EXCALIBUR 94 - ottobre 2016
in questo numero

Paolo Savona al T-Hotel di Cagliari

Convegno "Democrazia e Libertà. Il caso Brexit"

di Luca Cancelliere
L'economista Paolo Savona
Venerdì 16 settembre 2016, presso il T-Hotel di Cagliari, l'associazione "Nuove iniziative per la cultura" ha organizzato un convegno dal titolo "Democrazia e libertà. Il caso Brexit" con la presenza del Professor Paolo Savona. Il convegno si è tenuto in coincidenza con la presentazione dell'ultimo libro dell'illustre economista: "Dalla fine del laissez faire alla fine della liberal democrazia" (Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2016).
Paolo Savona, nato a Cagliari nel 1936, laureato in economia e specializzato al "Massachussets Institute of Technology", dopo un'iniziale esperienza al Servizio Studi della Banca d'Italia, è stato docente universitario a Cagliari, Perugia, Roma (Tor Vergata, Luiss e Marconi) e alla Scuola Superiore della Pubblica amministrazione.
Ha lavorato nel settore bancario e industriale, tra l'altro come Direttore Generale di Confindustria, Presidente del Credito Industriale Sardo, Amministratore delegato della Banca Nazionale del Lavoro, Presidente di Banca di Roma e Presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. Nel 1993-1994 è stato Ministro dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato nel governo presieduto da Carlo Azeglio Ciampi.
La dissertazione è cominciata con l'esame dei presupposti giuridici e storici del moderno Stato liberaldemocratico.
Tra i presupposti giuridici si annoverano in primo luogo i diritti e le libertà fondamentali della tradizione del costituzionalismo moderno. In primis le cosiddette libertà negative, il cui esercizio implica l'astensione da parte dello Stato da atti lesivi delle medesime, cioè il diritto alla vita e alla libertà personale, il diritto alla libertà di pensiero e il diritto alla proprietà.
Poi le libertà e i diritti positivi, in primis il diritto all'eguaglianza, che invece implicano un'attività dello Stato tesa a «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (Costituzione, art. 3, comma 2).
Tra i presupposti storici si annovera il concetto del cosiddetto "Stato westfaliano", cioè lo Stato moderno "superiorem non recognoscens" sorto a seguito della Pace di Westfalia del 1648 e caratterizzato da un territorio ben definito, da un popolo stanziale e da un ordinamento giuridico sovrano.
In questo quadro la tenuta del sistema del moderno Stato liberaldemocratico è legata a un proficuo equilibrio tra i tre elementi cardine su cui esso poggia: la democrazia capace di esprimere proprie regole senza farsele imporre dall'esterno, uno Stato che eserciti le proprie funzioni autoritative in modo efficiente e un mercato che garantisca un'ottimale produzione e allocazione delle risorse necessarie alla società.
Secondo Savona, i grandi mutamenti economici e geopolitici degli ultimi due decenni - la globalizzazione economica e finanziaria, le innovazioni tecnologiche e informatiche, le grandi migrazioni di masse afro-asiatiche in Europa - hanno indebolito le istituzioni facendo saltare l'equilibrio tra democrazia, Stato e mercato, con danno per tutte e tre le dimensioni fondamentali della società contemporanea.
Se il concetto di "Stato westfaliano" è minato dalla reiterata - e tollerata da parte dell'autorità - violazione delle frontiere da parte delle masse migranti, in Europa la concentrazione delle leve della politica economica - prima monetaria, poi finanziaria - in capo a organismi sovranazionali capaci di imporsi a parlamenti e governi nazionali ha intaccato l'altro pilastro dello "Stato westfaliano", cioè la presenza di un ordinamento giuridico sovrano, svuotando di significato anche il principio democratico che dovrebbe essere alla base degli Stati contemporanei.
In questo quadro, Paolo Savona interpreta la scelta referendaria della "Brexit" da parte dell'elettorato del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord al contempo come una grande lezione di democrazia e di riaffermazione tanto della volontà popolare, che dei princìpi fondanti dello "Stato westfaliano", senza che questo implichi la rinuncia ai princìpi del libero mercato e del libero scambio con il resto d'Europa, i cui presupposti giuridici sono già in via di ricostituzione mediante accordi bilaterali con gli ex alleati dell'Unione Europea.
Sebbene, nel caso dell'Italia, Paolo Savona nutra alcune perplessità operative in ordine alla fattibilità tecnica di un'uscita dall'Eurozona, soprattutto a causa dell'esposizione debitoria dell'Italia nei confronti dell'estero, pur tuttavia Paolo Savona predica da anni l'opportunità e la necessità della predisposizione di un "piano B" per l'Italia, ovvero di un concreto progetto di uscita rapida dall'Eurozona in caso di insormontabili problemi di gestione della moneta unica.
Pare infine che Paolo Savona auspichi - e anzi ritenga atto assolutamente coerente con la salvaguardia del principio di democrazia e di responsabilizzazione dell'elettorato - una scelta in tal senso, che peraltro costituirebbe per lui una conferma dei pesanti dubbi sull'unificazione monetaria manifestati a suo tempo al suo maestro Guido Carli.
L'unica alternativa sarebbe per Savona la costituzione di un vero e proprio Stato e Governo europei capaci di gestire appieno la leva finanziaria e di sostenere economicamente e socialmente i territori pi? deboli dell'Europa.
Detta soluzione però non è minimamente concepibile, in quanto non contemplata nei piani dei Governi e assolutamente estranea alla volontà e al sentimento nazionale dei popoli europei, che sono giustamente e orgogliosamente attaccati alle proprie tradizioni nazionali e alla propria sovranità, anche alla luce del bilancio fallimentare dell'esperienza di Ue e Bce.
Essa è resa altresì improponibile dal fatto che nessun governo europeo sarebbe disposto, in caso di crisi economica, a effettuare trasferimenti pari al 40% dell'eventuale perdita di reddito in un determinato territorio dell'Unione, come avviene all'interno degli Stati nazionali.
Va infine rammentato che l'Eurozona costituisce in radice, secondo una tesi ormai scientificamente oggetto di diffusa e condivisa accettazione, ciò che l'economista argentino Roberto Frenkel definisce una "area valutaria non ottimale", cioè una zona intrinsecamente inadatta a costituire un'unione monetaria per motivi macroeconomici e geopolitici.
Del resto va tenuta presente la possibilità - in base alla cosiddetta "lex monetae" contemplata anche dal nostro Codice Civile - di ridenominazione dei debiti nella nuova valuta nazionale all'esito di un'eventuale uscita dall'Eurozona e la considerazione che un debito piccolo è un problema del debitore, mentre un debito grande è principalmente un problema del creditore, che ragionevolmente accetterebbe una ridenominazione del debito nella nuova valuta pur di recuperare almeno in parte il proprio credito.
La recente esperienza di docenza in un'università britannica ha incrementato in Paolo Savona la sensazione di un futuro incerto e difficile per l'Eurozona, la quale viene considerata spacciata da molti analisti di area anglosassone.
Tesi che, come è noto, viene condivisa dai pi? autorevoli studiosi economici al di qua e al di là della Manica e dell'Oceano Atlantico.
tutti i numeri di EXCALIBUR
VICO SAN LUCIFERO