EXCALIBUR 145 - ottobre 2022
in questo numero

Astensionismo: genesi e sviluppo

Il "partito" degli astenuti vicino alla maggioranza assoluta

di Franco Di Giovanni
il non voto è democrazia
Sopra: il non voto è democrazia
Sotto: il voto è democrazia
il voto è democrazia
Sono da poco tempo passate le politiche.
Anche stavolta, ma con meno enfasi, si cercava di convincere il prossimo al voto.
In una democrazia quasi del tutto rappresentativa, come in Italia, le elezioni diventano il metro col quale misurare il consenso.
Un elevato numero di astenuti delegittima nei fatti, anche se non legalmente, partiti e persone se la maggioranza degli aventi diritto non si presentano ai seggi.
Istituzionalmente i voti sono validi solo sulle schede degli elettori che si presentano alle urne, ma se gli astenuti superassero gli altri aventi diritto andati a votare, sarebbe il segnale che le istituzioni non rappresentano più con legittimità i cittadini, che non trovano più spazio in un sistema che col tempo è sempre più diventato contemporaneamente autoreferenziale per le persone, non ideologico, portatore di interessi finanziari esteri e appiattito su sé stesso.
La soluzione migliore, per assurdo, è semplice.
Attenersi a un calcolo razionale sull'applicabilità delle idee e dei programmi contenuti nelle liste e verificare l'attendibilità del candidato tramite ricerche.
È un compito che spetta a ogni elettore, che oggi con la verifica delle fonti su internet da notizie ufficiali, o perlomeno ufficiose, lo può fare anche in poco tempo e decidere di volta in volta chi scegliere o meno.
Nei prossimi anni gli astenuti aumenteranno considerevolmente se i partiti non rinunceranno a patrocinare cause di potentati che gli dovrebbero essere estranei od ostili.
Per rendersi conto di quanto dico, basta controllare i curriculum pubblici dei candidati.
I popoli ormai già quasi a livello mondiale non ne possono più delle interferenze nella vita pubblica e privata da parte di banchieri, eccetera.
Non ci si può aspettare che essi partecipino alle elezioni o meno a cuor leggero e vengano trattati come dei bimbi perché le loro scelte non corrispondono ai desideri di coloro che, tra le altre cose, si credono presuntuosamente superiori a loro.
Occorrerà inoltre una nuova legge elettorale che dia più spessore alle maggioranze, anche numerico, di modo da dare sicurezza anche alle future coalizioni politiche che verranno a governare questo paese.
Bisogna poi dare poteri estesi ai referendum, poiché oggi la loro efficacia è nulla, essendo i risultati di questi ultimi non tenuti in conto da politicanti arrivisti.
Questi sono gli unici modi di salvare il nostro sistema politico attuale.
Le considerazioni del Direttore
Caro Franco,
le tue osservazioni sui problemi che affliggono la nostra democrazia sono degne di considerazione e di analisi, ma partono da premesse di tipo ideale che non sempre corrispondono alla realtà dei fatti e presuppongono cittadini, popoli, classi politiche come dovrebbero essere e non come in realtà sono.
Inoltre è molto pericoloso esaminare i fatti politici secondo un'ottica moralistica, così è, almeno a partire da Machiavelli. Significa sottrarre la politica da ogni valutazione scientifica e quindi oggettiva per darla in mano non alla "morale", che non esiste, ma alle tante morali che ogni gruppo, per non dire ogni singolo, si fabbrica in relazione ai propri interessi. Non esistono sistemi politici "buoni" o "cattivi".
Gli antichi Greci, che pure la democrazia l'avevano creata, classificavano i regimi politici come "democratici" quando si creava un equilibrio fra istanze popolari e rappresentanza politica. Se questo equilibrio saltava, entravano in ballo altri sistemi: oclocrazia (potere delle masse), aristocrazia, autocrazia, plutocrazia a seconda del gruppo di potere che occupava lo stato.
Così come l'interpretazione dell'astensionismo che tu dai è tutta da dimostrare.
Per inciso, se l'hai notato, viene richiamato dalle sinistre per sminuire la vittoria di Giorgia Meloni.
Il fenomeno non è di oggi né riguarda solo l'Italia, ma tutte le democrazie del mondo occidentale, che non sono certamente in crisi per questo motivo.
Ai miei tempi (metà anni '60) l'astensione incominciava a manifestarsi e veniva sfruttata, soprattutto a destra, per indicare la crisi della "partitocrazia". Che oggi si rimpiangano i partiti della prima repubblica sta a dimostrare come quella valutazione fosse del tutto erronea.
Per concludere, un consiglio che dò innanzitutto a me stesso. Quando si esaminano fatti politici, soprattutto quest'ultimo che è di portata storica, non farsi prendere da sensazioni di pelle, tentare in tutti i modi di comprendere i movimenti reali che, oltre le apparenze, determinano i fatti e, soprattutto, ricordarsi che la politica è una scienza che, come tutte le scienze, richiede studio e applicazione.

Angelo Abis
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