EXCALIBUR 39 - novembre/dicembre 2002
nello Speciale...

Dai tentativi di fuga alla "Nembo"

Un gruppo di paracadutisti della "Nembo" di stanza nelle campagne di Sanluri
I carabinieri tenevano particolarmente d'occhio un gruppo che, sin dal mese di dicembre del 1943, aveva come base la caserma dei vigili del fuoco di Cagliari. Lì si ritrovarono ufficiali dei vigili del fuoco, dell'ex milizia e dell'esercito, i quali studiarono e attuarono un piano per raggiungere con un mezzo navale un porto della R.S.I.. Il tentativo ebbe luogo verso la fine del mese di febbraio del '44, ma dopo due ore di navigazione, per un guasto al motore, il mezzo dovette rientrare nel porto di Cagliari. Ai carabinieri che, informati del fatto, avevano interrogato i partecipanti, fu detto che non si era trattato di un tentativo di fuga, bensì di una prova di macchina del mezzo navale! I carabinieri fecero finta di crederci.
A metà marzo fu la polizia ad aver notizia di un nuovo tentativo di fuga e a rafforzare i controlli.
Alla fine di aprile i preparativi erano ultimati: una motobarca era stata attrezzata con circa 800 litri di benzina rubata agli alleati, con acqua e viveri necessari per il viaggio. La destinazione erano le isole Baleari. Per sventare la fuga, la polizia locale, d'intesa con la polizia alleata, intervenne arrestando un maggiore, un capitano e un addetto dei vigili del fuoco, tre ufficiali dell'ex milizia, di cui due ex squadristi - marcia su Roma e sciarpa littorio - e un tenente colonnello di cavalleria. Furono eseguite perquisizioni nella caserma dei vigili del fuoco e nelle abitazioni di vari appartenenti al gruppo. Furono trovati altri 800 litri di benzina, vestiario militare, armi varie tra le quali un fucile mitragliatore con le relative munizioni. Gli arrestati furono altresì accusati di mantenere i contatti con la R.S.I mediante la radio ricetrasmittente in dotazione ai vigili del fuoco.
Il 9 maggio del '44 il comando dei carabinieri di Cagliari segnalò al governo Badoglio: «Malgrado l'azione degli organi statali e dei comitati di concentrazione antifascista, ancora affiorano manifestazioni di attaccamento al cessato regime. Iscrizioni murali inneggianti all'ex duce, tentativi di imbarco per il continente da parte di aderenti al governo repubblicano danno la certezza dell'esistenza nell'isola di focolai fascisti che covano desideri di rivincita, ravvivati soprattutto dalla tenace resistenza delle truppe tedesche sul fronte italiano, dalla speranza che il potenziale bellico tedesco possa ancora arginare le progettate offensive alleate».
Tra aprile e giugno la questura di Cagliari arrestò nel capoluogo nove persone per scritte fasciste e, nel contempo, fece trasferire in altri centri della provincia tutti gli ex squadristi di Carbonia «per evitare incidenti con gli antifascisti».
Un'altra grossa gatta da pelare per la polizia era costituita dalla presenza della divisione paracadutista "Nembo", di stanza nel basso Campidano e nei comuni di Sanluri e San Gavino. Già dal mese di dicembre del '43, l'ispettore generale della pubblica sicurezza, Dott. Dino Fabris, relazionò, preoccupato, al Ministero degli Interni: «La permanenza in Sardegna della nota divisione Nembo ha sempre costituito un pericolo costante per il suo atteggiamento nettamente favorevole al governo illegale repubblicano di Mussolini. Proprio in questi giorni la divisione Nembo ha dato chiari segni di agitazione e si temeva una sua presa di posizione contro l'autorità locale, anzi questa minaccia non è completamente scomparsa. Questo movimento è indubbiamente in relazione con il lancio (avvenuto in questi giorni) a mezzo di velivoli germanici di manifestini a firma della nota medaglia d'oro maggiore Barracu, incitante i Sardi alla rivolta».
Nel '44 furono i carabinieri ad attribuire ai paracadutisti della Nembo le numerose scritte, apparse sui muri di Sanluri e San Gavino, che inneggiavano alla Germania e alla R.S.I. e invitavano ad aderire a un fantomatico "partito Nembo" «dell'ordine e del coraggio». Non era infatti un mistero per nessuno che numerosi ufficiali della divisione, capeggiati dal colonnello Armando Baffigo, parlassero apertamente di un partito della Nembo schierato su posizioni dichiaratamente fasciste.
Gli inizi del '45, malgrado fosse ormai palese a tutti la prossima sconfitta del fascismo repubblicano e dei Tedeschi, videro, in una Cagliari che stava progressivamente ripopolandosi dopo i terribili bombardamenti del '43, lo svolgersi di alcune imponenti manifestazioni contro il richiamo alle armi dei giovani sardi. Ma di ciò parla in maniera più appropriata, essendo stato a suo tempo partecipe e testimone dei fatti, l'amico Sorresu. C'è solo da aggiungere, curiosità per i lettori di Excalibur, che uno dei capi della rivolta giovanile era un paracadutista della Nembo reduce dell'Africa settentrionale che si chiamava Marco Diliberto, padre "incolpevole" dell'attuale segretario del partito comunista Oliviero Diliberto.
A febbraio del '45 si registrarono a Carbonia alcuni attentati dinamitardi contro sedi ed esponenti dell'antifascismo, con conseguente proclamazione dello sciopero generale antifascista da parte della Cgil-minatori. La fine del conflitto e la conseguente disfatta del fascismo, se da un lato comportarono persecuzioni, arresti e massacri per i fascisti del nord Italia, in Sardegna, paradossalmente, complice anche un relativo allentamento delle disposizioni repressive dovute allo stato di guerra, determinarono un'uscita alla luce del sole degli elementi fascisti, i quali trovavano ospitalità nel neonato movimento de "L'Uomo Qualunque" di Giannini, ma che pure si muovevano in proprio con pubblicazioni non più clandestine ma non per questo meno caratterizzate in senso fascista.
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