EXCALIBUR 66 - ottobre 2011
in questo numero

La politica mediterranea dell'Italia da Crispi a Moro

Per il giudice Priore molti gli episodi oscuri nella recente storia d'Italia: Gran Bretagna e Francia hanno più volte cercato di destabilizzare il nostro paese

della Redazione
Sopra: i rottami del Dc6 abbattuto a Ustica
Sotto: la portaerei francese "Clemenceau". Per il caso Ustica, i Francesi hanno sempre respinto le richieste italiane di rogatoria
Quando si dice che le ipotesi sono fondate! Nella primavera del 2010, il Giudice Rosario Priore nel libro-intervista a cura di Giovanni Fasanella ("Intrigo internazionale - Perché la guerra in Italia - Le verità che non si sono mai potute dire" - Ed. Chiarelettere), oggi attualissimo, aveva cercato di fare chiarezza sui molti episodi oscuri della recente storia italiana.
Citando documenti ufficiali, indagini giudiziarie e dichiarazioni di protagonisti, sviluppava una robusta analisi delle vicende italiane del XX secolo e sui suoi riflessi in campo internazionale.
Fin dalla fine dell'Ottocento, ricordava Priore, l'Italia aveva cercato di penetrare nel Nord Africa e nel Medio Oriente, alla ricerca di un suo ruolo di potenza, al pari degli altri Paesi.
La Gran Bretagna, notava, controllava allora il Mediterraneo (Gibilterra e Suez) e i principali pilastri delle rotte interne (Malta e Cipro), e poteva chiudere quel mare, come si era visto durante la Seconda Guerra mondiale ai danni dell'Italia. Secondo Priore «ci sono stati diversi tentativi italiani di conquistare una posizione di predominio nel Mediterraneo, ridimensionando la presenza inglese. Questa era la linea [...] di personaggi come Francesco Crispi e Giovanni Giolitti. Seguita poi dal regime fascista , che voleva addirittura tentare avventure sugli oceani, oltrepassando le colonne d'Ercole e il Canale di Suez. La guerra sul mare, combattuta durante il conflitto mondiale, aveva questo scopo [...]. Sembrerà strano, ma il progetto di Mussolini ha influenzato anche la linea di condotta dell'Italia democratica, fino ai giorni nostri», conclude Priore, «e con un certo successo, dal momento che la nostra politica mediterranea, nel dopoguerra, è riuscita a ridimensionare fortemente la presenza britannica»
Priore chiama questo fatto "il felice paradosso dell'Italia", perché, sconfitta in guerra, era riuscita a prendersi la rivincita sul piano politico, economico e diplomatico.
Inglesi e Francesi non si rassegnarono. Priore ricorda lo "strano" incidente occorso a Enrico Mattei, il capo dell'Eni che aveva battuto nel Mediterraneo i concorrenti petroliferi occidentali, e l'omicidio di Aldo Moro. Rammenta le collusioni internazionali delle Brigate Rosse e i loro legami con i servizi israeliani, interessati a destabilizzare il Paese per la sua politica filo-araba.
L'Italia, insomma, si era scontrata con interessi consolidati. «La Francia - sostiene il magistrato - è stata una delle vittime principali della politica italiana [...], ma anche l'Inghilterra, la quale [...] aveva tentato di mettere le mani sulla Libia almeno fino ai primissimi Anni Settanta».
Dopo il golpe del 1969, Gheddafi «chiuse immediatamente le basi inglesi e americane, espellendo i militari dei due paesi».
Cacciarono anche gli Italiani, è vero, ma l'Italia divenne subito il principale partner della Libia, mentre «gli Inglesi, perdendo la Libia, di fatto si ritrovarono fuori dal Mediterraneo, perché di lì a poco furono costretti a lasciare anche le isole di Malta e Cipro».
Priore ripercorre anche le vicende del terrorismo, ricordando le accuse del Presidente Saragat ai servizi inglesi per la strage di Piazza Fontana e quelle del Presidente Cossiga a diversi protagonisti internazionali per la strage di Bologna, recentemente tornata alla ribalta a iniziativa giudiziaria.
Evidentemente i due uomini di Stato erano in possesso di informazioni precise, che tuttavia non potevano avere un esito giudiziario. Di Cossiga, però, a proposito della strage di Ustica, Priore ricorda che aveva affermato che sapeva che «c'era un aereo francese che si mise sotto il Dc9 Itavia e lanciò un missile per sbaglio». Sempre Cossiga affermò a più riprese che il tentativo francese era teso a eliminare Gheddafi, perché «i Francesi sapevano che sarebbe passato l'aereo di Gheddafi».
Priore afferma che «secondo ragionevoli ipotesi, in zona potevano esserci uno o più caccia militari libici che tornavano dalla Jugoslavia utilizzando un corridoio senza la copertura della Nadge (il coordinamento contraerei della Nato): quei caccia dovevano prelevare il leader libico sul Tirreno e scortarlo in un viaggio nell'Europa dell'Est. Ma, avvertito da qualcuno (dai servizi italiani?, n.d.r.) dell'imminente pericolo, all'altezza di Malta l'aereo avrebbe improvvisamente cambiato rotta per tornare in Libia».
I caccia Super Etendard imbarcati sulla portaerei Clemenceau, in agguato a sud della Corsica, colpirono quindi "per errore" il Dc9 italiano, sotto il quale si era rifugiato uno dei caccia libici. Il missile francese fu attirato dalla maggiore fonte di calore dell'aereo di linea, ma di sicuro almeno uno dei caccia libici fu colpito: i suoi rottami furono rinvenuti sulle montagne calabresi dalle autorità italiane, che attribuirono l'episodio a un incidente di volo, come se fosse normale che un aereo militare libico volasse sui cieli italiani senza essere intercettato dai radar e dagli aerei militari italiani.
Alla luce di quanto è accaduto in questi mesi in Libia e in tutto il Mediterraneo, oggi possiamo dire che la Francia e l'Inghilterra, dopo ben trentuno anni, sono riuscite a chiudere la partita con Gheddafi e con il petrolio libico.
Forse, hanno chiuso una partita anche con l'Italia, se il suo ridimensionamento nell'area verrà confermato.
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