EXCALIBUR 127 - aprile 2021
in questo numero

Emilio Lussu, il mito e la storia

Profilo di un personaggio fondamentale e controverso della politica sarda e nazionale

di Antonello Angioni
<b>Emilio Lussu</b>
Emilio Lussu
Emilio Lussu è stato uno dei principali protagonisti della storia politica della Sardegna del Novecento.
Nato ad Armungia, borgo montano del Gerrei, nel 1890 da Giovanni e Lucia Mereu, piccoli proprietari terrieri, nel 1915, dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza nell'Università di Cagliari, partecipò alla prima guerra mondiale nella Brigata Sassari. La guerra rappresentò per Lussu, convinto interventista, un'esperienza formativa sotto il profilo umano, politico e sociale. Peraltro, la presa di coscienza dell'assurdità e del carattere classista della guerra non fece venir meno in lui le ragioni ideali dell'intervento contro gli Imperi centrali.
Con i fanti della Brigata - contadini e pastori della sua terra - Lussu instaurò un rapporto di solidarietà fondato sulla contestazione dell'autoritarismo e dell'inadeguatezza degli alti comandi militari. Lussu acquisì una grande reputazione tra i commilitoni per le sue eccezionali capacità di comandare e comprendere gli uomini. Di grande coraggio personale, concluse la guerra con due medaglie d'argento al valor militare. Il "Capitano Lussu" era ormai una figura quasi leggendaria, non solo per i suoi soldati ma per tutti i Sardi. D'altro canto, il racconto dei reduci aveva contribuito a farne, in tutta l'Isola, un mito cui guardavano con fiducia i pastori e i contadini che rivendicavano quel "riscatto" promesso dal governo negli anni della guerra.
Conclusa la guerra, quando ancora si trovava nella zona d'armistizio tra l'Italia e la Jugoslavia, venne eletto all'unanimità presidente dell'Associazione dei reduci e combattenti di Cagliari. Rientrato nel 1919 in Sardegna, trovò un clima caratterizzato da forti tensioni sociali e sollecitazioni autonomiste espresse da un nuovo blocco sociale formato da ex combattenti, intellettuali e piccola borghesia. Il movimento - dai tratti politici non ben definiti ma con un'intonazione di fondo antisocialista e ostile ai partiti e agli uomini del passato - partecipò alle elezioni con proprie liste facendo affidamento sul prestigio e la vasta popolarità di Lussu. Lo stesso, nell'aprile 1921, fu tra i fondatori e gli ideologi del Partito Sardo d'Azione, nelle cui liste venne eletto in Parlamento nel successivo mese di maggio.
A seguito della "Marcia su Roma", Lussu venne delegato dal suo partito per la trattativa col prefetto Gandolfo, che proponeva la confluenza del P.S.d'Az. nel movimento fascista. Durante l'incontro col generale Gandolfo, Lussu espresse, con fermezza e senza riserva alcuna, l'adesione dei sardisti al fascismo, formulando anche l'augurio che il governo volgesse il suo sguardo benevolo verso la Sardegna e che le speranze di progresso economico e sociale non fossero deluse.
In una relazione al P.S.d'Az., Lussu precisava che la ragione per la quale si era «mostrato favorevole alla unificazione (tra sardisti e fascisti, n.d.a.) superando ogni teorica riluttanza» doveva essere individuata nel fatto che «il Partito Sardo d'Azione, aderendo al fascismo, ma conservando le sue caratteristiche idealità programmatiche, avrebbe realizzato in dieci anni ciò che nessuno di noi avrebbe mai sognato di ottenere in cinquanta». Va precisato che Lussu non aveva ricevuto un semplice mandato esplorativo ma era munito di pieni poteri.
Dopo il colloquio col generale Gandolfo, il 23 febbraio 1923, Lussu tenne un discorso nel Consiglio Provinciale di Cagliari. Nell'occasione affermò: «S.E. Gandolfo ha annunciato la fusione tra fascismo e P.S.d'Az.. Il fatto non è ancora compiuto: il certo è che coloro che entreranno nel fascismo vi porteranno la loro intelligenza, la loro passione per la difesa della Sardegna [...], quindi dall'unione tra fascismo e sardismo dovrà derivare ogni fortuna nell'isola». Nella sostanza, dava per avvenuta la "fusione" tra sardisti e fascisti.
Questo momento di "debolezza" di Lussu ha generato, anche in sede storiografica, molte polemiche e reticenze. Tra l'altro, lo stesso, dopo aver informato il generale Gandolfo della restituzione del mandato che aveva ricevuto per trattare la "fusione" tra i due partiti, convinse Pili e Putzolu a proseguire la trattativa, nella quale evidentemente credeva. La retromarcia di Lussu aveva origine nel telegramma che lo stesso aveva ricevuto da Camillo Bellieni, il quale ne stigmatizzava il comportamento orientato verso una forma di collaborazione tra Partito Nazionale Fascista e P.S.d'Az.. Duramente richiamato da Bellieni e Francesco Fancello, si ritirò per diversi mesi ad Armungia. Dopo di che assunse una netta posizione d'intransigenza verso il fascismo, che venne condivisa da alcune tra le personalità più autorevoli della dirigenza sardista.
Il 31 ottobre 1926, dopo il fallito attentato di Bologna a Mussolini, mentre si trovava nel suo studio legale di Piazza Martiri, a Cagliari, fu fatto segno di una possibile aggressione da parte di un gruppo di fascisti. Lussu, che si era barricato all'interno del locale, quando uno degli assalitori riuscì ad arrampicarsi sino al poggiolo, sparò uccidendolo. Subito arrestato e condotto nelle carceri di Buoncammino, fu prosciolto dall'accusa di omicidio. Condannato a cinque anni di confino, venne inviato a Lipari, dove conobbe Carlo Rosselli col quale, unitamente a Francesco Fausto Nitti, nel luglio del 1929, fuggì dall'Isola con una rocambolesca impresa. Dopo lo sbarco a Tunisi, i tre ripararono in Francia dove fondarono il movimento "Giustizia e Libertà".
In quegli anni, Lussu conobbe Joyce Salvadori, che divenne la sua compagna inseparabile e che sarebbe vissuta con lui sino alla morte. Scrisse anche due libri, in parte autobiografici: "Marcia su Roma e dintorni" (1934) e "Un anno sull'Altipiano" (1938). Col primo racconta la presa del potere da parte dei fascisti in Sardegna e col secondo l'esperienza della prima guerra mondiale. Durante il secondo conflitto mondiale, Lussu fu a Marsiglia per organizzare l'espatrio di ricercati antifascisti. Rientrato in Italia subito dopo la caduta del fascismo, fu uno dei capi del Comitato di Liberazione Nazionale (Cln) nella lunga notte di Roma. Dopo la liberazione della capitale, fece parte dei governi Parri e De Gasperi.
Nel luglio del 1944, rientrato in Sardegna, riprese il suo posto di leader del P.S.d'Az. per suggellare l'alleanza col Partito Italiano d'Azione. Nel 1948, in occasione del drammatico scontro elettorale tra la Democrazia Cristiana e le sinistre, avrebbe voluto che il P.S.d'Az. entrasse a far parte del Fronte Democratico Popolare nel quale erano confluiti i comunisti e i socialisti. Peraltro la sua proposta venne respinta dal partito. Al congresso svolto a Cagliari dopo la pesante sconfitta elettorale delle sinistre, Lussu uscì in forte polemica fondando il Partito Sardo d'Azione Socialista, che, nel novembre del 1949, confluì nel P.S.I..
Il 31 gennaio del 1948, l'Assemblea Costituente, di cui Lussu aveva fatto parte, aveva approvato lo Statuto speciale della Sardegna: Lussu aveva votato a favore, pur essendo assai deluso sulla struttura dell'istituto autonomistico e sui poteri attribuiti alla Regione, al punto che, percependo la direzione di marcia, nel 1946 aveva chiesto al governo di estendere alla Sardegna sic et simpliciter lo schema dello Statuto siciliano. Tale proposta, peraltro, era stata respinta con sdegno dalla Consulta regionale. Eletto senatore nel 1948, svolse l'attività parlamentare sino al 1968, anno del ritiro dell'attività politica. Morì a Roma nel 1975.
Non vi è dubbio che si è in presenza di una figura assai complessa e importante, il cui esame richiede il necessario distacco storico. Sinora Lussu, con pochissime eccezioni, è stato sempre studiato seguendo impostazioni politiche, ideologiche e culturali generalmente finalizzate a dimostrare delle tesi preconfezionate (poco importa se in chiave autonomista o socialista). Lo stesso viene quindi presentato depurato da ogni possibile scoria, cristallino nei percorsi politici e coerente sul piano ideologico. Insomma, un Lussu senza macchie e ombre.
In quest'ottica, si è sempre preferito occultare importanti indizi e prove oggettive in relazione alla tumultuosa fase politica che, in Sardegna, seguì la "Marcia su Roma" e in particolare avuto riguardo alle "trattative" instaurate dallo stesso col generale Gandolfo nella prospettiva della fusione tra sardisti e fascisti. A quasi cinquant'anni dalla morte di Lussu, si rende necessario lasciare una visione agiografica per una più corretta prospettiva storica in grado di verificare, col necessario rigore, aspetti controversi della nostra vicenda politica contemporanea.
Si tratta, nella sostanza, di ricostruire senza pregiudiziali ideologiche il percorso lussiano avvalendosi del contributo culturale di metodologie storiografiche diverse e di aree politiche finora relegate ai margini del dibattito. La retorica deve cedere il passo a una ricostruzione più puntuale delle inevitabili e talvolta profonde contraddizioni presenti nel Lussu politico, come pure deve emergere, senza reticenze e simulazioni, la posizione storica assunta dal Partito Sardo d'Azione nei confronti del "primo fascismo".
In altri termini, si rende necessaria una più compiuta e innovativa analisi critica del pensiero lussiano alla luce del contesto storico-politico, sociale e culturale in cui Lussu ha vissuto, che ne ha permeato l'azione. Il confronto e talvolta lo scontro tra le diverse scuole di pensiero potrà restituire un'immagine del personaggio depurata dai molteplici fraintendimenti politici e dalle strumentalizzazioni di cui, per troppo tempo, è stato oggetto.
Nella sostanza, si tratta di restituire Lussu alla sua dimensione di "classico" del pensiero politico che può (e deve) essere studiato a prescindere dalle valutazioni di volta in volta necessarie per il perseguimento di specifiche finalità. Solo ciò potrà consentire di far emergere, insieme all'indubbio valore del personaggio, le contraddizioni, i limiti e gli snodi fondamentali di un'importante pagina della storia sarda e italiana.
Ciò potrà contribuire anche a inaugurare una nuova stagione di studi storiografici più matura, consapevole e pluralista, priva di miti, di eroi e di artificiose lezioni di vita.
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