EXCALIBUR 162 - dicembre 2023
in questo numero

La democrazia nel mondo secondo Freedom House

I dati parrebbero beneauguranti, ma la strada è ancora lunga

di Angelo Marongiu
libertà nel mondo nel 2023
Sopra: libertà nel mondo nel 2023
Sotto: planisferi di Freedom House e di Civic Monitor (cliccare
sulle immagini per ingrandire)
planisfero di Freedom House
planisfero di Civic Monitor
Lo scorso marzo è stato pubblicato da Freedom House il nuovo rapporto "Freedom in the World 2023", che esamina il tasso di democrazia globale nei 210 paesi e territori del mondo.
Freedom House è un'organizzazione indipendente americana fondata da Eleanore Roosevelt, che da decenni monitora in tutto il mondo il livello globale di democrazia, analizzando la condizione dei diritti politici e delle libertà civili.
Il rapporto del 2023 è alla 50ª edizione e, secondo gli analisti, siamo a un punto di svolta: il gap tra i Paesi che hanno assistito a un deterioramento delle libertà civili e politiche e quelli nei quali si è registrato un aumento del tasso di democraticità si è infatti ridotto ad un solo punto.
Il miglioramento è avvenuto in 34 paesi contro 35 che sono peggiorati, quindi il decadimento democratico che va avanti dal 2006 sembra fermarsi: un bel risultato dopo 17 anni.
Anche se questo trend non è stato invertito, il dato riveste una grande importanza, secondo il rapporto, poiché il suo raggiungimento è stato reso possibile grazie allo svolgimento di «elezioni democratiche più competitive e grazie alla riduzione delle limitazioni contro la pandemia da covid-19 che hanno colpito in modo disproporzionato la libertà di riunione e di movimento».
È curioso notare che il paese che ha visto migliorare maggiormente il suo punteggio (sei punti) è la Colombia, che è passata quindi da "paese parzialmente libero" a "paese libero" e questo grazie allo svolgimento di elezioni libere, trasparenti e competitive.
Di contro, il Paese che nel 2022 ha indossato la maglia nera in termini di garanzie democratiche è il Burkina Faso, dove nell'arco di otto mesi sono stati fatti due colpi di Stato militari. L'ultimo orchestrato da Ibrahim Traorè ha visto la sospensione della Costituzione, la chiusura delle frontiere e disposizioni che limitano le azioni della società civile. Secondo il rapporto il Paese ha perso complessivamente 23 punti su una scala di 100, passando così da paese "parzialmente libero" a paese "non libero".
Tra i Paesi che hanno visto diminuire il loro punteggio, oltre al Burkina Faso figurano: Ucraina, Tunisia, Guinea, Nicaragua, El Salvador, Ungheria, Mali e Russia.
Tra coloro che hanno migliorato il punteggio, oltre alla Colombia, figurano: Slovenia, Kosovo, Kenya, Zambia, Filippine, Malaysia e Lesotho.
Il quadro complessivo della situazione nel mondo è raffigurato dal planisfero, nel quale i paesi "liberi" sono colorati in verde, quelli "parzialmente liberi" in giallo e quelli "non liberi" in violetto.
Pur se complessivamente migliorato, è un quadro tristemente simile a quello del 2010 (vedere Excalibur 58 del febbraio 2010). Planisfero nel quale i continenti hanno un quasi unico uniforme colore: Europa, Americhe e continente australiano colorate quasi esclusivamente di verde e sprazzi di giallo, con analoghe macchie di giallo in Africa ed Asia, cha hanno anche qualche macchia verde. Tutto il resto del mondo in maniera desolante ed uniforme di colore viola, il colore dell'assenza di libertà.
All'epoca del primo rapporto, che analizzava 148 Paesi, solo 44 di essi erano classificati come "liberi", cioè circa il 30%: oggi sono classificati "liberi" 85 Paesi su 195, cioè circa il 43%, e questo è un significativo passo in avanti, anche se pensare che meno della metà del mondo non è libero riempie il cuore di tristezza.
Se poi ragioniamo in termini di popolazione rileviamo che su 7,897 miliardi di persone, di esse 1,58 miliardi vivono in Paesi "liberi" (cioè il 20%), 3,24 miliardi in Paesi "parzialmente liberi" (il 41%) e 3,08 miliardi in Paesi "non liberi" (il 39%).
Insieme a quello di Freedom House viene redatto anche un altro rapporto, "People power under attack" elaborato dalla piattaforma di ricerca "Civicus Monitor", che dal 2017 analizza lo stato delle libertà civili a livello globale.
È un documento meno ottimista di quello di Freedom House, poiché evidenzia che in un numero di paesi sempre maggiore le libertà civili (manifestazione del dissenso, libertà di espressione e di stampa, tutela delle donne, protezione delle minoranze, tutela dei bambini, ecc.) vengono limitate: questo avviene in 117 dei 198 Paesi monitorati, un dato in aumento rispetto al 2018, quando i Paesi in questione erano 111.
E allora, come sta la democrazia?
Negli ultimi 50 anni Freedom House ha riscontrato un generale miglioramento nel tempo per quanto riguarda l'accesso alle libertà democratiche, con l'emersione di regimi democratici consolidati nati da contesti profondamente repressivi, alcuni dei quali hanno mostrato una notevole resistenza di fronte alle nuove sfide.
Nonostante alcune battute d'arresto, la gente comune continua a difendere i propri diritti contro l'autoritarismo.
Quindi la democrazia è in declino, sì o no?
È ancora attuale la risposta di Norberto Bobbio, che affermò che l'idea della "fine della democrazia" rientra nello stesso atteggiamento decadentistico che si è sviluppato nel corso del tempo: dalla "fine della rivoluzione" (Fritz Sternberg, economista e sociologo marxista) alla "fine della storia" (Francis Fukuyama, politologo).
Ciò che dobbiamo desiderare è il "futuro della democrazia" e bisogna mantenere accesa questa speranza.
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