EXCALIBUR 163 - gennaio 2024
in questo numero

Giovanni Maria Angioy

Combattente, prigioniero non collaboratore, deputato Msi per tre legislature

di Ernesto Curreli
fototessera dell'<b>On. Angioy</b>
Sopra: fototessera dell'On. Angioy
Sotto: Giovanni Maria Angioy al microfono nel corso di un comizio del Msi, alla sua sinistra i segretari Arturo Michelini e Augusto De Marsanich e Carbonia 1958, Giovanni Maria Angioy dietro Rachele Mussolini all'inaugurazione della locale sezione del Msi
<b>Giovanni Maria Angioy</b> al microfono nel corso di un comizio del Msi, alla sua sinistra i segretari <b>Arturo Michelini</b> e <b>Augusto De Marsanich</b>
Carbonia 1958, <b>Giovanni Maria Angioy</b> dietro <b>Rachele Mussolini</b> all'inaugurazione della locale sezione del Msi
Giovanni Maria Angioy nacque a Cagliari il 9 novembre 1909 e morì ad Ascoli Piceno il 2 ottobre 2000. La sua era una famiglia benestante nobiliare, che conservava la memoria di un loro famoso ascendente. In coerenza con il suo cognome, gli diedero infatti il nome dell'eroe sardo Giovanni Maria Angioy, il quale al volgere del '700 si era battuto contro il dominio monarchico dei Savoia e in difesa delle popolazioni agropastorali, che tentarono inutilmente di scrollarsi di dosso le anacronistiche servitù feudali. Come tutti i giovani del suo tempo, frequentò le organizzazioni giovanili del Pnf non trascurando gli studi. Si laureò all'Università di Perugia e fu tra gli attivisti dei Gruppi universitari fascisti. Dal 1934 lavorò poi in Eritrea alle dipendenze della Società Coloniale Italiana. Da richiamato partecipò successivamente alla guerra di Abissinia come ufficiale.
Quando fu richiamato alle armi nel 1940 per la seconda volta, era ormai un maturo giovanotto: fu subito inquadrato nella Fanteria come ufficiale inferiore e inviato in Libia insieme ad altre migliaia di giovani, prendendo parte alle battaglie nella colonia, in una delle quali fu ferito gravemente, acquisendo il riconoscimento di "invalido di guerra".
Preso prigioniero alla fine del 1940 in una delle tante battaglie che vi si svolsero, dopo un lungo viaggio via mare da Suez fino a Bombay, giunse finalmente per ferrovia alle pendici dell'Himalaya, dove fu rinchiuso nel famigerato Campo di prigionia n. 25 presso la città di Yol, riservato agli ufficiali inferiori, ove si raggiunse la cifra di circa diecimila ufficiali prigionieri. Intorno a quel campo ve n'erano altri tre, il Campo n. 26 era riservato agli ufficiali superiori, mentre i Campi n. 27 e n. 28 custodivano la truppa. Quei campi erano tutti alle pendici della Catena dell'Himalaya, a circa 1.800 metri di altezza, e fino all'8 settembre tra i prigionieri regnò l'armonia e la fratellanza d'armi. Con l'armistizio le cose cambiarono, perché molti soldati sparsi in quattro continenti accettarono la "cooperazione" con Inglesi e Americani, che si traduceva in lavori nei campi o nelle officine. Angioy non accettò alcuna collaborazione e, anzi, negli interrogatori che subito effettuarono gli ufficiali inglesi che redigevano il "ruolino" di collaborazione, rispose che lui era un fascista «laureato alla Facoltà Fascista di Scienze Politiche di Perugia» e che fascista voleva rimanere.
Rientrato in Italia nel 1946, si schierò dapprima con i numerosi gruppi di giovani neofascisti, aderendo presto al Movimento Sociale Italiano che li raccoglieva in massa. Della sua attività alla Camera fa pochi cenni nel suo libro, privilegiando la descrizione delle sue iniziative nel Parlamento europeo appena costituito. All'epoca i parlamentari europei della Cee non erano eletti direttamente dagli elettori europei, ma venivano designati dai parlamenti nazionali. Così fu per lui, che entrò nell'Assemblea Parlamentare Europea il 2 luglio 1959 su designazione del Msi alla Camera, rimanendovi fino al 1968. Fu insomma il primo europarlamentare del partito, insieme al Senatore Martina, designato dai gruppi parlamentari missini. Alla Camera fu membro di numerose commissioni che si occupavano di economia e sviluppo economico, distinguendosi per la sua competenza. Fu anche difensore parlamentare di Giorgio Almirante.
Infatti il 7 novembre 1958 assunse le funzioni di relatore di minoranza in difesa di Almirante, per il quale era stata richiesta l'autorizzazione a procedere perché aveva scritto sul "Secolo d'Italia" un duro articolo contro la resistenza partigiana, da lui definita «un insulto alla Patria, celebrazione del massacro, del vilipendio della Patria, della divisione degli Italiani, dell'odio, della strage e della carneficina. [...] partigiani assassini, stupratori, ladri e rapinatori». Nella difesa fu molto abile, sostenendo che Almirante non aveva inteso offendere la Resistenza in quanto tale, ma aveva soltanto «analizzato fatti singoli [...] attraverso eccessi [...], perché quel giudizio resta nel ristretto dominio della cronaca». La Giunta infine non autorizzò il processo contro Almirante.
L'anno successivo (1959) difese nuovamente Almirante durante l'istruttoria per le autorizzazioni a procedere, su denuncia del Ministro di Grazia e Giustizia On. Gonella, per un articolo comparso sul "Secolo d'Italia" del 25 aprile 1955 (ben quattro anni prima), del quale Almirante era il direttore politico. In realtà l'articolo era scritto e firmato da Franco Guerrini, che ne era il direttore responsabile. Anche in questo caso Almirante ne uscì indenne grazie all'abilità di Angioy. Quelli erano gli anni del "centrismo" democristiano e il Msi «aveva un insediamento nazionale con radici nel sottoproletariato e nella sotto borghesia. In genere erano cittadini senza riferimenti politici forti (significa che non erano persone utilizzabili elettoralmente con favoritismi o clientelismo, n.d.s.), non aggregabili a sinistra. [...] un neofascismo dai due volti: legalitario e parlamentare, movimentista e organizzatore di luoghi e spazi della destra».
Nella II Legislatura (1953-1958) si manifestarono più forti le tensioni per gli effetti internazionali provocati dalla Guerra di Corea, la morte di Stalin e la conseguente insicurezza sull'atteggiamento della nuova classe dirigente sovietica, nonché per le rivendicazioni, fortissime, guidate dalla gioventù missina in tutte le città italiane per il ritorno di Trieste all'Italia. È in questo quadro che ad Angioy fu affidato il compito di confermare in Parlamento il sostegno del Msi alla presenza italiana nella Nato. Fu eletto alla Camera per ben tre volte, nella II, III e IV Legislatura, concludendo il suo impegno parlamentare il 4 giugno 1968.
All'inizio del mandato europeo dovette battersi duramente per vincere l'ostracismo di un europarlamentare italiano, socialista e antifascista di vecchia data, che pretendeva che il Parlamento europeo gli vietasse persino il diritto di parola per la sua militanza in un partito che, asseriva, era portatore di valori contrari alla democrazia. Anche una parte dell'assemblea gli era inizialmente ostile, ma egli riuscì ben presto a farsi accettare con pari diritti, tanto da essere eletto all'unanimità vicepresidente dell'importante Commissione Affari Sociali (pare anche per una sua stretta amicizia con il Generale De Gaulle, di cui si sa ben poco), giungendo anche a presiederla in assenza del suo presidente, il Belga Troclet. La sua preparazione e il suo impegno, infine, spinsero gli europarlamentari a concedergli l'onore di essere relatore unico per ben quattro volte nelle altre due commissioni di cui faceva parte (Commissione per i Territori Oltremare e Commissione per la Sicurezza e l'Igiene del Lavoro). I due europarlamentari del Msi fecero parte del grande gruppo che comprendeva i gaullisti e i liberali.
Nella Camera dei Deputati fu componente di numerose commissioni ordinarie e straordinarie. Furono affidate a lui molte mozioni di minoranza del Msi. Famoso un suo intervento che denunciava le contraddizioni del Parlamento in merito all'ingresso della Gran Bretagna nel Mec.
Giovanni Maria Angioy, arrivato infine alla conclusione della IV Legislatura alla Camera (1968), ormai sessantenne, si ritirò gradualmente dalla vita politica, costrettovi dal fatto di dover assistere la moglie gravemente ammalata.
Si spense a Ascoli Piceno all'età di 91 anni.
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