EXCALIBUR 143 - agosto 2022
in questo numero

Perchè "Sardegna quasi un continente"?

Ricordo di Marcello Serra

di Antonello Angioni
<b>Marcello Serra</b> (Lanusei, 01.06.1913 - Cagliari, 23.08.1991)
Sopra: Marcello Serra (Lanusei,
01.06.1913 - Cagliari, 23.08.1991)
Sotto: l'opera forse più conosciuta di
Marcello Serra
l'opera forse più conosciuta di <b>Marcello Serra</b>
«La Sardegna è un frammento della Tirrenide, il vasto continente naufragato in un'era lontanissima. Di quel continente l'Isola serba nel suo grembo, nelle coste e nelle articolazioni i diversi accenti e i molteplici aspetti»: così Marcello Serra inizia la descrizione dell'Isola su "Sardegna quasi un continente", opera a metà strada fra il poema in prosa e la guida lirica di luoghi e monumenti, pubblicata nel 1959 e ristampata diverse volte.
Emersa da un mare solitario come l'orma di un dio, la Sardegna viene paragonata a un continente, sia pure di ridotte dimensioni. «La sua struttura geologica è infatti una delle più complesse, la trama del suo paesaggio muta con invenzione inesauribile e altrettanto le vene dei metalli che si diramano sotto la sua corteccia».
Sono passati trentuno anni da quando Marcello Serra, in un'afosa giornata d'agosto, ci ha lasciato per sempre. Era nato a Lanusei nel 1913 e sin da giovane - prima ancora della laurea in lettere conseguita a soli 22 anni - aveva iniziato a pubblicare le prime liriche e i saggi critici.
Nel 1933 fondò la rivista universitaria "Sud-Est", un mensile che, con alterne fortune, verrà stampato sino al 1943. Nel 1935 pubblicò la prima raccolta di liriche, "Accordi", cui fece seguito, nel 1945, il volume di poesie "Ora Umana". Nel 1946 gli venne assegnato il premio di poesia "Grazia Deledda" e l'anno successivo curò la trasmissione radiofonica "I morti non ci abbandonano". Quindi iniziò a collaborare col quotidiano "L'Unione Sarda". Da allora l'attività poetica e letteraria di Marcello Serra si è sviluppata senza soste. Negli anni '50 fondò e diresse alcuni periodici come "Arcobaleno Sera" e "Sardegna Illustrata".
Difficile ricordare tutte le opere, alcune delle quali di grande valore. In uno sforzo - necessariamente incompleto - citiamo la "Guida della Sardegna", scritta con Alberto Boscolo e Mario Pintor (1951), "Efisio d'Elia" (1953), "Mal di Sardegna" (1955) giunto alla sesta edizione, "Sardegna quasi un continente" (1959), "Nascita di Nora" (1960), "Vacanze in Sardegna" (1960), una guida tradotta in cinque lingue, "Il mondo dei Sardi" (1964), "Il popolo dei nuraghi" (1965), "Sardegna favolosa" (1968), "L'aurora sui graniti è rossoblù" (1970), "Eleonora la giudicessa" (1975), "L'Enciclopedia della Sardegna" (1978), "Il continentale" (1980), "Da trenta secoli discorre col mare" (1983), una guida sentimentale sulla città di Cagliari, "Bacco in Sardegna" (1990).
Nel 1989 viene ristampata l'opera "Sardegna quasi un continente", corredata da ampie illustrazioni fotografiche di Chiara Samugheo e da un fine resoconto ("Trent'anni dopo"), scritto dallo stesso Marcello Serra, che si proietta sull'opera come una cartina tornasole. Sempre nel 1989 pubblica una raccolta di liriche dal titolo "Esule sul mare". Come non ricordare la collaborazione assidua alla Rai, le rappresentazioni di alcune sue opere da parte di prestigiose compagnie teatrali, l'incarico di "letteratura italiana" che gli venne affidato dall'Università di Cagliari e quello di "letteratura poetica e drammatica" svolto con impegno presso il nostro Conservatorio di Musica, i numerosi documentari televisivi e il prestigioso "Premio di Cultura" che per ben due volte (nel 1961 e nel 1972) gli è stato assegnato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Negli ultimi anni della sua vita Marcello Serra era stato colpito da un grave lutto: la vita di uno dei suoi figli, Corrado, era stata spezzata da un male incurabile. Incoraggiato dalla moglie Ines, che in ogni impresa della vita lo accompagnò, aveva iniziato a scrivere un altro libro che doveva rispecchiare la vita e i sogni di Corrado, ma, assai più probabilmente, le sofferenze del padre: il tentativo estremo di colmare un vuoto che il tempo ingigantiva sempre di più. L'opera è rimasta incompiuta: un manoscritto (solo in parte ricopiato con l'utilizzo della macchina da scrivere).
Quando, nel 1992, Marcello Serra morì lasciava la moglie Ines, il figlio Davide - che con generosità e coraggio aveva intrapreso l'attività tipografica - e tre nipoti (Daniele, Gabriele e Costanza) ai quali sperava di aver trasmesso il suo "mal di Sardegna". Di Marcello Serra resta anche una preziosa biblioteca che Davide tentò di conferire a una fondazione da costituirsi appositamente. Ma la mancanza di danaro e la burocrazia impedirono di coronare quel sogno. Sogno che avrebbe costituito un doveroso, sia pur tardivo e modesto, omaggio a un eccezionale amico della Sardegna che, con la sua poesia, è riuscito a completare faticosamente quelle zone d'ombra lasciate dalla ricerca storica, dall'archeologia e dalla geologia.
E lo ha fatto attraverso opere di grande impegno letterario, coniugando ricerca scientifica ed espressività poetica. Opere nelle quali l'uomo si misura sempre con la natura - la domina e al tempo stesso ne è dominato - nel lungo processo di costruzione di una peculiare civiltà del Mediterraneo: quella dei nuraghi, delle antiche necropoli, delle tombe di giganti, delle domus de janas, dei pozzi sacri, dei menhir. Una civiltà fatta di pietre e di grandi silenzi, modellata dal vento e dal sole, ricca di suggestioni e di incanti primordiali. Di solitudini profonde dove fiorì l'arte romanica - che per innalzare le basiliche utilizzò i graniti, le trachiti e il calcare delle nostre contrade - dove la fatica dell'uomo segna i giorni e le stagioni secondo cadenze e ritmi ancora arcaici.
Marcello Serra per descrivere la Sardegna ha utilizzato il linguaggio e il colore delle pietre. E ha descritto i popoli che, nel bene e nel male, attraverso un lungo processo storico, hanno impresso l'impronta al suo destino. Ma, nonostante questa forte e costante incidenza esterna, attraverso le opere di Marcello Serra emerge sempre una Sardegna dotata di soggettività distinta che è riuscita a custodire un proprio patrimonio e un carattere peculiare che, ancora oggi, la differenziano da tutte le altre terre, nel costume delle sue creature e nello stesso ritmo del paesaggio.
«Indimenticabile e assolutamente diverso è l'odore della Sardegna» - scriveva Marcello Serra - «L'avvertite subito approdando, ma esso vi raggiunge anche in alto mare, come il primo saluto, non appena cominciano a disegnarsi le coste e i monti indocili di questa terra. Poi esso vi accompagnerà per ogni strada, illanguidendosi appena nelle città più folte, diventando più gagliardo e insistente nelle campagne e sulle alture. Ma non vi abbandonerà mai, perché tutta l'aria dell'Isola ne è impregnata. Quell'odore è il respiro stesso della Sardegna. Delle sue macchie d'albatro, di cisto, di lentischio, di mirto, di timo e di ginestre, dei cespugli d'asfodelo, d'erica, d'euforbia, di salvia, di rosmarino».
E, seguendo questi profumi, Marcello Serra s'addentrò lungo i sentieri della Sardegna più segreta per conquistarli ed esserne irrimediabilmente conquistato, come un innamorato, in una relazione dove tutto diventa causa ed effetto e si dissolve nella poesia in un connubio durato oltre cinquant'anni.
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