EXCALIBUR 137 - febbraio 2022
nello Speciale...

I grandi cambiamenti richiesti dai giovani universitari

Le due riviste vengono pubblicate in un periodo storico (i 16 anni che vanno dal 1927 al gennaio 1943) caratterizzato da radicali cambiamenti per l'Italia e per la Sardegna. Dal punto di vista economico, l'Italia agricola si trasforma in un Paese industriale. Un passaggio che, sino allora, era stato solo sognato dai pionieri del futurismo: da Marinetti a Boccioni, da Balla a Depero, da Carrà a Soffici, da Sironi a Quasimodo e Ungaretti. Con tutto ciò che ne consegue sul piano dei rapporti sociali. Sono anche gli anni in cui la Sardegna entra, gradualmente, nell'età contemporanea.
Avuto riguardo all'impianto normativo, vengono approvati i quattro codici (anzi i cinque codici perché occorre considerare anche il Codice della Navigazione). E anche la legge urbanistica, che vede la luce nel 1942. Vengono emanati diversi testi unici e le leggi in materia di edilizia economica e popolare, miniere, acque pubbliche, previdenza, assistenza e infortuni, bonifiche, tutela dei beni ambientali e culturali, solo per citare alcuni tra i principali testi normativi: tutti rimasti in vigore nell'Italia democratica. Chiunque consulti il Codice Civile vedrà ancora impressa la firma del sovrano Vittorio Emanuele III, di Benito Mussolini e del guardasigilli, il conte Dino Grandi.
Il fascismo cambiò tante cose, nel bene e nel male. Soprattutto costruì un Paese nuovo dotato di uffici pubblici adeguati, di una burocrazia al di fuori degli schemi ottocenteschi e di un'organizzazione sociale moderna (pensiamo, ad esempio, alle città di fondazione). Inoltre, avviò la ricerca scientifica (anche con l'istituzione del Cnr, per fortuna salvato dalla Costituzione) e potenziò le università. Tutto ciò ebbe importanti ricadute anche sulla città di Cagliari.
In tale temperie culturale, la rivista del Guf di Cagliari "Sud Est" costituì crocevia tra sardismo e fascismo e, per questo, fu fortemente voluta da Enrico Endrich, che - come scrive nella prefazione Massimo Magliaro - è stato «un gigante della politica isolana, uno che può essere definito fascio-sardista o sardo-fascista e non è un gioco di parole».
Endrich, aggiunge Magliaro, «era uomo di grande cultura e, come la maggior parte degli uomini di grande cultura, aveva una mentalità assai aperta. Me lo ricordo bene quando, deputato missino, interveniva in Aula imponendo con la sua autorevolezza il silenzio pressoché assoluto nell'emiciclo. Ma lo ricordano tutti per quel gesto esemplare del 1955: si dimise da parlamentare perché non condivideva e non sopportava la concessione dei vitalizi ai parlamentari. Parliamo di gente di questa statura».
E il ruolo di Endrich per la nascita di "Sud Est" non fu certo marginale.
La rivista si muoveva nell'orizzonte mediterraneo, visto non come una semplice area geografica o al più di scambio economico, ma come il punto d'incontro delle più grandi civiltà espresse dell'umanità in una vicenda plurimillenaria: civiltà che hanno creato valori politici e culturali e una visione del mondo antitetici sia al liberal-capitalismo di matrice anglosassone che al comunismo dell'Unione Sovietica.
Si trattava di una rivista in mano agli universitari, ai giovani, quindi per sua natura proiettata nel futuro e artefice di una mentalità non convenzionale avuto riguardo sia ai metodi che ai contenuti. E non poteva essere diversamente ove si consideri il contesto nel quale la rivista si inseriva, caratterizzato - come detto - da una grande trasformazione della società che imponeva anche un cambio generazionale, non potendo, per una legge della natura, uomini permeati dalla vecchia cultura ottocentesca essere al passo coi tempi. Occorreva una forza creatrice nuova in ogni campo: nella scienza e nella tecnica, nella cultura e nello sport, nell'industria e nel sistema delle comunicazioni. Si doveva andare ben oltre la dimensione politica per dare nuova linfa alla società nel suo complesso, per lasciare i segni di un cambiamento profondo e senza precedenti.
In realtà ciò si verificò solo in parte per una pluralità di ragioni che, in questa sede, non è possibile approfondire. I segni del cambiamento, comunque ben visibili, furono dovuti soprattutto al protagonismo di quei giovani che non si accontentavano di fare da spettatori passivi. In tale contesto, le riviste dei vari Guf (i Gruppi Universitari Fascisti) diedero un contributo fondamentale al dibattito, dimostrando una vivacità culturale e una forza creativa che, sulla base degli stereotipi in uso, non sarebbe mai esistita.
Dobbiamo quindi essere grati a Angelo Abis e Giuseppe Serra per l'opera volta a diseppellire dall'oblio e dalle manipolazioni di parte una vicenda importante, ai più del tutto sconosciuta. Un lavoro davvero importante e scientificamente valido se compito dello storico è quello di ricostruire i fatti secondo verità, di modo che la libertà dei giudizi, che va sempre salvaguardata, non si traduca in mistificazione dei fatti.
Nella prefazione si evidenzia che «il regime fascista fece delle Università una grande palestra per preparare alla vita e alla guida dell'Italia le giovani generazioni. Non solo per fornire le nozioni, peraltro necessarie, alla costruzione di una classe dirigente preparata alle sfide del futuro. La visione gentiliana racchiusa nel binomio pensiero/azione trovò negli Atenei la sua proiezione più alta e più feconda»
È questa la cornice in cui si inserisce la rivista "Sud Est" e la sua interessante storia, che costituì momento di feconda riflessione tra sardismo e fascismo. Gli articoli sono chiari, lo stile elegante e moderno, i ragionamenti approfonditi, il ventaglio degli interessi culturali è sorprendente (soprattutto per chi è vittima dei luoghi comuni).
In questo contesto, il libro di Abis e Serra ripercorre la lunga e complessa vicenda della stampa dei Guf dando al lettore un quadro sempre documentato. Insomma gli autori hanno fornito quel racconto che Antonio Pigliaru, egli stesso gufino, sassarese, auspicava tanti anni fa e definiva «un capitolo assai importante nella cronaca della vita culturale italiana».
E tale lavoro viene svolto proprio secondo la direttrice Pigliaru, vale a dire «con esatta prospettiva critica e buona conoscenza della situazione culturale, psicologica in cui tale stampa ha consumato la propria esperienza».
Prima di Abis e Serra, si erano occupate di "Sud Est", in modo peraltro molto parziale, Giuseppina Fois ed Elisabetta Pilia e poi Laura Pisano. Successivamente, Francesco Atzeni e Lorenzo Del Piano ritornano a parlare della rivista con "Intellettuali e politici tra Sardismo e Fascismo", un libro pubblicato nel 1993 che fornisce un quadro più approfondito e di maggiore dettaglio.
Nel 2007 è stata Maria Dolores Picciau, nell'ambito di un lavoro incentrato sui complessi rapporti tra arte e identità nelle riviste sarde del Novecento, a indagare sull'incontro e sugli intrecci culturali tra sardismo e fascismo e sul risultato, di estremo interesse storiografico, che ne è scaturito. La stessa pone in evidenza che «una lettura sistematica delle riviste di orientamento fascista, e di quelle giovanili in particolare, è oltretutto assai utile per sfatare astratti pregiudizi e per ricostruire in tutta la sua complessità una pagina di storia isolana condannata pregiudizialmente al confino».
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