EXCALIBUR 163 - gennaio 2024
in questo numero

Donne e uomini: le disparità sono di altro genere

Dal "Global Gender Gap Report" 2023 un quadro non idilliaco per l'Italia

di Angelo Marongiu
il 'Global Gender Gap Report' 2023
A sinistra: il "Global Gender Gap Report" 2023
Sotto: donne
donne
L'episodio dell'uccisione di Giulia Cecchettin ha suscitato in Italia una reazione enorme. Un caso simile a tanti altri ha messo in evidenza un aspetto - quello dell'uccisione di una donna da parte di un uomo con il quale aveva o aveva avuto un legame - enfatizzato e strumentalizzato oltre misura, con degenerazioni che sono andate ben oltre una obiettiva disamina della realtà.
Sull'onda di questo fatto oltremodo spettacolarizzato, la stessa Treccani ha decretato "femminicidio" come la parola del 2023. In quell'anno in Italia sono state uccise 118 donne, 96 in ambito familiare/affettivo, 63 dal partner o dall'ex, collocando l'Italia in una posizione intermedia in Europa.
La scelta della parola - a detta della Treccani - non nasce dalla frequenza d'uso in termini quantitativi, ma per il suo aspetto socioculturale.
Ho cercato di saperne di più.
Ho quindi scoperto un report, il "Global Gender Gap Report" del World Economic Forum, la cui edizione 2023 è stata recentemente messa a disposizione. Sono 382 pagine.
È alla sua 17ª edizione e fornisce un quadro che espone l'ampiezza e portata del divario di genere in tutto il mondo, con un'analisi che mostra in maniera certo più completa la sostanziale differenza che esiste tra le donne e gli uomini.
Esso si basa su parametri ricavati analizzando, nel mondo del lavoro, le imprese con oltre 10 impiegati: sono passati sotto esame tutti i tipi di lavoro, a eccezione di quelli del settore agricolo, della difesa e degli enti sovranazionali.
L'edizione del 2023 riporta i risultati di 146 paesi nel mondo e fornisce uno strumento utile per la comparazione internazionale sulla parità di genere.
Vengono prese in esame quattro dimensioni chiave: la partecipazione e l'opportunità economica, l'istruzione, la salute e il benessere e infine la partecipazione e la rappresentanza in politica (empowerment politico).
A ogni nazione viene attribuito un "Global Gender Gap Index" che, su una scala da 0 a 100, indica la percentuale del divario di genere che è stato colmato (100 rappresenta il massimo, cioè nessuna discriminazione).
Il punteggio globale di tale indice nel 2023 per tutti i 146 paesi è pari al 64,8%, con un miglioramento di 0,3 punti percentuali rispetto all'edizione dello scorso anno. Un piccolissimo, microscopico passo.
All'attuale ritmo ci vorranno 131 anni per raggiungere la piena parità tra i sessi, quindi appuntamento al 2154 per raggiungere il sospirato traguardo dell'uguaglianza tra donne e uomini. Nessun paese ha raggiunto la piena parità tra i sessi: al primo posto c'è l'Islanda (91,2%), seguita da Norvegia (87,9%) e Finlandia (83,6%); in ultima posizione l'Afghanistan (40,6%).
L'analisi di dettaglio è particolarmente significativa e, così come il report di Freedom House sulle libertà del mondo, fotografa una divaricazione marcata tra le diverse aree del mondo. L'indice globale è infatti il seguente:
Area Valore %
Europa 76,3
Nord America 75,0
America Latina e Caraibi 74,3
Eurasia e Asia Centrale 69,0
Africa Sub-Sahariana 68,8
Asia Meridionale 63,4
Medio Oriente e Nord Africa 62,6
L'Italia occupa il 79º posto sui 146 paesi esaminati, dopo Georgia, Kenya e Uganda.
Il punteggio è peggiorato rispetto al 2022, facendoci scalare in basso di ben 16 posizioni: in particolare - e sembra un paradosso - peggiora l'empowerment politico nel quale si è scivolati dal 40º posto al 64º. Lo specchio riassuntivo esposto qui di seguito è sconsolante:
Italia 2023 2022
Dimensione chiave Punteggio Posizione Punteggio Posizione
Partecipazione economica 0,618 104 0,603 110
Educazione 0,995 60 0,995 69
Salute 0,967 95 0,965 108
Empowerment 0,241 64 0,319 40
Indice globale 0,705 79 0,726 63
Al di là della giusta indignazione per le morti femminili e della indignazione se mantenuta in termini non ossessivi, le nostre femministe dovrebbero sbandierare questi numeri che - meglio degli omicidi - rispecchiano lo stato nel quale una nazione come l'Italia non dovrebbe assolutamente trovarsi.
Quello del "gender gap" è un tema di crescente attualità tanto da essere contemplato anche nelle misure previste dal Pnrr: il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha infatti predisposto un documento che analizza il contributo degli interventi previsti dal Pnrr e una valutazione degli impatti che detti interventi possono apportare alla riduzione del divario. Le risorse previste dal Pnrr rappresentano oltre il 20% del totale, circa 38,5 miliardi.
È interessante spulciare nelle pieghe del corposo documento: si scopre che anche nel 2023 le donne continuano a essere significativamente sotto rappresentate nei ruoli Stem (lauree in Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica): a livello globale 8 ruoli di leadership su 10 sono occupati da uomini: esse sono solo il 29% della forza lavoro, mentre nelle professioni non Stem detta percentuale sale al 49,3%.
Sono settori di leadership nei quali questo genere di preparazione è fondamentale: le donne si laureano percentualmente più degli uomini, ma non nelle discipline dell'informatica e dell'ingegneria, dove la loro quota si riduce drasticamente. È uno squilibrio pericoloso che rischia di far aumentare il "gender gap" nel mondo del lavoro.
La scarsa partecipazione femminile in queste aree - informatica ed ingegneria, base di molte professionalità del futuro - rischia di rendere questo mondo meno aperto e inclusivo, finendo per incorporare nei sistemi software e negli algoritmi di progettazione, che regoleranno la nostra società, stereotipi e pregiudizi tipici di una cultura maschile.
Sono aree nelle quali famiglia e scuola dovrebbero contrastare i condizionamenti sociali e i pregiudizi di genere, che costringono molte donne a non intraprendere o abbandonare le carriere in questo ambito.
La strada da percorrere per migliorare e colmare il "gender gap" sono di difficile attuazione, perché certi stereotipi sono difficili da sradicare e i cambiamenti necessari non possono essere solo di natura legislativa:
- agire sulla cultura e quindi promuovere una formazione che abbatta stereotipi e pregiudizi e quindi spinga le donne a farsi strada in ambito Stem;
- adottare leggi che riconoscano la piena parità salariale, cioè la stessa retribuzione a parità di lavoro (legge Gribaudo);
- conseguire la parità di genere nei ruoli dirigenziali e politici (tipo legge Golfo-Mosca);
- favorire un maggior equilibrio tra vita lavorativa e vita privata.
Traguardo decisamente molto ambizioso.
Mentre preparavo alcuni appunti su questo argomento, a metà dicembre circa, Alì Khamenei, Guida Suprema della repubblica islamica dell'Iran, ha affermato che «la questione femminile rappresenta una delle forze dell'Islam» e che le donne iraniane sono tra le più fortunate al mondo.
Infatti, su 146 paesi esaminati, l'Iran occupa il 143º posto con un indice pari a 0,575%.
Purtroppo i numeri, spietati nella loro rappresentazione, mostrano che Medio Oriente, Nord Africa, Asia meridionale e Africa subsahariana sono le aree del mondo in cui nascere donne equivale quasi sempre a una condanna.
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