EXCALIBUR 29 - settembre 2001
in questo numero

G8: tempo di bilanci

Molti i bocciati alla "sagra" del G8: manifestanti "facinorosi", politici "similpacifisti" e forze dell'ordine poco lungimiranti

di Nicolò Manca
Forze dell'ordine a parte, pochi i promossi alla fiera dei G8, forse uno: il padre di Carlo Giuliani, il ventitreenne ucciso dal carabiniere della Rover. Nelle parole del sindacalista della C.G.I.L. in pensione, è sembrato di cogliere, oltre al dolore e alla rassegnazione, l'amarezza per aver perso il controllo di un figlio finito tra i "punk bestia", tra gli sbandati, tra quanti si definiscono "pacifisti" e, in nome della pace, parlano il linguaggio della violenza.
Carlo Giuliani era un "pacifista" tossicodipendente, denunciato a diciassette anni per porto di coltello, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. Alla famiglia aveva preferito la strada e allo studio gli espedienti per vivere alla giornata. Giuliani padre non ha tentato neanche di difendere questo figlio, non ha preteso di promuoverlo né di farne un martire. Si è reso conto che non si può fare un simbolo di un giovane che, mascherato con un passamontagna e provvisto dell'occorrente per confezionare bottiglie molotov, viene ucciso mentre, in concorso con un plotone di individui armati di spranghe, catene, sassi, molotov e tavole da ponteggio, con un estintore tenta di finire un carabiniere già ferito. Ciononostante i parlamentari dell'Ulivo si sono affrettati a chiedere minuti di silenzio e intitolazioni di strade in onore di questo "martire-simbolo". Dopo il dramma i compagni vorrebbero proporre anche la farsa, la strumentalizzazione che cavalca la morte anziché fermarsi davanti a essa, con un pizzico di pudore, se non di rispetto.
Un altro bocciato è il giovane col casco e col giubbotto salvagente ripreso nelle sequenze proposte dai telegiornali mentre assalta la Rover insieme al branco. In un'intervista rilasciata a "Il Corriere della Sera", l'anonimo pacifista antiglobal ha ammesso di essersi trovato, sono parole sue, tra quella ventina di individui travolti da una "furia collettiva".
Anche questo secondo guerriero, ci informa il Corriere, ha ventitre anni e una fedina penale inaugurata all'età di diciassette per lesioni a pubblico ufficiale (un bigliettaio aveva avuto la pretesa di fargli pagare il passaggio in autobus!) e detenzione di droga.
Bocciati con ignominia sono i "black block" e le "tute bianche", che in Sardegna potremmo definire "fraizzoso chenza cabale", ossia "vigliacchi senza consenso"; feccia sociale che davanti alle forze dell'ordine solleva innocentemente le braccia in segno di resa, per poi abbassarle e dedicarsi al vandalismo più ottuso e animalesco. Il pudore mi impedisce di dire come andrebbero neutralizzate queste nullità morali: i modi non mancano. Certo sarebbe ipocrita ispirarsi ai modi garbati invocati dall'onorevole Violante. È da immaginare il nostro ex Presidente della Camera nei panni di un poliziotto mentre, casco in testa, paletta in mano e fischietto tra i denti, fa non so bene che cosa, ma certamente qualcosa di edificante, per bloccare una folla di farabutti che si confonde in una più grande folla di non farabutti per distruggere e aggredire. Forse il nostro troverebbe anche il modo di convincere i seguaci di Agnoletto e di Casarini a organizzare un'altra bella manifestazione per invocare, che so... libere elezioni nei paesi dove il comunismo ha trionfato: Cina, Cuba, ecc.. Oppure per protestare contro la quotidiana esecuzione capitale della ventina di ladri e di corrotti che il governo di Pechino esegue con puntualità. Ma poiché non è vero che la Cina è vicina, Violante e compagni preferiscono risparmiare le energie protestarie per quando, tra qualche mese, nei più vicini Stati Uniti sarà fatta un'iniezione letale all'omicida-violentatore di turno.
Prima di definire "cilene" le forze dell'ordine perché qualche poliziotto ha ecceduto nelle reazioni contro i dimostranti, i Violante, i Bertinotti, gli Angius, ecc. si calino nei panni di quel poliziotto o carabiniere che si vede circondato, braccato, colpito da una massa di individui organizzati armati di spranghe, catene, e quant'altro.
Bocciato senza appello anche il "Genoa Social Forum"... e pensare che dietro una sigla così roboante si staglia la figurina pasticciona di Agnoletto, un piccolo sepolcro imbiancato, incosciente fino all'irresponsabilità; un campione che grida vittoria dopo che un giovane è morto e una città è stata messa a ferro e fuoco; uno di qui personaggi capaci di parlare per ore utilizzando non più di dieci parole e altrettanti slogan.
A lui preferiamo Casarini, il capo delle "tute bianche" (... altra candida sigla che evoca i "bianco fiore simbolo d'amore"): perlomeno lui è uno che non cincischia. «Violeremo la zona rossa, ma se ci consentirete di manifestare anche lì, beh... allora chiederemo che il summit dei G8 venga semplicemente annullato!». Questo si che è parlar chiaro.
Per dirla con Mao, il G.S.F. ha svolto il ruolo del mare nel quale hanno potuto nuotare i "black block" e "le tute bianche".
Grande bocciato del circo dei G8 è poi il clero, con e senza le stellette. Defilato, senza coraggio, talvolta ambiguo e contraddittorio. Dai vertici alla base, dai parroci ai cappellani, molti uomini di Dio ancora una volta hanno recitato il ruolo di comunisti di sacrestia e si sono schierati, con rare eccezioni, con il partito degli atei, quello che dirige o quanto meno influenza il nostrano "popolo di Seattle". Forse questa è la volta buona per accogliere la richiesta, formulata dalle rappresentanze sindacali delle forze dell'ordine, di sciogliere l'Ordinariato Militare e l'inutile istituto dei cappellani militari.
Bocciati, o almeno rimandati, risultano i vertici tecnici e politici delle forze dell'ordine. Ci hanno fatto sentire troppi «Io non c'ero o se c'ero dormivo», «Io non sapevo nulla» e «Io glielo avevo detto». Mi hanno fatto rimpiangere Stefano Angioni, un comandante di "Nizza Cavalleria" (niente a che vedere con il più noto Franco Angioni, il generale eletto recentemente nelle truppe del centrosinistra grazie all'oculata gestione del suo passato, del suo presente e del suo futuro). Stefano Angioni, in occasione di un grave episodio avvenuto nel battaglione di cui aveva assunto il comando da alcuni giorni, non consentì al comandante della brigata di interferire nella gestione disciplinare del reparto e lo bloccò dicendo: «La responsabilità di tutto ciò che succede nel gruppo, nel bene e nel male, è mia e solo mia». Altro che palleggi di responsabilità e scaricabarile a livello di governo e "giù giù, scendendo per li rami"! Dopo la sorpresa per il rinvio del promesso alleggerimento fiscale e della rivalutazione delle pensioni da fame (a meno degli ultrasettantacinquenni... si, ma la vita media degli italiani è di 75 anni e un mese!), questa è stata un'altra brutta delusione da parte dell'attuale maggioranza.
Per concludere, una domanda cui nessuno ha risposto... e neanche posto: chi ha finanziato la saga popolare dei trecentomila buoni e cattivi? Chi ha pagato l'organizzazione, la logistica, i bus e gli altri mezzi di trasporto, i manifesti, gli striscioni, le maschere antigas, l'addestramento e il materiale antiforze dell'ordine, ecc.? Chi ha sostenuto le spese per il camion filmato dall'elicottero della polizia mentre approvvigionava i manifestanti dell'armamentario di guerra? Si è provveduto con autofinanziamenti proletari? I mecenati, se mecenati ci sono stati, sono da ricercare nei circoli di sinistra, di centro o di destra? Ai compagni l'ardua sentenza.
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