EXCALIBUR 65 - luglio 2011
in questo numero

Le nuove battaglie che non ci raccontano

Le guerre del futuro saranno per le fonti energetiche, oggi sono anche guerre di spie

di Ernesto Curreli
Porto di Cagliari, 23 giugno 2011: due navi gemelle spagnole integrate nelle forze Nato in probabile missione per azioni di intercettazione e disturbo elettronico durante le operazioni militari contro la Libia. A sinistra l'F104, a destra sull'altro lato della banchina, la nave gemella. A parte il moderno cannoncino di prora, le navi sono prive di torre di comando: sono concepite per la moderna guerra elettronica
Pochi credono che le rivolte del Nord Africa e del Medio Oriente siano spontanee e pensano invece che dietro ci siano le potenze occidentali, preoccupate per la stabilità del Mediterraneo e ansiose di assicurarsi il petrolio e il gas della zona.
Tutto sembra sia partito dalla Tunisia, con il suicidio di un giovane artigiano che si è dato fuoco in piazza, ma questo circoscritto episodio non poteva sollevare di colpo le masse arabe. Nelle società nordafricane da tempo covava l'opposizione, ma è stato rilevato che in Tunisia e in Egitto l'esercito è rimasto saldo, favorendo il cambio di regime. I militari da tempo avevano stretto legami con i servizi americani, francesi e inglesi. Non è inverosimile che siano stati proprio l'Mi6 britannico, i Francesi e la Cia a incoraggiare le rivolte, tenute però sotto controllo dalle forze militari di quei Paesi al fine di assicurare un passaggio verso regimi immuni dall'integralismo.
Forse è una pia illusione, specie in Tunisia, dove il partito islamico appare favorito insieme alle sinistre nelle consultazioni di luglio.
In Libia, però, l'operazione sembra abortita. Si sa che i primi a muoversi sono stati i servizi francesi. La Francia tentava di ritrovare un ruolo di primo piano nel Maghreb e c'è riuscita solo in parte. Da ottobre 2010 Parigi, grazie a Nouri Mesmari, alto funzionario ribellatosi a Gheddafi, al quale ha concesso asilo politico, coi suoi servizi è riuscita a stabilire i primi contatti con le tribù della Cirenaica, fornendo armi e denaro. L'Eliseo aveva capito che si apriva la possibilità di contenere la penetrazione economica italiana, sempre più favorita dal rais libico. Sarkozy, preparato il terreno, ha dato l'ordine di attacco ai militari francesi ponendo tutti di fronte al fatto compiuto. L'Italia aveva capito il gioco grazie ai rapporti dei suoi servizi di informazione e per molte settimane ha rifiutato di partecipare alle operazioni, alle quali ha aderito soltanto quando ha realizzato che era meglio esserci.
Ma poi qualcosa è cambiato. Probabilmente grazie al Mossad israeliano, che si è messo di traverso. Anche le dichiarazioni di stima scambiate tra Berlusconi e Benjamin Netanyahu in occasione del recente rinnovo del trattato di cooperazione Italia-Israele lo confermano. Da otto anni i servizi d'Israele si erano radicati nel sud-est libico, quando era iniziata la guerra del Darfur contro il presidente sudanese Al-Bashir, con accordi segreti che assicuravano a Gheddafi aiuti economici, protezione generica e l'impegno a fermare la penetrazione integralista nella zona, temuta anche da Tripoli. Gli Israeliani hanno così potuto creare campi di addestramento per i guerriglieri che lottano contro il presidente sudanese Al-Bashir. Quando Gheddafi si è visto perduto, potrebbe aver chiesto una delle contropartite segrete. Il 18 febbraio 2011 Netanyhau, il ministro della difesa Barak, il generale Aviv Cochavi, capo dell'intelligence, e il ministro degli esteri Lieberman si sono riuniti in un vertice segretissimo. Fatto sta che il giorno dopo il Mossad ha attivato il suo Global Cst, colosso della sicurezza israeliana con competenze in tutta l'Africa e il Sud America, che a sua volta ha dato il via libera a migliaia di guerriglieri sudanesi, subito arruolati da Gheddafi con ingaggi di migliaia di dollari al mese. Questo spiega la presenza dei volontari sudanesi nelle forze lealiste libiche e la stupefacente resistenza di Gheddafi, cresciuta nel tempo. In Libia, ovvio, erano presenti anche gli agenti italiani, che controllavano i flussi migratori e gli impianti dell'Eni, uno dei primi colossi energetici del pianeta.
Quando si è manifestata l'azione francese, gli Italiani hanno obbedito alle direttive governative e sono rimasti in attesa. Poi hanno captato la musica che proveniva da Roma, con le dichiarazioni all'apparenza contraddittorie di Berlusconi e di Frattini. Allora hanno stretto nuovi accordi con le tribù della Cirenaica, sembra con maggior successo di quanto non abbiano fatto i francesi.
Tutto è ancora in evoluzione ma una cosa sembra chiara: l'Italia in Libia non ha perduto tutto, vi mantiene anzi un ruolo importante.
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