EXCALIBUR 97 - aprile 2017
in questo numero

Il "regno della corrutela": un vizio strutturale?

Il malaffare italiano che parte da molto lontano

di Silvio De Murtas
Scandali, corruzione e intrallazzi affamano l'Italia
«L'Italia è una Repubblica democratica fondata sulla cambiale», diceva decenni or sono il grande Totò. In realtà, il nostro Stato parrebbe esser fondato sulla corruttela.
La questione d'altronde è molto antica; ma limitandoci al periodo dall'unità a oggi, possiamo ricordare il cosiddetto scandalo della Banca Romana; non faccia nemmeno meraviglia l'attuale "mutuo non garantito e non restituito" concesso con goliardica leggerezza dalle "banche rosse" alla "Prima Tessera Pd", che - nel frattempo per non restare senza il minimo vitale - aveva già lucrato su una liquidazione fintamente risarcitoria, mercé una Corte a dir poco compiacente.
Medio tempore ci si era scandolezzati per le... imprese di Michele Sindona, coi suoi tentacoli protrusi da Nuova York al Sudamerica, da Cape Town al Vaticano. Eppure, anche codesto "genio" era stato superato da un suo presunto maestro, scomparso a febbraio del 1959. La generale convinzione secondo la quale "i drittoni" non muoiono mai, viene abitualmente scossa dalle parimenti costanti notizie del loro decesso. Camillo Castiglioni fu uomo misteriosissimo; per quanto sia stato uno dei più avventurosi magnati della grande finanza internazionale, passò attraverso le principali capitali senza lasciar tracce.
Fusto tra i fusti, egli era quel banchiere che una decina d'anni prima era riuscito a convincere il Dipartimento di Stato americano a finanziare il comunismo jugoslavo (onde agevolarne lo sganciamento da quello sovietico) in cambio di una cospicua "provvigione" che Tito gli aveva promesso. Si trattava di un affare in cui ogni rata ascendeva a circa 40 milioni di dollari (di allora), con l'1,5% di compenso. Disgraziatamente per il "finanziere", però, i propositi del Maresciallo jugoslavo erano "mobili" e mutavan "d'accento e di pensier" a ogni stormir di fronda. Insomma, il Castiglioni ottenne da Belgrado soltanto qualche briciola della provvigione concordata e dovette ricorrere ai Tribunali per poter riscuotere il saldo.
La lite dovrebbe aver una parte nella storia del costume del nostro tempo, come ancora risulta dal fascicolo di causa, che contiene appunto gli atti del processo intentato dal Castiglioni al Presidente della Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia. A sfogliarlo se ne ricavano molte interessanti indicazioni sul ruolo insospettato cui può assurgere la "bustarella" anche negli avvenimenti internazionali più grossi, nonché sulle grottesche implicazioni cui essa può addurre.
Fra quelle, la solenne buggeratura patita dall'Italia, giacché il governo slavo - nonostante le ingiunzioni di pagamento e invece di soggiacere a queste - spedì una nota al nostro Ministro degli Esteri Conte Sforza, adducendo persino che la citazione a giudizio sarebbe stata contraria al diritto internazionale e che pertanto non si doveva riconoscere alcuna forza obbligatoria alla decisione della Magistratura italiana. Lo sbertucciamento di codesta e dello Stato raggiunse poi il massimo allorché il nostro Guardasigilli Adone Zoli - non si è mai capito bene sotto quali pressioni - firmò un quasi coevo decreto che riportava le cose allo "statu quo ante", impedendo al Castiglioni di riscuotere alcunché. Tuttavia e anche dopo il decesso del finanziere italiano, restavano alcuni quesiti non privi di oggettivo interesse morale e storico. Uno di essi è come mai uno Stato possa affidare a un privato, per giunta straniero, il compito di fungere da mediatore in trattative di finanziamenti con altri Stati. La circostanza però è ricca di precedenti, perché anche diversi paesi in passato ebbero ad affidare incarichi del genere a privati (fra gli altri, la Francia nel 1870 col collocamento di titoli di debito pubblico contro oro, la Cina nel 1928-1932 acquisì cospicui finanziamenti da paesi europei e così via).
Il che - però - ci conduce all'ulteriore quesito se sia davvero fondata l'opinione (invero molto diffusa anche oltre i nostri confini) secondo la quale la "bustarella" sia un prodotto tipico del nostro costume. In realtà, per quanto in Italia si abbiano i re o addirittura gl'imperatori della bustarella, le origini di codesta vengon illustrate dalla storia con dovizia di scandali, corruzioni e intrallazzi, anche precedenti al 1922 e del tutto estranei alla vita italiana.
Basti pensare che proprio il Castiglioni - all'epoca cittadino austriaco - iniziò la sua proficua attività nell'ambiente dell'amministrazione austroungarica, poscia universalmente rimpianta per (presunta) incorruttibilità e rettitudine; e che lo stesso Castiglioni successivamente ebbe a trattare affari con Wilson, Giolitti, Berchtgold, Pasic, Sonnino, Von Bulow, Briand, Dolfuss, Goering, Seipel, Roosevelt, in definitiva con tutti i più importanti uomini di Stato del secolo.
L'ultimo interrogativo è il più inquietante: all'ombra dei grandi carrozzoni internazionali (fra i tanti, all'epoca, Piano Marshall, E.R.P., Export-Import Bank, Banca di Belgrado, Banca di Mosca; in tempi recenti Franklin National Bank, Banco Nacional Andino, I.O.R.; attualmente U.E., I.S.I.S., N.O.M., O.N.U., F.A.O., O.M.S., O.N.G. varie e così via) e degli "aiuti" che essi hanno largamente profuso, e - sotto vesti più moderne - continuano a profondere a favore di tanti paesi fra i quali il nostro, non sappiamo (e forse mai lo sapremo) quante siano le "bustarelle" lucrate sottobanco, e quanti i "mediatori" (persone, partiti, ministri o capi di stato) che hanno impinguato il loro conto in banca.
C'è da presumere che, se si riuscisse a rispondere, si potrebbe anche dare una spiegazione a molti avvenimenti nazionali e internazionali - di allora e di oggi - sinora rimasti inesplicabili - per stupidità e per ingenuità - quanto la fiducia accordata dall'America al finto ravvedimento democratico del Maresciallo Tito.
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