EXCALIBUR 127 - aprile 2021
in questo numero

Ideologia e radici storiche del primo sardismo

Parte III

di Antonello Angioni
<b>Giuseppe Fiori</b>, 'Il cavaliere dei Rossomori - Vita di Emilio Lussu'
Giuseppe Fiori, "Il cavaliere dei Rossomori - Vita di Emilio
Lussu"
Il 29 gennaio del 1922 si svolse a Oristano anche il secondo congresso del P.S.d'Az.. In tale sede vennero ribadite e meglio puntualizzate le posizioni sardiste. Fecero seguito, il 28-29 ottobre del 1922 a Nuoro, il terzo congresso e, il 4 marzo del 1923 a Macomer, il quarto congresso. In tale frangente, il partito attraversava una profonda crisi ideologica e programmatica e molti dei suoi iscritti e dirigenti aderivano al fascismo. Il quinto e ultimo congresso del sardismo prefascista si svolse a Macomer il 27 novembre del 1925. Il fascismo si era ormai assestato e mancavano pochi mesi alla promulgazione delle leggi eccezionali che avrebbero portato allo scioglimento dei partiti di opposizione.
In tale quadro di profonda incertezza, secondo il programma del Partito Sardo d'Azione, il rinnovamento si sarebbe dovuto realizzare su un duplice terreno: quello delle riforme economiche e sociali e quello della riforma dello Stato attraverso la costituzione delle Regioni che, spezzando l'accentramento, avrebbero dovuto porre le basi dell'autogoverno, indispensabile strumento per una crescita civile e democratica. Per quanto concerne la proposta economica del Partito Sardo d'Azione, la stessa si ricollegava principalmente alle elaborazioni del movimento antiprotezionista (Deffenu) che, tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, avevano avuto - come in altre regioni del Meridione - una certa diffusione. La protesta, orientata in termini positivi, si esprimeva anche nella richiesta, per la Sardegna, dell'istituzione della "zona franca" (questione ancora oggi di stringente attualità).
Nella battaglia per l'autonomia della Sardegna, un posto di particolare rilievo è ricoperto da Egidio Pilia (1888-1938). Strenuo sostenitore dell'autonomia regionale, nel 1921 ipotizzò l'eventualità di separare la Sardegna dal resto dell'Italia qualora la vittoria dei bolscevichi avesse smembrato la penisola italiana in regioni di tipo sovietico. Pilia aderì al movimento dei combattenti ed elaborò l'idea sardista che ne caratterizzerà il pensiero e l'opera. Nel 1921 lo troviamo tra i fondatori del Partito Sardo d'Azione e poi tra coloro che condivisero il progetto di adesione al Partito Nazionale Fascista dal quale peraltro verrà espulso nel 1926.
Da allora, pur non occupandosi più di politica attiva, Pilia continuò a difendere le proprie idee autonomiste e a pubblicare saggi sulla cultura sarda. Lo stesso prefigurò l'istituzione di un Consiglio Regionale di nomina elettiva, con sede a Cagliari, avente potestà di legiferare su «tutti gli affari riguardanti la pace, l'ordine e il buon governo della Sardegna e con il diritto di controllare le finanze e le imposte sarde»: rivendicazione quest'ultima tuttora attuale. Sostenne inoltre che il sistema dei rapporti fra la Sardegna e l'Italia dovesse essere modificato, ma «compatibilmente con l'Unità dello Stato [...], in modo più consono alla natura del nostro popolo e più rispondente ai nostri bisogni»: nessuna apertura al separatismo, dunque, ma una forte visione autonomista nel solco della tradizione che aveva caratterizzato la storia politica della Sardegna.
Nell'ambito della storia del pensiero autonomista sardo, vanno ricordati Giovanni Maria Lei Spano (1872-1935), Luigi Battista Puggioni (1883-1958) ed Emilio Lussu (1890-1975). Quest'ultimo affermava che «Lo Stato federale, a democrazia diretta, costituisce un sistema snello e semplice di amministrazione pubblica che mette i cittadini in contatto diretto con organi legislativi ed esecutivi».
Lussu, dal canto suo, su "Il Solco", scriveva che «Non c'è ragione di conservare intatte le strutture centralizzate dallo Stato, che infatti crollano per far posto alle Regioni [...]. Noi vogliamo che sia solo riservato al Parlamento nazionale lo studio e la discussione dei grandi problemi generali, questioni sociali, di politica estera, di difesa nazionale, i grandi dibattiti di idee e di partito».
L'ideologo politico del Partito Sardo d'Azione, peraltro, era Camillo Bellieni (1893-1975). Originario di Thiesi, fece parte del gruppo che maggiormente si adoperò per la trasformazione del movimento dei reduci e combattenti in partito, secondo la proposta approvata nel Congresso di Macomer dell'agosto 1920 (il cosiddetto "Programma di Macomer") e che l'anno successivo diede vita alla nuova formazione politica. Restio a scendere nella bagarre elettorale, assunse le più alte responsabilità nel partito. L'elaborazione di Bellieni in materia di autonomismo può dirsi conclusa col quinto Congresso dei Combattenti (quello celebrato a Oristano nel gennaio del 1922), che delinea un'Italia «riordinata su basi federali con la conquista delle autonomie regionali» (sul modello della Svizzera, della Germania e della Gran Bretagna), con la precisazione che gli enti che costituiranno lo Stato federale italiano, si chiameranno "Regioni" e saranno enti amministrativi e legislativi.
Figura centrale nell'ambito del pensiero sardista è quella di Emilio Lussu. Nato ad Armungia, borgo montano del Gerrei, è stato uno dei principali protagonisti della storia dell'Italia del Novecento. Scoppiata la grande guerra, si arruolò volontario entrando a far parte della Brigata Sassari. Qui acquisì grande reputazione tra i commilitoni per il suo coraggio e per le sue eccezionali capacità di comandare e comprendere gli uomini. Nel dopoguerra fu tra i dirigenti del movimento degli ex combattenti e, dopo il Congresso di Macomer (agosto 1920), tra i fondatori e ideologi del Partito Sardo d'Azione. Nel 1921 fu eletto in Parlamento nella lista dei Quattro Mori. Il "Capitano Lussu", grazie anche a Camillo Bellieni, divenne presto una figura leggendaria per tutti i Sardi. Si tratta peraltro di un personaggio assai complesso. Ad esempio, generalmente si afferma che di fronte alle offerte del prefetto Gandolfo, che proponeva la confluenza del P.S.d'Az. nel movimento fascista, Lussu ebbe un'iniziale incertezza che potrebbe essere attribuita al pesante carico di responsabilità che qualunque decisione avrebbe comportato. In realtà le cose andarono in modo un po' diverso.
Durante l'incontro col generale Gandolfo, Lussu espresse con fermezza e senza riserva alcuna l'adesione dei sardisti al fascismo, formulando anche l'augurio che il governo volgesse il suo sguardo benevolo verso la Sardegna e che le speranze di progresso economico e sociale non fossero deluse. Va precisato che Lussu non aveva ricevuto un semplice mandato esplorativo ma era munito di pieni poteri. Dopo quel colloquio e il discorso dallo stesso tenuto il 23 febbraio 1923 nel Consiglio Provinciale di Cagliari, ricevette un telegramma da Camillo Bellieni che ne stigmatizzava il comportamento orientato verso una forma di collaborazione tra Partito Nazionale Fascista e P.S.d'Az.. Quindi Lussu, duramente richiamato da Bellieni e Francesco Fancello, si ritirò per diversi mesi ad Armungia. Dopo di che assunse una netta posizione d'intransigenza verso il fascismo che venne condivisa da alcune tra le personalità più autorevoli della dirigenza sardista.
Successivamente, Lussu fu protagonista di una serie di vicende rocambolesche: l'uccisione a Cagliari, il 31 ottobre 1926, di un giovane squadrista che si era arrampicato sino al poggiolo del suo studio di Piazza Martiri; il successivo proscioglimento dall'accusa di omicidio; la condanna al confino con destinazione Lipari e l'amicizia con Carlo Rosselli e Francesco Fausto Nitti, con i quali, nel luglio del 1929, fuggì da Lipari. Quindi, nel settembre del 1929 a Parigi, fu tra i fondatori del movimento antifascista "Giustizia e Libertà". Ed è proprio durante gli anni dell'esilio che Lussu sviluppò l'elaborazione sui contenuti del federalismo sardista, conducendo la sua battaglia anche dalle colonne del settimanale "Giustizia e Libertà", organo dell'omonimo movimento politico.
Nel complesso il periodo in questione è caratterizzato, a livello nazionale, da rapidi e profondi cambiamenti. Nell'Isola, grazie al movimento dei combattenti e al Partito Sardo d'Azione si sviluppò un'ampia partecipazione che legò in un progetto politico vaste masse di proletariato rurale e intellettuali delle città. Il movimento sardista si incentrava non solo, e non tanto, sul problema delle riforme economiche e sociali, quanto su quello del nuovo rapporto tra la Sardegna e lo Stato italiano, che doveva rinnovarsi attraverso lo strumento della Regione da realizzare col riconoscimento di un'ampia autonomia o, secondo taluni, con la creazione di uno Stato federale: questioni ancora oggi di viva attualità.
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