EXCALIBUR 163 - gennaio 2024
in questo numero

"Le radici del Romanticismo" di Isaiah Berlin

Radici della politica di oggi

di Angelo Marongiu
'Le radici del Romanticismo' di Isaiah Berlin, Adelphi 2023, pagg. 232
Sopra: "Le radici del Romanticismo" di Isaiah
Berlin, Adelphi 2023, pagg. 232
Sotto: Johann Gottlieb Fichte (1762-1814)
<b>Johann Gottlieb Fichte</b> (1762-1814)
Ci sono autori le cui rare uscite in libreria vanno colte immediatamente: Isaiah Berlin è uno di questi, qualunque sia l'argomento del quale scrive.
Berlin è forse il più grande filosofo e storico delle idee e le sue opere hanno attraversato numerosi argomenti: da opere su Marx e Vico all'arte nella Russia sotto Stalin, dal concetto di libertà ai pericoli della libertà e i suoi nemici e altri diversi temi (su Excalibur n. 89 del dicembre 2015 si tratta del libro "Un messaggio al Ventunesimo secolo").
La capacità di questo intellettuale è quella, impagabile, di semplificare gli argomenti dei quali tratta, senza peraltro scadere nel semplicismo, con il raro dono di renderli comprensibili senza che questo approccio ne riduca la fedeltà al contenuto.
"Le radici del Romanticismo" rientra in questa categoria su un tema a lui molto caro.
Berlin restituisce l'essenza e lo spirito del Romanticismo attraverso sei memorabili "Mellon Lectures" nelle quali, con tagliente luminosità, affronta quella che ritiene la più grande rivoluzione cognitiva dell'Occidente moderno. E il suo sguardo alle idee politiche è sempre presente.
Le "Mellon Lectures" furono tenute alla National Gallery of Arts di New York tra il 1964 ed il 1965, raccolte in volume nel 1999 (Berlin, morto nel 1997, era restio alla pubblicazione delle stesse senza una sua rilettura) e ora presentate nell'edizione italiana arricchita della corrispondenza dell'autore sull'argomento.
Nelle sue letture Berlin indaga sull'età romantica, tema vario e quasi inafferrabile in così poco tempo e spazio, e ne indaga le idee politico-filosofiche che sono alla base di quel periodo, sia dal punto di vista letterario che soprattutto politico.
Il Romanticismo tedesco, che diede l'impronta al Romanticismo mondiale, emerse, secondo Berlin, tra il 1760 e il 1830.
L'idea del Romanticismo nasce come contrapposizione tra una Francia permeata di Illuminismo, altera e orgogliosa, egemone militarmente e culturalmente, con le rigide teorie scientifiche che venivano sempre più messe in risalto, e una Germania sconfitta e umiliata dalla guerra e perennemente divisa al suo interno.
È anche il periodo nel quale si conclude quella che Michel Onfray, nel suo saggio "Anima" (il saggio più venduto in Francia nel 2023), definisce la decostruzione e la demolizione dell'anima: atomizzata, ridotta a mero attributo caduco di un corpo destinato alla scomparsa materiale. La conclusione è che l'anima non è eterna né immortale, né immateriale, né divina.
Concorrono a questa "demolizione", in vario modo, tutti i maggiori filosofi e pensatori francesi o quasi: Montaigne, Gassendi, Descartes, Pascal, Meslier, Voltaire, La Mattrie, Rousseau.
L'attacco alla Francia dell'Illuminismo era già implicito nelle figure di Montesquieu e di Hume, ma fu grazie a un gruppo di intellettuali e studiosi tedeschi che, a differenza degli illuministi di estrazione soprattutto nobiliare, provenivano dal ceto piccolo borghese. Forniti di un'istruzione che dava loro una certa ambizione intellettuale ed emozionale, erano nell'impossibilità di dare piena espressione alle loro aspettative in una società, quella prussiana, nella quale le distinzioni sociali venivano preservate nella maniera più rigorosa.
Questo gruppo di intellettuali era contrario al rigido dogmatismo della scienza, quindi contro gli scienziati e i burocrati, contro coloro che "mettevano ordine nelle cose".
Secondo questi la ragione e la scienza, con le loro assolute certezze, con una propensione all'immutabilità delle cose, tenevano prigioniera la libertà dell'individuo.
Il Romanticismo è il trionfo della storia sulla sostanza, contrario alle verità eterne propugnate dalla scienza, è il trionfo delle differenze sul pensiero unico.
Nell'indagare le idee politico-filosofiche alla base dell'idea romantica, Berlin individua una figura chiave in Jean-Jacques Rousseau, emblematico rappresentante dell'autenticità contrapposta all'artificiosità: la sua democrazia diretta diventa la massima espressione della partecipazione politica, la volontà generale contrapposta alla corruzione della società, idealizzando il concetto di rivoluzione contro una società politica incernierata nella tradizione delle leggi che ingessavano società e idee.
Berlin espone anche ramificazioni "politiche" del Romanticismo nel nostro secolo, da quelle aberranti sfociate nel fascismo a quelle, più autentiche, germi di un compiuto liberalismo.
Partendo da Johann George Hanmann, che considera uno dei capostipiti di questo filone intellettuale (e al quale ha dedicato una illuminante monografia), ne sottolinea l'opposizione alle idee alla base dei "lumi" e, come principale sostenitore dello Sturm und Drang, maestro e ispiratore di Herder e di Jacobi e di grande influenza sul pensiero di Goethe, Hegel e Kierkegard.
Non stupisce che nel Romanticismo si trovi l'esaltazione di tutto e del suo contrario e che abbia dato origine alla corrente reazionaria, fascista, e a una corrente progressista, di sinistra, rivoluzionaria.
Una delle figure sulle quali Isaiah Berlin si sofferma è quella di Johann Gottlieb Fichte. Nella quarta lettura, "I romantici moderati", dopo aver analizzato le figure di Kant, un non-romantico, e di Schiller e il suo contributo allo sviluppo del Romanticismo, approfondisce quella di Fichte.
Secondo Fichte "la vita comincia con l'azione: «io non sono determinato dai fini, ma i fini sono determinati da me».
La libertà è azione, non è uno stato contemplativo.
L'avvento del sentimento nazionalistico tedesco porta Fichte ad affermare, in linea con Herder, che un uomo è reso uomo dagli altri uomini, dall'educazione, dalla lingua: ognuno è parte di una corrente comune della quale costituisce un elemento.
Abbandonando l'idea dell'individuo come entità singola situata nello spazio, egli lo colloca in qualcosa di più vasto: la nazione.
E la Germania è una nazione incorrotta, non decadente, e allora i Tedeschi devono essere liberi a ogni costo, costretti a conquistare gli altri e ad assorbirli nella loro sfera.
Siamo qui di fronte agli inizi della nozione di immensa forza collettiva di impronta nazionalistica e comincia la gigantesca marcia in avanti degli individui e delle nazioni ispirate.
Berlin, nella lettura dedicata al "Romanticismo senza freni", cita i famosi discorsi indirizzati da Fichte alla nazione tedesca, pronunciati dopo la sconfitta inflitta da Napoleone alla Prussia. Allora furono rivolti a un pubblico non troppo numeroso, ma in seguito la loro lettura provocò una enorme impennata del sentimento nazionalistico tedesco.
«Tutti coloro che, creando essi stessi o producendo, vivono la vita nuova e [...] respingono risolutamente il nulla [...] presentono la libertà e, anziché odiarla e temerla, l'amano: tutti costoro sono uomini vivi e, considerati come popolo, sono un popolo originale, il popolo per eccellenza, sono Tedeschi».
Fichte non era uno sciovinista tedesco e parlando dei Tedeschi intendeva tutti i popoli germanici, ma le sue idee furono decisamente sfruttate per una esaltazione distorta dello spirito e della razza tedesca.
In conclusione dei suoi discorsi Berlin si sofferma anche sul concetto di fascismo sostenendo: «Anche il fascismo è un erede del Romanticismo e non perché sia irrazionale e neppure a causa della sua credenza nelle élite. Se il fascismo deve qualcosa al Romanticismo, ciò che è in ballo è, di nuovo, la nozione di volontà imprevedibile (non importa se di un uomo e o di un gruppo) [...], l'isterica autoaffermazione e la nichilistica distruzione delle istituzioni esistenti perché coartano l'illimitata volontà, che è l'unica cosa che conta per gli esseri umani; la persona superiore che schiaccia quella inferiore perché la sua volontà è più forte».
Il fascino di questo libro si manifesta anche nella sua capacità di farci riconoscere da dove traggono origine concettualmente i fenomeni politici e le maggiori teorie politiche di oggi: partono appunto da un ieri che illumina i totalitarismi, il consenso ai dittatori, ma anche la nostra concezione di libertà.
Attraverso l'esplorazione dell'età romantica forse comprendiamo più compiutamente il tempo nel quale viviamo.
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