EXCALIBUR 146 - novembre 2022
in questo numero

Bach e trecento anni... ben suonati!

Un anniversario unico, un po' fuori dagli schemi

di Lancillotto
il sommo <b>Johann Sebastian Bach</b>, la voce di Dio
Sopra: il sommo Johann Sebastian Bach, la voce di Dio
Sotto: liberare la mente
liberare la mente
Tra i tanti anniversari che si celebrano, alcuni lieti ma la maggior parte funerei, centenari o meno, io ne voglio ricordare uno molto particolare.
Durante la permanenza di Johann Sebastian Bach a Kothen, come attesta l'autografo conservato nella Deutsche Staats Bibliothek di Berlino, egli diede alle stampe il primo libro della sua monumentale opera con il titolo di "Il Clavicembalo ben temperato": era appunto il 1722, trecento anni fa.
Il secondo libro fu composto tra il 1740 e il 1744, quando Bach risiedeva stabilmente a Lipsia.
I due volumi constano di 24 Preludi e Fughe - una coppia per ogni totalità, in maggiore e minore - e, come scrisse Bach, furono composti «per utilità e uso della gioventù musicale avida di apprendere».
Quindi uno scopo puramente didattico, ma impregnato totalmente di una bellezza e di una poesia insuperabili.
Questa opera è stata studiata da tutti i grandi compositori, da Beethoven a Wagner, e naturalmente ancora oggi è il pane quotidiano di chiunque si sieda davanti a una tastiera.
48 brani, croce e delizia di tutti gli studenti dei Conservatori, ma fonte di ispirazione per numerosi artisti e risorsa per infinite idee e interpretazioni diverse: da "Bad Romance" di Lady Gaga, ai Flying Steep con il loro tour "Flying Bach". E poi arrangiamenti rock, jazz, heavy metal, pop.
Piero Buscaroli, nel suo mastodontico libro "Bach" (1.180 pagine) scrive: «Qui tutto comincia».
Le coppie di brani consistono ciascuna in un Preludio e in una Fuga nella stessa tonalità: quindi la prima coppia è in do maggiore, la seconda in do minore, la terza in do diesis maggiore, la quarta in do diesis minore e così via, seguendo la scala cromatica.
La dizione "ben temperato" ha un suo preciso significato.
Nel nostro sistema musicale occidentale (sistema temperato) ogni ottava viene suddivisa in dodici intervalli perfettamente uguali tra loro: ognuno dei dodici intervalli viene chiamato semitono, mentre il tono è chiaramente l'intervallo che comprende due semitoni. Quindi dodici suoni diversi all'interno di ogni ottava - la distanza tra due do - e suonati in modo maggiore e minore, ci portano ai 24 brani (Preludio e Fuga) dei due libri di questo monumento musicale.
L'intera opera risulta di una stupefacente organicità e di una meravigliosa varietà: se i Preludi svolti in molteplici forme costituiscono il momento statico della struttura compositiva, le Fughe ne costituiscono il momento dinamico nel quale Bach fa esplodere la sua straordinaria inventiva. E quindi ci sono fughe a due, tre, quattro voci che si inseguono e si librano portando l'animo su vette altrimenti inaccessibili. E se qualcuno definiva Mozart la voce che collega l'uomo a Dio, Bach è la voce di Dio.
Ascoltare un'esecuzione integrale de "Il Clavicembalo ben temperato" può non essere facile e raramente viene proposta nelle sale da concerto e non dipende dal grado di competenza di chi la ascolta, ma dalla natura dell'opera prettamente didattica.
Ma la varietà e la ricchezza dei temi ne fanno una porta aperta verso lo sviluppo di una musicalità totalmente nuova e l'aria che si respira - magica e come sospesa nel tempo - ne fanno un'opera unica.
Nella mia zona musicale ci sono i dischi in vinile della esecuzione di Wanda Landowska al clavicembalo, che mi ha fatto conoscere questo Bach (quanto ero giovane!), ma naturalmente l'esecuzione che mi affascina di più è quella che nasce sotto le dita di Glenn Gould.
A bordo delle due sonde Voyager lanciate per l'esplorazione del sistema solare esterno, in viaggio dal 1977, inserito nel disco che contiene informazioni e musica per eventuali altre civiltà c'è il Preludio e Fuga n. 1 del secondo Libro nell'esecuzione appunto di Glen Gould.
Se mai gli alieni dovessero sentire quel brano penso che si farebbero un'idea sbagliata della nostra civiltà. Purtroppo.
Non so quanti siano arrivati fin qui nella loro lettura su un argomento che - ne convengo - non è interessante per chi non ama la musica, in particolare quella classica.
Sono convinto che ormai viviamo in una società che è asservita al rapido e all'effimero, nella quale l'immagine è diventato il principale strumento di comunicazione.
I contenuti verbali della conversazione sono diventati ostici da comprendere, figuriamoci quelli musicali.
Certo, la musica si sente in ogni dove, dalle banche ai supermercati; una musica imposta, la maggior parte delle volte stupida.
La musica classica richiede concentrazione, non tanto per scoprire la costruzione architettonica che la guida - quella è riservata agli esperti - quanto per la miriade di sensazioni che è in grado di suscitare e che la mente deve assecondare.
Può essere tristezza? Certamente, considerando il beneficio che quel tipo di tristezza porta al nostro cuore, generata da miriadi di motivi personali: dall'armonia che si intravvede dietro quelle note, ai ricordi che può suscitare, all'inespresso che si indovina in quell'armonia, al desiderio di assoluto che può impadronirsi nell'abbandonarsi alle sensazioni.
È la suggestione apportata dai semplici suoni non accompagnati dalle parole che ci portano a viaggiare nei meandri della nostra mente e a «naufragar nel dolce mare».
Uno stupefacente stimolo all'immaginazione e alla creatività che nessuna immagine potrà mai dare.
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