EXCALIBUR 108 - luglio 2019
in questo numero

Una vecchia pagina di storia rivisitata

Milano, 21 marzo 1919: fondazione dei fasci di combattimento

di Efisio Agus

Sopra: Guido Dattena con Paolo Camedda, Emilio Belli, Fabio Meloni, Angelo Abis ed Efisio Agus e una panoramica del pubblico
Sotto: le reazioni della stampa...
Il centenario della fondazione dei fasci di combattimento era per l'associazione "Vico San Lucifero" una data che non poteva e non doveva essere elusa.
Alla fin fine, pur con tutti i distinguo, le critiche e le verifiche del caso, non v'è dubbio che da quella storia, anche se non solo da quella, attingiamo per portare avanti le nostre battaglie di ordine culturale, ideologico e ideale.
Detto questo avevamo innanzi a noi due strade: procedere con una manifestazione celebrativa o, se si vuole, persino apologetica, ma sostanzialmente sterile in quanto autoreferenziale. Oppure rivisitare quegli avvenimenti con le armi dell'indagine storiografica, per vedere se, a distanza di un secolo, fosse possibile portare alla luce elementi nuovi, modificare valutazioni e giudizi ormai obsoleti e superati e, soprattutto, vedere se i Sardi un qualche ruolo abbiano svolto nel creare quella nuova realtà politica nazionale e, viceversa, se quella nuova realtà abbia influito nell'altrettanta nuova e vitale politica regionale impersonata prima dal movimento dei combattenti e poi dal Partito Sardo d'Azione.
Abbiamo optato per la seconda ipotesi, organizzando così per il 29 marzo, nel centro della cultura e dell'arte del Lazzaretto, un convegno di studi sulla fondazione dei fasci di combattimento. E non ce ne siamo pentiti, perché, una volta tanto, da parte avversa i toni sono apparsi accettabili e in qualche modo si è pure instaurata una dialettica che, se pure aspra, è stata in qualche modo produttiva.
Riportiamo quanto comunicato da noi alle agenzie in quei giorni: «Appena avuta notizia dell'appuntamento, nei giorni scorsi, il coordinatore regionale dell'Anpi (l'associazione dei partigiani italiani), Marco Sini, si è pronunciato in maniera lapidaria: 'Il fatto che si tenga l'incontro è da considerare negativo'».
Fin qui tutto normale. Anzi, è da prendere atto che, tutto sommato, il tono è civile. Convince meno la motivazione del mancato gradimento: «è un convegno storico rievocativo e di plauso per quella data nefasta per gli Italiani e per la democrazia: commemorare significa ricordare con piacere, non questo».
In verità, commemorare non significa affatto ricordare con piacere (in genere si commemorano i morti) e un convegno storico è per sua natura rievocativo. Inoltre ribadiamo anche a Sini che è un convegno storico, cioè, come ci insegna la scienza storica da Erodoto a Renzo De Felice, scevro da valutazioni positive o negative, ma teso unicamente a comprendere e spiegare gli avvenimenti di quell'epoca. Non è ipocrisia. Se avessimo voluto fare una manifestazione "di plauso" e diciamo pure apologetica l'avremmo fatta, e non ci sarebbe stato niente di illecito: l'avremmo potuta fare benissimo in piazza Gramsci, di fronte ai fasci littori fatti restaurare di recente dal sindaco Zedda, avendo per giunta alle spalle i fasci del Monumento ai Caduti, dove l'Anpi depone le proprie corone il 25 aprile.
Marco Sini giudica la data del 23 marzo 1919 «nefasta per gli italiani e per la democrazia». Sono affermazioni di carattere politico, si è padronissimi di accettarle o meno. Ma ciò che non è storicamente accettabile è che i fasci del 1919 avessero un programma antidemocratico, se non altro perché tutti i loro componenti provenivano dalla cosiddetta sinistra interventista, cioè repubblicana, socialista, sindacalista rivoluzionaria e persino anarchica.
Il programma dei fasci chiedeva il suffragio universale allargato alle donne, il voto ai diciottenni, l'abolizione del Senato di nomina regia, la convocazione di una costituente per stabilire la forma dello Stato. Quel programma era tanto antidemocratico che il Partito Comunista, nel 1936 dalla Francia, lanciò il cosiddetto appello «ai fascisti in camicia nera», firmato da 36 esponenti del partito, col quale si dichiaravano disponibili a collaborare col regime fascista proprio in base al programma fascista del 1919.
Piuttosto, caro Sini, smettetela una volta per tutte con questa strumentale sacralizzazione della democrazia. Anche Antonio Gramsci la pensava diversamente, quando sul quotidiano "L'Avanti" del febbraio 1916 scriveva: «La democrazia è la nostra peggior nemica, è quella con la quale dobbiamo sempre essere pronti a fare a pugni, perché intorbida il limpido distacco dalle classi, e vorrebbe quasi diventare le molle della carrozza che servono a far pesare meno sulle ruote il carico dei passeggeri ed evitare gli scossoni che possono far ribaltare».
E ancora sul "Grido del popolo" nell'ottobre 1918: «La democrazia esplica una funzione morbosa di confusionismo, di scrocco, di predicazione dell'incoerenza. È impaludamento più che effettivo progresso».
Il Convegno si è svolto tranquillamente con grande affluenza di pubblico. Hanno parlato Paolo Camedda, Toto Sirigu e Guido Dattena per l'associazione, Angelo Abis ed Emilio Belli in qualità di storici, Efisio Agus come direttore responsabile di Excalibur.
L'evento sarebbe passato quasi inosservato, dato il silenzio della stampa, se un provvidenziale comunicato dell'Anpi - che qui riproduciamo - non ci avesse riportato agli onori dell'Unione Sarda.
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