EXCALIBUR 163 - gennaio 2024
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Credere, disobbedire, combattere (II parte)

retro di una fotografia
Retro di una fotografia
Sardu assolse i suoi compiti di capo cannoniere con assoluto impegno e diligenza fino all'11 settembre del '43, allorché l'Ammiraglio Campioni, governatore dell'isola in quel frangente, non firmò la resa con i Tedeschi. Nel gennaio del '43 Sardu sposò Fiorenza, ma dopo qualche mese, a seguito delle disposizioni del governatorato sull'esodo dei civili, la sposa dovette trasferirsi in Italia presso una famiglia amica di Lecce.
Sardu, nel mentre, assolse diligentemente i suoi compiti di capo cannoniere. Il suo ultimo combattimento lo ebbe il 10 settembre del '43, allorché la batteria "Bianco" aprì il fuoco contro mezzi tedeschi, che si accingevano a occupare l'aeroporto di Manizza, colpendone un certo numero, ma il fuoco di reazione tedesco mise praticamente fuori uso la batteria costringendo i marinai ad abbandonarla.
La resa dell'11 settembre creò il caos non solo fra i 32 mila militari di stanza a Rodi, che di fatto si ritrovarono prigionieri del loro ex alleato, ma fra gli stessi Tedeschi, impossibilitati a custodire e gestire un così gran numero di prigionieri, per cui dovettero servirsi dell'apparato civile (carabinieri compresi) e di quei militari che erano rimasti al proprio posto o che erano diventati collaborazionisti o che dopo qualche mese avrebbero aderito alla Rsi.
In questo contesto e per un periodo di tempo che va dall'11 settembre 1943 a metà aprile del 1944, Sardu fu un singolare uccel di bosco. Scartata l'ipotesi di consegnarsi ai Tedeschi o di darsi alla macchia per combatterli, respinta l'ipotesi di diventare un collaborazionista o di aderire alla Rsi anche perché, Salò o non Salò, a Rodi comandavano solo i Tedeschi, Sardu diventò un latitante ricercato ma che circolava con documenti rilasciatigli dai collaborazionisti italiani, con i quali, in alcune occasioni fu ospite a pranzo insieme ai Tedeschi.
Con tutta probabilità Sardu tentò di fuggire, come del resto fecero alcuni suoi commilitoni, nella vicinissima Turchia. La cosa non gli riuscì, per cui a un certo punto, stanco della latitanza, scelse la strada meno pericolosa (si fa per dire!) per tirarsi fuori dai guai: fu più o meno costretto ad arruolarsi nell'organizzazione Todt, l'impresa di costruzioni che operava sotto la direzione dei comandi tedeschi.
Lo status di Sardu cessava così di essere quello di un prigioniero di guerra in fuga, per diventare quello di un lavoratore straniero al servizio delle imprese tedesche. Fu preso in organico dalla ditta Grum-Beffing con destinazione lavoro nella città di Magdeurg in Sassonia. Il 18 aprile del '44, nell'aeroporto di Calato venne caricato su un aereo da trasporto Junkers e scaricato nell'aeroporto di Calamata vicino ad Atene.
Venne poi trasferito in Germania in un campo raccolta. Da qui, in quanto dipendenti delle ditte tedesche, con altri lavoratori italiani e stranieri caricato su un treno merci e inviato a Magdeburg. Da quel momento, sino al 1 aprile del '45, giorno in cui passò alle dipendenze degli Americani, fu un continuo peregrinare nei piccoli e grandi centri della Germania (il 20 dicembre del '44 era a Colonia) dove, più che lavorare, il tempo veniva impiegato a sfuggire ai continui bombardamenti dell'aviazione alleata e a procurarsi roba da mangiare.
Dal 1 aprile del '45 venne preso in carico dagli Americani e successivamente dagli Inglesi, ma a quanto pare non è che il trattamento, almeno i primi tempi, fosse migliore di quello dei Tedeschi.
Finalmente nel luglio del '45 rientrò in Italia e, prelevata la famiglia a Lecce, rientrò in Sardegna e a Cagliari riprese servizio in marina.
E a questo punto ha una delle sue solite impennate: richiestogli di imbarcarsi sull'incrociatore Eugenio di Savoia per consegnarlo come preda bellica alla Grecia, ebbe un motto di ribellione e, pur di non obbedire all'ordine, preferì congedarsi dalla Marina Militare.
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VICO SAN LUCIFERO