EXCALIBUR 132 - settembre 2021
in questo numero

"Merica, Merica, Merica"

L'emigrazione italiana in Brasile di fine Ottocento

di Gianluca Cocco
una cultura che resiste ancora?
Una cultura che resiste ancora?
Al di là di una sparuta presenza di coloni della Repubblica Marinara di Genova, già dal 1500, e di un interesse verso l'attuale Guyana Francese da parte del Granduca Ferdinando I di Toscana, tra il 1861 e il 1875, gli albori del Regno d'Italia furono anche gli albori delle prime emigrazioni di massa verso l'America.
Gente che lasciava la propria terra per trovare fortuna altrove, quasi sempre senza niente o quasi, e affollava i due distinti flussi migratori verso le Americhe del sud e del nord.
Il Sud America era una sconfinata terra quasi del tutto selvaggia, le zone urbane scarseggiavano, ma il bisogno di mano d'opera era qualcosa di terribilmente importante per delle giovani nazioni ancora molto ancorate a usi, costumi e stili di vita più settecenteschi che ottocenteschi. Nel 1871, con la "legge del ventre libero" si diede inizio al percorso che portò nel 1888 in Brasile all'abolizione della schiavitù e le classi dirigenti creole brasiliane furono obbligate a sostituire la manovalanza degli schiavi.
Fu in queste difficili condizioni che gli Italiani si fecero faticosamente strada nel nuovo mondo e nacque, si sviluppò e venne preservato un patrimonio storico-culturale unico nel suo genere e cioè l'unica lingua "creola italiana" conosciuta: il "talian".
Nativa della "regione coloniale italiana" (territorio dell'attuale Rio Grande do Sul, Santa Caterina e Paranà) inizialmente parlato con numerose varianti specificamente venete e lombarde, si evolve (al di là di una serie di eccezioni territoriali che conservano una marcata appartenenza bergamasca) in un'unica lingua prevalentemente dal dialetto veneto con un miscuglio di terminologie dialettali lombarde e qualche rara parola in portoghese e si si stima che sia parlata da mezzo milione di persone e ufficialmente riconosciuto come seconda lingua nazionale brasiliana, con tanto di insegnamento ufficiale nelle scuole in cui c'è una forte presenza italiana (in alcune zone anche del 90% della popolazione).
Gli Italiani erano bianchi e cristiani, certo non potevano essere trattati alla stregua degli schiavi, e oltre il salario ebbero un trattamento leggermente migliore, ma senza ulteriori privilegi.
Si dormiva per terra nelle piantagioni di caffè del Brasile e la paga non era molto soddisfacente.
Le canzoni popolari degli Italo-brasiliani parlano di «36 giorni di navigazione», di «arrivare in America senza paglia e fieno» e ancora per i più fortunati di «lavorare nelle industrie dei nostri Italiani».
Le condizioni per la nostra gente furono talmente difficili che addirittura il Regno d'Italia, nel 1902, proibì col decreto Prinetti l'immigrazione italiana in Brasile.
Oggi essere Italiani in Brasile è una cosa normale, ma nel 1940 si tentò addirittura di estinguere con la repressione anche il solo parlare talian.
L'allora presidente Getùlio Vargas, forse per arginare il crescente fenomeno fascista all'estero, dato che per via della guerra d'Etiopia del 1935 dal Brasile si arruolarono per l'Africa un certo numero di Italo-brasiliani di lingua talian (o probabilmente anche solo per imporre un'unica lingua in un territorio così grande), perseguì con delle politiche al limite dello scandalo la censura linguistica del talian obbligando quasi a parlarlo esclusivamente tra amici e parenti ma mai in pubblico.
Fortunatamente girare per l'entroterra rurale brasiliano a sud, oggi vuol dire imbattersi in contadini ma anche in proprietari terrieri e ricchi industriali di origine italiana, che, come dice la famosa canzone popolare in talian "Merica, Merica, Merica", costruirono veramente col sudore della fronte paesi e città in quei territori così lontani.
La vita nelle comunità talian è un salto indietro nel tempo di 140 anni, ancora si cucina la polenta tradizionale, si insegna l'Ave Maria in dialetto stretto ai bambini, si respira aria di casa seppur ai tropici là dove il nostro colonialismo (inteso come espansionismo coloniale) mai arrivò.
Tra un bagno al fiume e uno al mare, un buon bicchiere di vino brasiliano lavorato rigorosamente alla maniera italiana e gustato nel bar di paese, il torneo di bocce, la processione del santo patrono del paese natale e delle belle canzoni con chitarra, fisarmonica e altri strumenti musicali tipicamente nostrani, possiamo dire di esserci distinti come grandi lavoratori con coraggio imprenditoriale anche là dove semplicemente fummo chiamati a sostituire umilmente gli schiavi di origine africana recentemente liberati.
La cultura e la lingua talian vengono praticate e apprezzate anche dagli altri Brasiliani di altre razze e provenienze di diverse origini europee.
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