EXCALIBUR 141 - giugno 2022
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L'estremo tentativo di Leonardo Alagón

<b>Leonardo Alagón</b>
Leonardo Alagón
Dopo alcuni decenni doveva emergere una figura assai discussa, a metà strada tra l'eroe resistenziale e il guerriero medioevale: Leonardo Alagón. Era nato da Benedetta d'Arborea (figlia di Leonardo Cubello, primo marchese di Oristano, discendente dagli Arborea) e da don Artale de Alagón, signore di Pina e Sástago. A Leonardo Cubello era succeduto il figlio Antonio che, non avendo eredi maschi, alla sua morte (avvenuta nel 1463) lasciò il marchesato al fratello Salvatore. Anche quest'ultimo non ebbe figli per cui il feudo passò a Leonardo Alagón, nipote del primo marchese, la cui successione fu tuttavia contestata dal viceré in base al diritto feudale sardo.
Al tempo il Regno di Sardegna era governato dal Viceré don Nicolò Carroz, rappresentante di una potentissima famiglia catalana. Leonardo Alagón, dopo aver ottenuto l'investitura del Marchesato di Oristano, cercò di coagulare i feudatari sardi intorno a un grande progetto: sconfiggere i Catalano-Aragonesi guidati dal Viceré Nicolò Carroz e far rinascere il Giudicato di Arborea (estinto - o meglio ridimensionato a Marchesato - nel 1409 in esito alla battaglia di Sanluri). Nel fare ciò, ovviamente, il marchese aspirava anche a conquistare un proprio regno.
Tra il viceré e il marchese di Oristano esisteva una profonda e reciproca disistima che avrebbe avuto origine da un rifiuto a imparentarsi. Nicolò Carroz, infatti, desiderava far sposare la propria figlia col primogenito del marchese: ovviamente tale legame gli avrebbe consentito di mettere le mani sul Marchesato di Oristano. Ma l'Alagón respinse la proposta. L'offesa fu grave e diede inizio alle ostilità. Alla fine, dati i tempi, era inevitabile che si arrivasse alle armi.
Nel maggio del 1478 le truppe del marchese e quelle del viceré si scontrarono sull'altipiano di Macomer. Le forze in campo erano sproporzionate e i Sardi, guidati da Artale, figlio di Leonardo Alagón, vennero duramente sconfitti. Artale venne ucciso nei pressi di Ardara sul campo di battaglia. Il marchese e i suoi armati tentarono la fuga per mare ma, raggiunti, vennero catturati e condotti in catene a Barcellona. Leonardo Alagón morirà nel 1494, dopo una lunga prigionia, nel castello di Xativa, nel regno di Valencia.
Con la battaglia di Macomer le residue speranze degli Arborea vengono definitivamente annientate. Infatti, affinché nessuno potesse più accampare pretese su tale feudo, il sovrano unì il Marchesato di Oristano in perpetuo al patrimonio della Corona assumendo i titoli di "marchese di Oristano e di conte del Goceano" per sé e per i suoi successori. Una storia - quella di Leonardo Alagón - che conserva ancora un bruciante sapore di sconfitta e di rimpianto nell'animo dei Sardi, se non altro per le illusioni e le attese che aveva suscitato.
È forse per questa ragione che, ancora oggi, lo stemma dei giudici d'Arborea (la quercia dalle radici divelte, verde in campo bianco argento), giunto sino a noi con i suoi colori sbiaditi, evoca i segni e il retaggio di un antico splendore rimasto come incagliato tra le pieghe oscure della storia e suscita il sentimento della nazione incompiuta. Per noi Sardi la quercia degli Arborensi rappresenta anche il simbolo di un'antica dolorosa frattura, di una ferita ancora aperta il cui ricordo ci richiama alla nostra condizione attuale di subalternità, di sottosviluppo e di insicurezza.
Non vi è dubbio che l'epopea giudicale segnò per la Sardegna una fase storica di grande originalità e vitalità: una fase caratterizzata anche da una tenace lotta di resistenza contro il dominio catalano-aragonese che si era arrogato il diritto di assegnare le terre e i villaggi agli armati che conquistarono l'Isola e ai loro discendenti. Peraltro, le complesse dinamiche della civiltà giudicale - a causa della generale carenza di fonti, soprattutto archivistiche e letterarie - sono ancora oggi in parte oscure e di difficile lettura. Occorre ancora un'attività tenace, di studi e ricerche, che fornisca le basi necessarie per acquisire la consapevolezza delle nostre origini, della peculiare cultura, di tutto quell'insieme stratificato di esperienze, sentimenti e pulsioni che, nel tempo, formano la nostra storia di popolo e di nazione. Occorre restituire ai Sardi la propria dimensione politica ravvivando nelle coscienze quel filo d'orgoglio mai spento.
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