa hanno legami strettissimi con il grande Orso.
Regimi democratici nel mondo? Se pensiamo alla Siria di Assad che doveva scomparire ma è ancora lì, alla Turchia, all'Arabia Saudita, all'Iran, alla Corea del Nord, alla Cina (tralasciando i regimi dell'America latina come il Venezuela di Maduro e altri meno importanti), non si respira certo un'aria molto pulita.
Eppure con tanti di questi regimi noi ci conviviamo: dalla Turchia nella Nato, all'Arabia Saudita insostituibile fornitore di energia, dall'Iran, con il quale stiamo per rinnovare l'accordo-farsa sul nucleare, alla Cina, senza la quale l'economia mondiale avrebbe qualche problema.
Le aree del mondo nelle quali l'influenza russa e quella cinese stanno crescendo, dall'Asia all'Africa, sono le stesse aree dalle quali l'Occidente si sta lentamente ritirando.
C'è un punto cruciale sul quale riflettere: non dobbiamo interrogarci su quanto è forte la nostra democrazia, non dobbiamo misurare la nostra capacità di essere buoni.
Dobbiamo chiederci quanto siamo, non dico capaci, ma disposti a essere cattivi per difenderci.
È questo il punto sconsolante delle mie riflessioni, perché penso che gli altri - i non buoni - non abbiano nessuna paura di noi.
Con tutto quello che ne consegue.
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