EXCALIBUR 63 - gennaio 2011
in questo numero

Alessandria d'Egitto: un'altra strage di cristiani

L'ennesima mattanza tra l'indifferenza di tutti

di Angelo Marongiu
Il Cristo insanguinato dopo la strage
Era fin troppo facile prevedere ciò che è successo ad Alessandria d'Egitto: il massacro di 22 cristiani copti avvenuto al sorgere del nuovo anno non deve essere considerato un fatto straordinario, né riempie alcuno di stupore.
Esso si aggiunge agli altri morti che hanno caratterizzato un 2010 particolarmente crudele: sono circa 1.200 le vittime cristiane, delle quali circa 1.000 nella sola Nigeria. Cristiani perseguitati e uccisi semplicemente in quanto cristiani.
Non solo in Egitto, ma anche in Nigeria, Sudan, Iraq, Turchia, Pakistan, India, Indonesia. Guardateli questi stati in un atlante geografico: una scia rossa che dall'Africa e dalle sponde del Mediterraneo si allarga fino quasi alle sponde dell'Oceano Pacifico.
Ma se in certi paesi come la Nigeria e il Sudan la contrapposizione tra musulmani e cristiani non ha solo basi religiose, ma si intreccia con motivazioni etniche ed economiche, nel Medio Oriente e nei paesi dell'est asiatico le motivazioni sono esclusivamente di carattere religioso.
Qualcuno ha voluto leggere in ciò che sta accadendo un cambio di strategia di Al Qaida, che all'attacco diretto contro gli Stati Uniti - ormai lontani dopo la sostituzione del demonio Bush con il premio Nobel per la pace Barak Hussein Obama - sembra preferire un attacco diretto ai cristiani, capace comunque di regalare le prime pagine di tutti i giornali.
Nello scorso numero di Excalibur avevo sottolineato il progressivo svuotamento della presenza cristiana in quasi tutti i paesi del Medio Oriente.
Ad Alessandria d'Egitto, nel quartiere di Manchia, c'è una piazza nella quale si affacciano la cattedrale cristiano-cattolica di Santa Caterina, che dà il nome alla piazza, e la cattedrale cristiano-ortodossa Evanghelismos.
È una piazza piena di fantasmi: fino agli anni Cinquanta tra cattolici e ortodossi la comunità cristiana contava circa 200 mila fedeli. Oggi, nella città fondata da Alessandro Magno, non ci sono più di 300 fedeli. E questo nella città più cosmopolita dell'intero Egitto, città che ha dato i natali a Ungaretti e Marinetti e che ospita le spoglie di Vittorio Emanuele III.
La condanna del massacro è stata pressoché unanime, ci mancherebbe altro: sono parole che non costano niente, anche se qualche distinguo non è mancato. Il mondo islamico assiste invece, con una esecrazione di facciata ma con un sostanziale silenzio, a questa ecatombe ininterrotta. E appena il Papa osa parlare di "mondo islamico" il Muftì di Al Azhar insorge contro l'inaccettabile "ingerenza". E questo solo perché ha chiesto ai paesi del "mondo islamico" di proteggere i cristiani che vivono in quei paesi.
In casa nostra si continua a fare distinzione tra un islam fondamentalista e un altro Islam "moderato" (mi chiedo sempre cosa voglia dire), che forse esiste ma che non si vede e non si sente mai. Mai.
È la fede senza ragione (il dono più grande di Dio) che spinge l'Islam su questa strada e non ci sono interpretazioni buoniste che tengano, non c'è da invocare un dialogo impossibile (mi chiedo sempre: dialogo con chi?), perché non c'è nessun dialogo nella logica dell'Islam che basa la propria vita - civile, economica, politica e religiosa - esclusivamente sui versetti delle "sure" coraniche.
Questa completa sottomissione al Corano arriva a estremi paradossi: nell'Afghanistan dei Talebani, nel 1997, fu proibito l'utilizzo di sacchetti di carta, poiché essendo carta riciclata poteva contenere pagine provenienti dal Corano.
Qualche altro esempio? Mentre noi continuiamo a parlare di dialogo, «C'è un islamismo che stabilisce la lunghezza della barba, che si domanda se i giovani debbano fasciarsi i genitali prima di farsi esplodere per averli intatti in Paradiso, che si chiede se sia lecito preparare insalate di cetriolo e pomodori essendo una femmina e l'altro maschio». (G. Meotti, dalla prefazione a "La civiltà e i suoi nemici" di Lee Harris, 2009, Rubbettino).
Sì, l'Islam è una religione meravigliosa, ma che ha messo la ragione in ultimo piano nella lettura dei suo libro sacro e che applica alla lettera precetti scritti quindici secoli fa.
Sura IX (la sura del "pentimento"), versetto 29: «Combattete contro quelli che non credono in Dio e che non professano la religione della verità [...] finché non paghino la gizya con umiliazione».
Sura V (la sura della "tavola imbandita"), versetto 65: «[...] coloro che Dio ha maledetto e contro i quali è adirato, perché egli ha fatto di essi scimmie e porci».
Ma ove non bastasse la lettura del Corano a giustificare queste azioni e questi massacri, la misericordia di noi cristiani occidentali interviene pietosa a giustificare quanto avviene.
Vittorio Messori - ben noto intellettuale cattolico - interviene sul "Corriere della Sera" di giovedì 6 gennaio a spiegare la specificità della chiesa copta, per secoli alleata o vassalla del mondo islamico e in perenne contraddizione con il cattolicesimo romano, del quale non riconosce la supremazia. Ebbene: siccome non era comprensibile un attacco contro una minoranza certamente non ostile al mondo islamico, l'ineffabile Messori afferma che «Tutti i governi di tutte la nazioni islamiche sono sotto lo tsunami che ha avuto come detonatore l'intrusione violenta del sionismo che è giunto a porre la sua capitale a Gerusalemme».
E così il giro è concluso.
Non è l'odio contro l'Occidente secolarizzato, non è il "jihad" di liberazione del sacro suolo dell'Islam dalla presenza di altre fedi o religioni, non è l'interpretazione letterale di sure coraniche che spinge a uccidere. No. È l'arrivo del sionismo in quelle terre pacifiche che ha fatto esplodere il mondo. Non so bene cosa c'entri il sionismo nelle innumerevoli stragi che vedono contrapposti sunniti e sciiti, ma tant'è: basta evocare lo spettro maledetto del sionismo (imperialista, inutile dirlo) e tutto è spiegato.
E così continuiamo a nascondere la realtà dei fatti, a giustificare perennemente ogni azione - anche la più sanguinosa - che viene compiuta contro il mondo occidentale o chi esso rappresenta e continuiamo a tessere la corda con la quale alla fine saremo tutti impiccati.
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