EXCALIBUR 122 - dicembre 2020
in questo numero

Date a Cesare quel che è di Cesare

La malattia della Chiesa difficile da estirpare

di Giovanni Ferrari
Vangelo di San Matteo 22, 21
Sopra: Vangelo di San Matteo 22, 21
Sotto: Papa Francesco
<b>Papa Francesco</b>
Si può essere cristiani osservanti pur avendo un'idiosincrasia, un rifiuto, di certo un distacco, per i membri (salvo rare eccezioni) che la Chiesa rappresentano e dovrebbero farla conoscere a chi ne è lontano (evangelizzazione)?
È la domanda che mi pongo e che porgo a chi avrà la bontà di leggere queste mie riflessioni. Non so se al termine di questo viaggio introspettivo si arriverà a un esito certo, ma tentar non nuoce.
Quella sera del 13 marzo 2013, alla formula «nuntio vobis gaudium magnum habemus Papam [...] eminentissimum ac reverendissimum cardinalem Sanctæ romanæ ecclesie Marius Georghe Bergoglio [...] qui sibi nomen imposuit Francesco» ebbi un sussulto di sorpresa e gioia: il 266º successore di Pietro aveva scelto di chiamarsi come il poverello di Assisi. Non era mai accaduto prima. Un gesto di grandissima umiltà, quel nome racchiudeva un intero programma, più di 100 encicliche. Una foto apparsa sui giornali il giorno successivo mostrava il nuovo Papa che calzava pesanti scarponi neri, inforcando occhiali con lenti circondate da una montatura nera, pesante e dozzinale. Mi ricordava - più in carne e apparentemente pacioso - il Generale polacco Jaruzelsky, ve lo ricordate? Colui che tentò inutilmente di contrastare l'avanzata di Solidarnosc, cercando di opporsi anche all'allora Pontefice Giovanni Paolo II (le sue lenti erano scure, mentre quelle di Bergoglio lasciano vedere gli occhi vivaci).
Quegli scarponi fuori ordinanza, in luogo dei più formali mocassini in pelle rossa, a distanza di anni mi hanno ricordato il neo eletto presidente della Camera, che decise di recarsi in Parlamento a bordo di un bus di linea. Che bel gesto, che democratico... rinunciare all'auto blu rappresentava agli occhi dei più un atto di rottura col passato. Iniziamo a risparmiare sugli sprechi e per prima cosa scelgo di andare al lavoro come fa un comune cittadino: pagando il biglietto sui mezzi pubblici. Sapete quel gesto così democratico e all'apparenza semplice quanto costava in termini di sicurezza e risorse umane? Più del doppio della elitaria auto blu. Ma questa è un'altra storia. Il paragone è dovuto al fatto che certamente i sarti e i calzolai che riforniscono il Vaticano, i mocassini destinati a Papa Francesco li avevano comunque confezionati e pertanto andavano pagati.
Il 13 marzo 2013, dunque, era stato eletto il Papa. Si badi che il predecessore non era salito al Cielo, ma con un comunicato straordinario in latino ecclesiastico aveva annunciato le sue dimissioni da Pontefice. Come abbiamo potuto vedere nei giorni e nei mesi seguenti, Papa Benedetto XVI non era malato, né aveva perduto il bene dell'intelletto, Joseph Ratzinger aveva semplicemente alzato bandiera bianca, incapace o stanco di combattere i mostri che in quel tempo (a oggi nulla è cambiato) attanagliavano lo Stato pontificio: pedofilia e scandali finanziari.
Così il finissimo teologo e filosofo tedesco aveva deciso di ritirarsi a Castelgandolfo... avanti un altro.
Dicevo della sorpresa e della gioia che avevano accompagnato l'elezione di Francesco, con il teocratico pastore tedesco che volontariamente si era chiamato fuori.
Normalmente, se pensiamo a qualcuno che unisce, non possiamo non pensare a chi come il Papa, lontano dalle miserie e dalle dispute umane, si trova in una condizione di etereo benessere, vicino al Cielo, pronto a perdonare le debolezze umane e ad accogliere tutti in un abbraccio paterno... un padre che rappresenta il Padre.
Con Bergoglio non è andata così.
Quel suo infervorarsi per i diritti umani, per il lavoro e l'ambiente, non ci ha messo molto a iniziare a puzzare di faziosità, di politica.
Il Dio di Gesù è un padre il cui regno è percepito come avvento dei poveri: l'idealismo del Nazareno è la più alta regola di vita libera e virtuosa e ha creato il Cielo delle anime, dove esiste ciò che invano si chiede sulla terra e dove si trova quella libertà che la società reale promette ma al contempo esclude. L'espressione di Gesù «Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio» creò qualcosa di estraneo alla politica, un rifugio per le anime afflitte dalla forza brutale di capi e regnanti.
L'attuale Papa non unisce, ma anzi divide, dando udienza ai politici più vicini e negandosi a quelli con idee diverse dalle proprie e dalla sua ideologia.
Intanto gli scandali non diminuiscono: è degli ultimi mesi lo scandalo dei bonifici bancari disposti dall'ex Cardinale Becciu a favore di amici/che e parenti e il processo iniziato a carico di alcuni prelati per le violenze e gli abusi sessuali avvenuti all'interno dello stesso seminario pontificio.
In Libano(1), qualche anno fa, parlando con un cristiano maronita, gli chiesi come mai il cristianesimo predicato e diffuso da San Maron, nelle regole più rigido e severo del nostro, consentisse agli appartenenti al clero di sposarsi. Non era una contraddizione? La risposta fu semplice, prosaica e disarmante: «I nostri preti possono sposarsi così lasciano in pace i ragazzi e le donne degli altri».
Il Papa esercita ancora un potere temporale? Che lo utilizzi per la pace e per unire i popoli.
La gente si riavvicinerà alla Chiesa e tutti potranno dire «Il Papa è un uomo giusto!».
(1) In Libano il Col. Ferrari era un maggiore dell'Arma dei Carabinieri in missione con un reparto militare italiano che addestrava le Forze Armate libanesi.
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