EXCALIBUR 55 - settembre 2010
in questo numero

I gatti di Obama

Riflessioni su uno "storico" discorso

di Angelo Marongiu
Sopra: Maya, la gattina preferita dell'estensore dell'articolo (non di Obama)
Sotto: lungo le strade de Il Cairo
Ho tre gatti, tre splendidi gatti, come è normale che dica chi ama i gatti. Sono tre gatti con personalità differenti, perché i gatti, come le persone, sono diversi l'uno dall'altro. Quando li carezzo contro pelo, mi guardano male, oppure se ne vanno o mi danno una zampata più o meno benevola. Se li carezzo dalla testa alla coda, quindi seguendo il pelo, normalmente restano buoni, fanno anche le fusa, poi agitano la coda, quasi a voler dire «va bene, ma finché ne ho voglia» e poi se ne vanno, non si fanno sedurre dalle carezze.
Ho seguito in diretta il discorso che Barack Hussein Obama ha tenuto ai tremila studenti della prestigiosa (ci mancherebbe altro!) Università de Il Cairo "Al-Azhar", luce e faro della dottrina islamica.
Bene, questo discorso mi ha ricordato le carezze fatte a un gatto: attente, precise, accattivanti, ma attenzione, mai andare contro pelo!
Il buon Obama ha certamente degli ottimi speech writers, che hanno soppesato per bene le parole da dire, ma soprattutto quelle da non dire.
È stato un discorso sincero, senza dubbio: nato però più dal cuore che dal cervello, discorso nel quale le speranze si sono trasfigurate fino a diventare realtà. Ma non è stato un discorso politico, un discorso da Presidente degli Stati Uniti, tutt'altro.
È stato definito "storico" prima ancora che Obama aprisse bocca e continuerà a essere definito "storico" perché sono state dette quelle cose che tutti volevano sentir dire.
Ci avete fatto caso? La parola "pace" è stata pronunciata venti volte, la parola "terrorismo" non è stata mai pronunciata. Sparita: nel rapporto tra Occidente (o meglio Stati Uniti) e Islam il terrorismo non esiste più. Scomparso. Eppure i quotidiani sono pieni di terrorismo: le cronache dell'Iraq, dell'Afghanistan, del Pakistan, della Somalia, del Sudan, accomunano Islam e terrorismo, in un accostamento sbagliato nella sua estrema semplificazione. Ma nel discorso di Obama: niente. È sparita la maggior paura del mondo occidentale, quella che riempie le pagine dei giornali e le strategie degli scrittori di terza pagina, quella che ci fa perdere ore negli aeroporti. Barack H. Obama non l'ha mai pronunciata.
È stato un discorso che rivela il trasporto che egli ha nei confronti dell'Islam, nascosto durante la campagna elettorale, ma decisamente scoperto ora, quasi a voler rivendicare le sue vere radici, e che dimostra quanto poco egli conosca dei meccanismi che stanno alla base della società occidentale. Il suo discorso è infarcito del più banale relativismo multiculturale.
L'Islam dipinto da Obama è lo stesso che era stato presentato all'ex Presidente Carter quando Khomeini aveva preso il potere in Iran, nel 1979, detronizzando lo Scià. I 444 giorni di sequestro dell'ambasciata americana a Teheran e le ridicole operazioni militari affogate nella sabbia del deserto avevano coperto di ridicolo gli Stati Uniti. Sono gli stessi consiglieri di allora (Brzezinski in testa) che ora ispirano a Obama le sue idee bislacche sull'Islam.
«Ho studiato storia e ho imparato quanto la civiltà debba essere debitrice nei confronti dell'Islam. Fu l'Islam infatti - in istituzioni come l'Università Al-Azhar (lisciatina al gatto di casa) a tenere alta la fiaccola del sapere per molti secoli, preparando la strada al Rinascimento europeo e all'Illuminismo».
Chissà in quale libro di storia ha studiato l'avvocato Obama: chissà se si rende conto che due soli personaggi del nostro inizio Rinascimento, Tommaso Moro ed Erasmo da Rotterdam, bastano e avanzano per tutti i cosiddetti "filosofi" dell'Islam. E poi, visto che ha citato l'Università Al-Azhar, poteva anche citare le innumerevoli fatwe pronunciate contro coloro che cercavano - in Egitto - di dipingere l'Islam e le sue contraddizioni al di fuori dei melensi stereotipi amati da Obama e magari citare lo scrittore Naguib Mahfouz, premio Nobel per la letteratura, accoltellato per strada da un fanatico dopo la pronuncia dell'illuminata Al-Azhar.
Obama ha studiato diritto e non storia, ha tenuto un discorso per la gente e non per i politici.
Poteva comunque - nei suoi 50 minuti - evitare di dire cose ridicole e palesemente false. Ha lisciato ben bene il pelo del gatto quando ha detto che l'Islam ha fatto «progredire la maestria nello scrivere e nella stampa; la nostra comprensione di come si diffondono le malattie e come è possibile curarle». Quando andrà in Cina chissà se restituirà loro il giusto primato nella scrittura e magari qualcuno gli ricorderà l'esistenza di un certo Johann Gänsfleish Gutenberg. E ove mai venisse in Italia e andasse fino a Salerno, potrebbe magari chiedere informazioni sulla Scuola Salernitana che - nell'XI secolo - con una mirabile sintesi della tradizione greco-latina, completata da nozioni delle culture arabe ed ebraiche, introdusse innovazioni nel metodo e nell'impostazione delle profilassi - momento unico e irripetibile nella storia della medicina.
È un'agiografia imbarazzante dell'Islam, presentato come un mondo di tolleranza, di rispetto dei diritti umani, di diffusore di concetti di pace e di riconoscimento dei diritti degli "altri": altri per sesso, religione, cultura.
«Il quinto argomento del quale dobbiamo occuparci tutti insieme è la libertà religiosa. L'Islam ha una fiera tradizione di tolleranza: lo vediamo nella storia dell'Andalusia e di Cordoba durante l'Inquisizione».
Questa frase è un tocco geniale: la parola "Cristianesimo" non compare mai nel discorso di Obama, e l'unico accenno, indiretto, è con l'Inquisizione. Invece l'Islam è il paladino della tolleranza religiosa in quel periodo che tutti definiscono "aureo" esempio di convivenza tra religioni diverse, mentre l'illuminato Islam salvava la cultura occidentale dall'oblio. Se ha tempo il nostro Obama potrebbe leggere il saggio "Aristotele contro Averroè" di Sylvain Gouguenheim: scoprirebbe che nel tanto decantato periodo aureo di convivenza gli Ebrei e i Cristiani potevano certamente seguire la propria fede, ma di nascosto, da sottoposti, pagando la dhimma; la voce del muezzin poteva svettare dai minareti: per le campane e lo shofar c'era solo il silenzio.
Quello delineato dal presidente americano è un dialogo a due: tra l'Islam e gli Stati Uniti.
La parola "Europa" compare due volte e la prima è quando parla di «antisemitismo in Europa culminato nell'Olocausto». Gli altri interlocutori sono spariti dall'orizzonte obamiano, così come sono sparite le radici della civiltà americana: la religiosità giudaico-cristiana e le profonde ramificazioni dell'illuminismo, della razionalità e della democrazia. Quasi che la profonda simbiosi tra l'illuminismo francese e la nascente democrazia americana e i legami tra Franklin, Jefferson, Montesquieu o Alexis de Tocqueville e il suo "La democrazia in America", non fossero le radici della democrazia in America, oggi.
Niente di tutto ciò: «Anche l'Islam ha avuto una parte importante nella storia americana e di questo ne sono consapevole».
Certo ha ragione quando cita il Presidente americano John Adams che scrisse: «Gli Stati Uniti non hanno a priori alcun motivo di inimicizia nei confronti delle leggi, della religione o dell'ordine dei musulmani». Siamo nel 1796: oltre duecento anni dopo, c'è qualche illuminato paese islamico che può dire altrettanto delle leggi e delle religioni dei paesi occidentali e che nutre per esse lo stesso rispetto?
Il culmine dell'ipocrisia politica è raggiunto da Obama in un altro passaggio, che è poi quello che mi ha maggiormente indignato. Il mondo occidentale è citato per il colonialismo, il razzismo e la tratta degli schiavi (questa sì invenzione del mondo arabo), mentre «per tutto il corso della sua storia, l'islam ha dimostrato con le parole e le azioni la possibilità di praticare la tolleranza religiosa e l'uguaglianza tra le razze».
A Pescara, dal 26 giugno, hanno preso avvio i XVI Giochi del Mediterraneo, aperti ai paesi che si affacciano su questo mare. Vi partecipano 23 nazioni delle 24 che ne hanno diritto: ne manca solo una - indovinate quale - che l'Islam pieno di «tolleranza religiosa e per l'uguaglianza tra le razze» ha da sempre voluto escludere.
Basta così, per ora: ritorno ai miei gatti.
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